Giacomo Stucchi - Senatore Lega Nord Padania -

PENSIERI E IMMAGINI: vi presento il mio blog. Un modo per tenermi in contatto con gli elettori, con gli amici e con tutti coloro che, anche con opinioni diverse dalle mie, desiderano lasciare un loro commento. Grazie.

giovedì, ottobre 27, 2016

PUR DI FAR VINCERE IL SI' CI INGUAIANO PER I PROSSIMI ANNI

di Giacomo Stucchi
In questo momento il nostro pensiero va alle persone che si trovano a patire le conseguenze delle nuove scosse di terremoto. A loro va la nostra solidarietà e vicinanza. Anche per venire incontro alle esigenze di queste comunità, l'esecutivo farebbe bene, però, oltre a stanziare soldi per l’emergenza, a cambiare registro su molti fronti dell'azione di governo. A cominciare da quello della legge di bilancio che, nonostante sia stata approvata in Consiglio dei ministri due settimane fa, rimane ancora un oggetto misterioso per il Parlamento. In mancanza di un testo ufficiale presentato alle Camere gli annunci del premier non fanno altro che aumentare la confusione, oltre che le indiscrezioni sui media sulla base delle bozze circolanti. L’impressione è che il governo si trovi tra l’incudine e il martello: da un lato deve trovare i soldi per mantenere tutte le promesse fatte ad arte dal premier per convincere gli elettori a votare Sì al referendum, dall’altro lato deve far quadrare i conti di un bilancio dello Stato che fa acqua da tutte le parti. Con un simile modo di agire non c’è da stupirsi che l’Ue abbia mandato una lettera per avere chiarimenti sui nostri conti pubblici. Anche dalle parti di Bruxelles devono aver capito quello che a noi è chiaro da tempo; e cioè che Renzi non ne vuol sapere di rinunciare a una manovra elettorale, perché dall’esito della consultazione referendaria dipende il suo destino politico e quello del governo. Così, anziché indicare delle soluzioni alternative alle clausole di salvaguardia previste per i prossimi anni, si limita a trovare coperture finanziare solo per il 2017 e a spostare nel tempo la soluzione al problema che, però, si riproporrà anche nel 2018 e nel 2019. Facile intuire come quest’atteggiamento abbia già fatto scattare l’allarme rosso tra i commercianti, i consumatori e le associazioni di categoria. Senza delle soluzioni concrete, infatti, gli aumenti dell’Iva non sarebbero evitabili e questo non farebbe altro che dare il colpo di grazia a un’economia che non si è mai ripresa. E’ ovvio che nessuno si augura una simile circostanza, ma essere consapevoli di cosa può comportare avere ancora Renzi a Palazzo Chigi per il prossimo futuro può aiutare nell’immediato a prendere delle sagge decisioni.

