Giacomo Stucchi - Senatore Lega Nord Padania -

PENSIERI E IMMAGINI: vi presento il mio blog. Un modo per tenermi in contatto con gli elettori, con gli amici e con tutti coloro che, anche con opinioni diverse dalle mie, desiderano lasciare un loro commento. Grazie.

giovedì, luglio 27, 2006

IL MINISTRO BICEFALO

di Giacomo Stucchi

Fra tutte le assurdità che il governo Prodi ci sta regalando in questi primi mesi di legislatura, assolutamente da dimenticare sul piano dei risultati nell’azione di governo, una in particolare merita la medaglia d’oro: il comportamento bicefalo del ministro per le Infrastrutture Antonio Di Pietro, che di giorno siede a fianco del presidente del Consiglio, sia in Parlamento sia a Palazzo Chigi, e di sera manifesta in piazza praticamente contro se stesso. Può darsi che si tratti di sdoppiamento della personalità, oppure di una totale immedesimazione nell’agone politico da parte di uomo che ha sempre detto di esserne avulso, e che invece adesso si trova talmente coinvolto da vivere contemporaneamente il ruolo di componente dell’esecutivo e di oppositore dello stesso, sta di fatto che l’ex magistrato non finisce mai di stupire. Però un merito, seppur piccolo perchè condito da una abbondante dose di opportunismo politico, ci sentiamo di riconoscere al ministro Di Pietro, ed è quello di avere suscitato l’attenzione critica dei mass-media, compresi quelli tradizionalmente vicini al premier in carica, sullo scandaloso provvedimento di indulto. Maledetta Italia: se non fosse per la schizofrenia politica di un ministro, probabilmente in pochi, tranne gli addetti ai lavori o i diretti interessati, avrebbero fatto caso al fatto che alla vigilia delle vacanze estive Camera e Senato, con la maggioranza dei due terzi prevista dalla Costituzione, stanno approvando un provvedimento di clemenza che potrebbe fare uscire di galera indiscriminatamente assassini, corrotti e ladri di polli. “Un gesto di umanità”, come è stato definito da ampi settori della maggioranza, sul qual hanno trovato un accordo l’Unione ma anche Forza Italia e Udc. La Lega non può che essere contro. Perché? Ma perché da sempre siamo schierati coi cittadini onesti, che lavorano, che affrontano ogni giorno le difficoltà della vita senza sconti da parte di nessuno. Fra loro ci sono anche delle vittime di reati quali omicidio, stupro, rapine a mano armata, spaccio di droga, sfruttamento della prostituzione e per loro cosa fa questo governo? Fa uscire di galera delinquenti di ogni risma; triplica il numero dei permessi di soggiorno a stranieri che vivono nel nostro Paese in clandestinità e in totale disprezzo della legge, solo perché un giorno l’Unione spera di carpirne il voto nel segreto dell’urna; fa fuori i vertici della Guardia di Finanza di Milano che hanno osato ficcare il naso negli affari loschi del mondo delle cooperative rosse. Per tutto questo Prodi non dovrebbe avere nemmeno la faccia di girare per strada e invece non solo non se ne cura ma quasi si compiace dei vergognosi provvedimenti del suo governo. Ma al di là del fatto di rimettere in libertà criminali, che faticosamente le forze dell’ordine hanno catturato e assicurato alla giustizia, ciò che più allarma dal punto di vista politico e la corresponsabilità dei partiti della Cdl adducendo scusanti di tipo “umanitario”. Tanto umanitario che nemmeno il cattolico ministro della Giustizia Clemente Mastella ha avuto la sensibilità politica di venire in aula ad ascoltare il dibattito. Che non è stato di lana caprina, dal momento che è emerso ancora una volta la totale latitanza di questo governo nell’indicare il proprio programma in materia di giustizia. Che senso ha avuto infatti approvare un provvedimento di clemenza, con la scusa tra l’altro di svuotare le carceri sovraffollate, senza dire poi cosa fare in materia di edilizia carceraria, riforme dei codici, organizzazione della Magistratura? Noi crediamo nessuno. Ed è per questo che nelle ultime ore cresce la preoccupazione del Carroccio per l’ormai manifesta volontà di Prodi e compagni di voler restare al potere approvando provvedimenti contro il nord e contro i reali bisogni della gente.

