NO ALLA RIFORMA E AL GOVERNO RENZI
di Giacomo Stucchi
Con il voto referendario del 4 dicembre, oltre a bocciare una riforma della
Costituzione scritta coi piedi e pericolosa per la democrazia (in virtù del
combinato disposto con l’Italicum), è verosimile mandare a casa un governo che
da più di due anni prende in giro i cittadini? Si, lo è certamente. La riforma
Boschi-Renzi non è il frutto di una lavoro condiviso in Parlamento ma il
risultato di uno scontro tra la maggioranza, che ha sempre fatto valere la forza
dei numeri, e la minoranza, le cui istanze non sono mai state prese in
considerazione. Ecco perché gli appelli degli esponenti di governo a una
valutazione del merito fanno davvero sorridere. I contenuti della “schiforma” li
conosciamo bene e sappiamo che disastri porterebbero nel nostro sistema
legislativo qualora venissero approvati. Siamo certi, però, che questo non
accadrà. Nonostante il premier stia facendo di tutto per far vincere il Sì, è la
mancanza di credibilità a costituire la sua principale zavorra. “Stai sereno
Enrico” è una frase che non si dimentica soprattutto nel suo stesso partito, il
Pd, dove gli oppositori di Renzi non si fidano delle aperture verbali sulle
modifiche alla nuova legge elettorale. Ma il presidente del Consiglio non è
neppure credibile su molte altre questioni. Per esempio, quando con l’Ue
rivendica una maggiore flessibilità nei conti pubblici. Una politica, quella
della maggiore flessibilità, che serve solo apparentemente perché porta a un
maggiore indebitamento per il nostro Paese. Vogliamo forse lasciare a chi verrà
dopo di noi un’economia ancora più indebitata di quanto già non lo sia? La
novità, della quale avremmo preso atto con piacere, sarebbe stata quella di
dire all'Europa che una parte dei soldi che l'Italia versa all’Ue come Stato
membro sarebbe stata trattenuta per affrontare le nostre emergenze. Tenere in
cassa una parte dei molti miliardi che ogni anno diamo a Bruxelles, per avere in
cambio molto meno, anche in termini di politiche sull’immigrazione o sulla
tutela dei nostri prodotti (come quelli agricoli), sarebbe stato un vero
risultato. Creare nuovo deficit, invece, porterà solo nuovi problemi.
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