martedì, ottobre 25, 2016

PER RENZI LA MANOVRA E IL REFERENDUM SONO DUE FACCE DELLA STESSA MEDAGLIA

di Giacomo Stucchi
Il governo Renzi si è fatto promotore di una riforma costituzionale che ridimensiona il Senato, ma in realtà già oggi è tutto il Parlamento ad essere messo in secondo piano da Palazzo Chigi. La legge di Bilancio sulla quale il premier sta impostando la sua campagna elettorale referendaria, con promesse a mezzo stampa di elargizioni a questa o quell'altra categoria sociale, non è ancora stata presentata al Parlamento. Si tratta di un atteggiamento che dimostra un totale disprezzo delle regole democratiche e delle istituzioni, che non vengono messe nelle condizioni di fare il proprio lavoro. Per giustificare tale inammissibile comportamento il governo si trincera dietro la necessità di un maggiore approfondimento tecnico delle misure da varare, ma la verità è che per Renzi la legge di Bilancio e la consultazione sul referendum costituzionale sono due facce della stessa medaglia: da un lato le promesse elettorali ai cittadini per ottenere il loro voto, dall'altro una riforma costituzionale che abbinata alla legge elettorale farà scempio delle istituzioni democratiche. La calendarizzazione dei lavori parlamentari della sessione di Bilancio, e del voto referendario, non è del resto casuale. Sovrapporre i due passaggi consente a Renzi di andare in giro a fare campagna elettorale per il Sì, promettendo questo e quell’altro e trasformando la legge di Bilancio in un "do ut des". La stessa disputa con Bruxelles sulle politiche di rigore, imposte dal Trattato di Maastrich, appare sospetta. L’impressione è che questa volta, a differenza del 2011, quando non si aspettò nemmeno un istante per mettere alle corde il governo Berlusconi, i burocrati dell'Ue non abbiano nessun interesse a mettere subito in mora il governo Renzi. Non si tratta, però, né di una concessione né di un regalo. Il giudizio sulla manovra presentata dal governo Renzi, priva di concrete coperture e con misure non strutturali ma solo elettorali, ancorché rinviato al 5 dicembre, ovvero dopo la consultazione referendaria, verrà e non sarà certo una buona notizia.

giovedì, ottobre 20, 2016

RENZI HA GIA' FALLITO

di Giacomo Stucchi
Le parole del presidente Usa a favore del Sì referendario possono, forse, influenzare l’elettore più distratto, ma non potranno mai dare al governo Renzi la credibilità che non ha. L’impressione però è che l’inquilino della Casa Bianca, con il suo endorsement, abbia più guardato agli interessi della sua Amministrazione che non pensato all’effetto delle sue parole sul referendum. Obama è alla fine del suo mandato ma se alle elezioni presidenziali di novembre dovesse vincere la candidata democratica c’è da scommettere che Hillary Clinton non tarderà a chiedere il conto a Renzi. Tornando, però, ai fatti di casa nostra c’è da sottolineare ancora una volta come il governo in carica non abbia proprio le credenziali per indicare ai cittadini quale sia la strada migliore per riformare la nostra Costituzione; né i suoi alleati, per quanto prestigiosi, potranno mai sopperire a tale mancanza. Anche sul Jobs Act, infatti, l’ex sindaco di Firenze aveva detto che sarebbe stato risolutivo sul fronte della disoccupazione; e invece i risultati negativi sono sotto gli occhi di tutti. I dati sull’occupazione sono molto modesti, nonostante i molti miliardi di soldi pubblici investiti per incentivare le imprese ad assumere, e sembra acclarata la tendenza da parte di molte aziende a licenziare una volta venuto meno l'incentivo statale. Siamo certi che il premier continuerà a giocare coi numeri sugli effetti del Jobs Act, ma resta il fatto che una politica economica che ha caratterizzato fortemente l’azione dell’esecutivo si è di certo rivelata un vero e proprio fallimento. Anche la manovra presentata qualche giorno fa, del resto, rimane avvolta nel mistero; e non si capisce bene se il governo la stia riscrivendo o abbia fatto marcia indietro su molti annunci. Se questa è l'esperienza del governo Renzi, si può dare credito a chi dice che con il Sì avremo un sistema parlamentare migliore e più efficiente? Certo che no; e basterebbero i disastri in politica economica a giustificare le dimissioni del premier e del suo governo, senza bisogno di aspettare il risultato del referendum.