mercoledì, luglio 26, 2006

LA COALIZIONE È IN DISACCORDO SU TUTTO - Palazzo Chigi è un ginepraio Prodi ormai tira a campare

di Giacomo Stucchi

Indulto, manovra finanziaria, rifinanziamento delle missioni all'estero: tanto basta a rendere evidente la grave responsabilità che Romano Prodi e i suoi alleati si sono assunti. Mettendo su una coalizione in disaccordo su tutto e, dopo l'esito del voto dello scorso aprile, spacciando per autosufficienza parlamentare un esigua maggioranza che come tutti sanno esiste solo grazie alla costante e inusuale presenza dei senatori a vita a Palazzo Madama, in aula e in commissione.Prodi e compagni stanno rapidamente portando il Paese nel caos più totale. Tanto che lo stesso presidente della Repubblica Giorgio Napolitano non ha potuto fare a meno di rimarcare come sarebbe stato più opportuno che al momento della loro costituzione si fosse pensato a delle coalizioni politiche più omogenee e capaci di portare avanti un programma di governo condiviso.Ma tant'è, ormai la frittata è fatta e adesso non resta che aspettare gli eventi per capire su cosa ma anche quando il governo del Professore sarà costretto ad alzare bandiera bianca. E già, perché al di là dei buoni propositi o delle battute del Professore sul fatto che l'incertezza renda "sexy" questo esecutivo, credo che in questo momento ai cittadini, per quanto riguarda la politica, tutto passi per la testa fuorché scene da "9 settimane e mezzo".Dopo le minacce di crisi della sinistra radicale sul voto delle missioni all'estero e quelle del ministro Di Pietro sul provvedimento di indulto, se sarà superato il girone dantesco di questi giorni di lavori parlamentari (durante i quali lo strumento della fiducia da eccezionale è diventato prassi costante) è possibile che alla fine Prodi resti ancora a Palazzo Chigi giusto il tempo delle ferie di agosto.Salvo eventi eccezionali è infatti difficile immaginare che il trappolone dei suoi alleati riottosi scatti già in questi giorni, più facile invece prevedere una resa dei conti autunnale allorché bisognerà in qualche modo sciogliere tutti i nodi che sono già venuti al pettine: dalle controverse liberalizzazioni messe in cantiere dal ministro per lo Sviluppo economico Bersani alle misure da lacrime, sudore e sangue annunciate dal suo collega al Tesoro Padoa-Schioppa, fervente sostenitore dei vincoli capestro imposti ai singoli Stati dall'Unione europea. A mitigare un bilancio di questi primi mesi di governo così disastroso non serve peraltro l'iniziativa diplomatica che il governo ha assunto per porre un freno alla guerra in Medio Oriente tra Israele e Libano.Un governo è forte in politica estera, e può quindi assumere iniziative altrettanto forti e importanti, solo quando è credibile e coeso in politica interna; quando ha una maggioranza consistente che lo sostiene e lo aiuta ad assumersi responsabilità di peso. Come è avvenuto nei cinque anni di governo Berlusconi, quando l'Italia per la prima volta nella storia della Repubblica ha avuto il ruolo che gli spettava nella comunità internazionale e ha potuto intessere rapporti di proficua collaborazione coi suoi principali protagonisti.Oggi, è tutto diverso. Prodi si trova tra l'incudine della sinistra radicale, apertamente filo-araba, al punto da giustificare anche l'uso del terrorismo da parte degli estremisti, e il martello dei moderati che invece non mancano di manifestare la loro piena solidarietà al popolo israeliano. In una siffatta situazione quale autorevolezza può avere un presidente del Consiglio che ambisce ad avere un ruolo di mediatore tra le parti belligeranti? A noi pare nessuna.Piuttosto la sensazione è che, dopo la distrazione offerta dei mondiali di calcio e quella delle vacanze che in molti si apprestano ad iniziare, Prodi continui a fare quel che gli riesce meglio: tirare a campare, rinviando la soluzione dei problemi per i quali in campagna elettorale aveva detto a tutti gli italiani di avere pronta la ricetta magica. E invece la realtà è che la sua presenza a Palazzo Chigi, oltre a dimostrare uno straordinario attaccamento al potere, si sta rivelando solo un presidio di inefficienza e di incapacità a governare.Purtroppo, si tratta di un film già visto. Ed è anche per questo motivo che forse la Casa delle Libertà dovrebbe avere le idee più chiare sulle iniziative da intraprendere. La Lega, dal canto suo, tiene ben ferma la barra del timone sulla rotta delle riforme e del cambiamento che dovranno necessariamente riprendere il cammino perché costituiscono, ora più che mai, l'unica strada possibile per uscire dall'attuale ginepraio.