martedì, ottobre 18, 2016

UNA MANOVRA DA MAGO SILVAN

di Giacomo Stucchi
Con la manovra economica appena presentata Renzi non si preoccupa di portare fuori dalla crisi economica il Paese, ma soltanto di adottare quelle misure che possono far vincere il Sì al referendum sulle riforme. Non c’è alcun dubbio, infatti, che i provvedimenti annunciati nella legge di bilancio siano una vera e propria mancia elettorale in vista della consultazione referendaria; e poco importa se nel frattempo la situazione economica e le prospettive di crescita, soprattutto per i più giovani, rimangono drammaticamente al palo. Basti pensare all’aumento della povertà assoluta che, secondo gli ultimi dati, risulta in crescita proprio nella popolazione tra i 18 e i 34 anni di età. Appare evidente, quindi, come la persistente crisi del lavoro stia penalizzando soprattutto giovani e giovanissimi, in cerca di una prima o nuova occupazione, e gli adulti rimasti senza un impiego. Come se non bastassero questi dati negativi c’è poi il crollo delle assunzioni a tempo indeterminato e la crescita dei licenziamenti (+31%) segnalato dall’Inps. Con il taglio della decontribuzione, si conferma quindi il fallimento del Jobs Act, in nome del quale Renzi ha cancellato l'articolo 18 allargando le possibilità per le aziende di licenziare. Ciò nonostante il premier continua nella sua politica degli annunci, unico “supporto” a una manovra economica che manca ancora di tabelle e numeri certi; ad eccezione dei molti miliardi di deficit in più che di sicuro serviranno per finanziare le promesse elettorali. Una farsa contabile alla quale l'Unione europea sembrerebbe non volersi prestare, tanto da segnalare già l’inesistenza delle coperture e le entrate una tantum, per di più derivanti da condoni e quindi aleatorie. Cominciamo dalla Sanità. Qui il premier supera se stesso, perché i “due miliardi di euro in più” annunciati, altro non sono che lo stanziamento già concordato con le Regioni, poi tagliato dal governo e adesso “magicamente” reintrodotto. Poi c’è il capitolo pensioni. Qui la questione è più complessa, ma ancora una volta Renzi gioca coi numeri. I sette miliardi in tre anni per l’anticipo pensionistico coprono, infatti, molti meno lavoratori a fine carriera di quanto gli stessi sindacati avessero sperato nella trattativa con il governo; nessuno sa quindi cosa succederà se le coperture indicate non dovessero essere sufficienti (cosa che, stando alle prime proiezioni, potrebbe essere molto probabile). Ci sono poi i soldi per il rinnovo dei contratti degli statali, che però potrebbero essere ben pochi se si considera che gli stipendi sono bloccati da sette anni, lo sconticino di dieci euro sul canone Rai, l’abolizione dell’Irpef agricola, qualche spicciolo per la famiglia e le scuole paritarie. Insomma, un pò di soldi per quante più categorie sociali possibili, al solo scopo di portarle dalla parte del Sì, e i soliti giochetti di prestigi da Mago Silvan. Ma il numero più fantasmagorico, quello del coniglio che esce dal cappello, è la soppressione di Equitalia e la rottamazione delle cartelle esattoriali. Non ci sarà più nessuno a riscuoterle? Certo che no, saranno altri a farlo, ma l’importante è che i cittadini credano che la Bastiglia sia stata presa. Nel frattempo, però, si amplia la platea per la voluntary disclosure, che verrebbe allargata anche al denaro contante detenuto in Italia. Una vera e propria beffa per chi le tasse le ha sempre pagate.

domenica, ottobre 16, 2016

Congresso provinciale Lega Nord Bergamo





venerdì, ottobre 14, 2016

14/11/16 - CALVENZANO - Incontro pubblico Lega Nord



giovedì, ottobre 13, 2016

NO ALLA RIFORMA E AL GOVERNO RENZI

di Giacomo Stucchi
Con il voto referendario del 4 dicembre, oltre a bocciare una riforma della Costituzione scritta coi piedi e pericolosa per la democrazia (in virtù del combinato disposto con l’Italicum), è verosimile mandare a casa un governo che da più di due anni prende in giro i cittadini? Si, lo è certamente. La riforma Boschi-Renzi non è il frutto di una lavoro condiviso in Parlamento ma il risultato di uno scontro tra la maggioranza, che ha sempre fatto valere la forza dei numeri, e la minoranza, le cui istanze non sono mai state prese in considerazione. Ecco perché gli appelli degli esponenti di governo a una valutazione del merito fanno davvero sorridere. I contenuti della “schiforma” li conosciamo bene e sappiamo che disastri porterebbero nel nostro sistema legislativo qualora venissero approvati. Siamo certi, però, che questo non accadrà. Nonostante il premier stia facendo di tutto per far vincere il Sì, è la mancanza di credibilità a costituire la sua principale zavorra. “Stai sereno Enrico” è una frase che non si dimentica soprattutto nel suo stesso partito, il Pd, dove gli oppositori di Renzi non si fidano delle aperture verbali sulle modifiche alla nuova legge elettorale. Ma il presidente del Consiglio non è neppure credibile su molte altre questioni. Per esempio, quando con l’Ue rivendica una maggiore flessibilità nei conti pubblici. Una politica, quella della maggiore flessibilità, che serve solo apparentemente perché porta a un maggiore indebitamento per il nostro Paese. Vogliamo forse lasciare a chi verrà dopo di noi un’economia ancora più indebitata di quanto già non lo sia? La novità, della quale avremmo preso atto con piacere, sarebbe stata quella di dire all'Europa che una parte dei soldi che l'Italia versa all’Ue come Stato membro sarebbe stata trattenuta per affrontare le nostre emergenze. Tenere in cassa una parte dei molti miliardi che ogni anno diamo a Bruxelles, per avere in cambio molto meno, anche in termini di politiche sull’immigrazione o sulla tutela dei nostri prodotti (come quelli agricoli), sarebbe stato un vero risultato. Creare nuovo deficit, invece, porterà solo nuovi problemi.

martedì, ottobre 11, 2016

QUANTO CI COSTERANNO LE RAGIONI DEL SI'

di Giacomo Stucchi
All'indomani della Direzione nazionale del Pd l'impressione è che le aperture di Renzi sull’Italicum arrivino fuori tempo massimo; e comunque si rinvia tutto a dopo il referendum, non si prendono impegni su niente, non si dice una parola sul merito. Insomma, troppo poco e troppo tardi. Il premier, quindi, non sembra aver convinto più di tanto Bersani e Speranza, che forse non sono più disposti a dare credito al segretario-presidente. I cittadini sono costretti così ad assistere al paradosso di un premier che, da un lato, cerca di portare dalla parte del Sì quanti più elettori possibili, ma dall’altro lato non riesce nemmeno a fare breccia in una parte del suo partito. Intanto prosegue la martellante propaganda sui media a favore del Sì. La tv pubblica, in particolare, è ormai totalmente schierata sul fonte del governo e consente al premier veri e propri monologhi in totale disprezzo di ogni forma di par condicio. Dagli spot pubblicitari agli interventi del presidente del Consiglio, che ha ormai smesso i panni di capo del governo per indossare quelli di imbonitore televisivo a tempo pieno, non passa più una sola ora del giorno e della sera senza che gli ignari telespettatori siano costretti a sorbirsi le ragioni del Sì; da parte di un servizio pubblico a pagamento il cui canone , grazie a Renzi, hanno peraltro pagato nella bolletta per la luce. Tra una balla e l’altra, circa i “meravigliosi” cambiamenti che la nuova Costituzione porterà al Paese, anche la manovra economica del governo viene utilizzata per far propaganda; ma le regalie elettorali, pensate dal premier per cercare di far vincere il Sì referendario, alla fine non lasceranno soddisfatta davvero nessuna categoria sociale. Inoltre, con l’aria che tira dalla parte del Pd, bisognerà poi vedere quanti estimatori troverà in Parlamento questa manovra. Dalle pensioni, con tutte le incognite che ancora gravano tanto sulla platea dei beneficiari dell'Ape quanto sull’aumento e sull’estensione della 14esima per le pensioni minime, alle imprese, con l'introduzione della nuova Iri, allo sblocco del contratto degli statali, le risorse messe a disposizione sono infatti irrisorie e per giunta tutte in deficit. L’impressione è che, alla fine, più che una reale ripresa economica avremo solo intere categorie sociali insoddisfatte e nuovi debiti da onorare.

lunedì, ottobre 10, 2016

08/10/16 - ASCOLI PICENO - INCONTRO PUBBLICO "NO AL REFERENZIUM"


sabato, ottobre 08, 2016

08/10/16 - PORTO SAN GIORGIO - Sen Giacomo Stucchi e la Lega Nord solidarietà ai lavoratori del Verde Mare



08/10/16 - ASCOLI PICENO - INCONTRO PUBBLICO LEGA NORD


08/10/16 - PORTO SAN GIORGIO - GAZEBO LEGA NORD MARCHE



giovedì, ottobre 06, 2016

PADOVA - 06/10/16 - CONVEGNO SULLA TERAPIA DEL DOLORE AL MUSEO DIOCESANO


CARA ITALIA, VUOI DIVENTARE LA REPUBBLICA DELLE BANANE?

di Giacomo Stucchi
Gli slogan a favore del Sì che campeggiano sui manifesti nelle strade delle nostre città fanno il paio con il quesito referendario sulla scheda elettorale. In entrambi i casi si stratta di pubblicità ingannevole basata su domande retoriche, alle quali nessuna persona di buon senso, a prescindere dalla sua preferenza politica, risponderebbe con un no; ma che c’entrano poco o nulla con le modifiche alla Costituzione introdotte dalla riforma Renzi-Boschi. La bugia, o se si preferisce la manipolazione della realtà, è l’ultima arma in mano al premier e al suo governo per cercare di convincere i cittadini a votare Sì. Sostenere, infatti, che la riforma costituzionale riduce il numero dei politici, fa risparmiare soldi pubblici, accorcia i tempi del procedimento legislativo e, più in generale, migliora l’efficienza del nostro sistema istituzionale, è come dire che l’Italia ha il debito pubblico più basso al mondo! In realtà il duo Renzi-Boschi propone un “senaticchio” dalle funzioni legislative confuse e pasticciate che continuerà ad avere più o meno gli stessi costi per il contribuente ma, ridotto nel numero dei suoi componenti, costituirà la foglia di fico che serve a Renzi per dimostrare all’opinione pubblica che la sua riforma farà risparmiare denaro pubblico. Circa i tempi del procedimento legislativo occorre poi spiegare che essi dipendono anche e soprattutto dalla volontà politica dei partiti di governo e del premier stesso; più che dai passaggi delle leggi da una Camera all’altra, che comunque non sono un inutile ping-pong ma una funzione democratica di controllo e verifica. Basti pensare del resto all’attuale situazione parlamentare. Il destino e i tempi di approvazione di molti provvedimenti, dalla riforma penale a quella del codice civile, dalle norme sul nuovo codice della strada alla regole per il cyberbullismo, non dipendono dal procedimento legislativo previsto nell’attuale Costituzione, ma dallo stallo creatosi in Parlamento a seguito della lunghissima campagna elettorale referendaria voluta dal premier; al solo scopo, peraltro, di risalire la china nei sondaggi che lo danno perdente. Nel frattempo, però, il prezzo che il Paese sta pagando per la scommessa del presidente del Consiglio è altissimo. Abbiamo, infatti, un capo del governo che anziché preoccuparsi di predisporre conti pubblici credibili e politiche economiche degne di questo nome, preferisce fare i giochetti coi numeri del bilancio dello Stato al solo scopo di poter ottenere maggiore flessibilità da Bruxelles ed impiegare soldi pubblici in mancette elettorali. Abbiamo un capo del governo che anziché preoccuparsi seriamente per le migliaia di persone che ogni giorno dal nord Africa continuano a sbarcare sul nostro territorio, se ne va in giro per il Paese a farsi dei selfie da postare sui social. Abbiamo un capo del governo che anziché pensare davvero ad avviare la ricostruzione delle zone del Centro Italia colpite dal terremoto dello scorso agosto, annuncia di avere i soldi per costruire un Ponte sullo Stretto di Messina che tutti sanno non si farà mai ma che gli serve per conquistare voti al sud. Abbiamo, infine, un capo del governo che prima fa approvare una nuova legge elettorale e poi si dichiara disponibile, ma solo a parole, per una sua modifica; e addossa al Parlamento la responsabilità di cambiarla. In realtà tutti hanno capito che le modifiche all’Italicum non dipendono né dal sistema né dal procedimento legislativo ma dai veti incrociati che esistono nel Pd e nella maggioranza; e che, sino a oggi, il premier non ha certo contribuito a superare. Per questo Renzi vuole la riforma costituzionale abbinata all’Italicum: una sola Camera che dà la fiducia al governo e costituita da parlamentari per lo più nominati, che mai e poi mai metterebbero a repentaglio il loro destino politico contraddicendo il segretario-premier. Insomma, ciò che il presidente del Consiglio desidera più di ogni altra cosa è essere l’uomo solo al comando alla guida del Paese. Ma tutto questo non migliorerebbe l’efficienza del nostro sistema istituzionale, mentre lo renderebbe di certo più simile a una Repubblica delle banane.

martedì, ottobre 04, 2016

DIETROFRONT SULL'ITALICUM E CONTI PUBBLICI SBALLATI

di Giacomo Stucchi
Se per settimane Renzi ha detto in tutte le occasioni possibili, ultima delle quali nel corso del dibattito televisivo con l’ex presidente della Consulta Gustavo Zagrebelsky, di essere disposto a modificare l’Italicum, guardandosi bene però dal muovere in tal senso passi concreti, adesso si è rimangiato tutto. Annunciando che “non ci sarà una proposta del Pd per cambiarlo” perchè “decide il Parlamento" il premier chiude la porta a chi nel suo partito, e non solo, pensa di “barattare” il Sì al referendum con una modifica della legge elettorale. A decidere in Parlamento, infatti, è il Pd e a dettare legge nel Pd è Renzi. Quindi il rischio che il partito vincente alle elezioni politiche possa poi fare, grazie al premio di maggioranza previsto nell’Italicum e al combinato disposto con la riforma costituzionale, il bello e il cattivo tempo sugli organi di garanzia del nostro sistema istituzionale, dal presidente della Repubblica alla Consulta, rimane più che fondato; e costituisce una ragione più che valida per portare dalla parte del No chi è ancora incerto su come votare al referendum sulle riforme. Il 4 dicembre, però, sarà anche l’occasione per dare il ben servito a un governo che continua a prendere in giro i cittadini, come appare evidente anche dalle autorevoli critiche al Def emerse già nelle prime audizioni iniziate davanti alle commissioni riunite di Bilancio di Camera e Senato. Il ministro dell’Economia Padoan ha risposto ai giudizi negativi di Bankitalia, Corte dei Conti e Ufficio Parlamentare di Bilancio, sostenendo che “la ripresa è più lenta di quanto desideriamo" e che “le previsioni sul Pil non sono una scommessa, ma il frutto della legge di Bilancio”. Ma le parole del vicedirettore generale di Bankitalia, Luigi Federico Signorini, che ha definito le previsioni di crescita del governo per il 2017 (che fissano un Pil programmatico al +1% nel 2017 contro un +0,6% di Pil tendenziale) "troppe ottimiste", e la bocciatura da parte dell’Ubp del quadro programmatico definito - per come si può configurare allo stato attuale, in attesa della Legge di Bilancio dei prossimi giorni - dalla Nota di aggiornamento del Def, non lasciano dubbi sull’incapacità del governo.