da LA PADANIA [Data pubblicazione: 26/07/2006]

giovedì, luglio 13, 2006

GIA’ DELUSI DA PRODI

di Giacomo Stucchi

Il dibattito in Parlamento sulla fiducia posta dal governo al provvedimento
sul riordino delle attribuzioni della presidenza del Consiglio dei ministri, meglio conosciuto come spacchettamento dei ministeri, ha contribuito a mettere ulteriormente a nudo le contraddizioni della maggioranza di centrosinistra. L’Unione infatti a parole dice di agire nel bene e nell’interesse dei cittadini ma poi nei fatti è solo attenta a non scontentare la bramosia di potere delle sue componenti. La cui conseguenza, tra l’altro, è stata quella di subordinare la riorganizzazione dei Ministeri alle esigenze di spartizione delle poltrone tra i partiti della coalizione anziché ad un più efficace funzionamento della pubblica amministrazione. In altri termini, se ai partiti dell’Unione fosse stato veramente a cuore l’interesse dei cittadini, con il conseguimento di reali vantaggi per quest’ultimi, prima avrebbero seriamente riformati i gangli vitali dello Stato e soltanto dopo avrebbero pensato all’attribuzione delle deleghe a ministri, vice ministri e sottosegretari. E invece prima hanno conquistato il potere con una propaganda infarcita di menzogne e poi hanno fatto e detto di tutto per indurre il popolo a bocciare il referendum costituzionale. Alla fine la logica che sottintende al provvedimento in questione è quindi esclusivamente politica e ha poco o nulla a che vedere con la legittima facoltà che ogni governo ha di darsi la struttura che meglio crede allo scopo però di una più efficace azione dell’esecutivo. Quando si è costituito il governo, l’interesse primario di Prodi e compagni è stato infatti quello di garantire una poltrona a tutti ed ecco spiegato perché adesso il Parlamento ha dovuto esprimersi non su una riforma razionale della pubblica amministrazione, per la quale tanto la Lega quanto tutta la Cdl avrebbero certamente dato il loro fattivo contributo, ma sull’esigenza del Professore di dover moltiplicare “i pani e i pesci” per accontentare gli appetiti di tutti gli accoliti della sua variegata coalizione. Alla faccia del rigore e della morigeratezza tanto decanta in campagna elettorale. Ma c’è di più e riguarda il danno tecnico e amministrativo che i nuovi inquilini di Palazzo Chigi hanno già procurato, nonostante la loro ancor breve permanenza alla guida del Paese. In virtù del suddetto provvedimento sul riordino delle attribuzioni della Presidenza del Consiglio dei ministri e dei Ministeri, parte della pubblica amministrazione è rimasta ferma per due mesi non sapendo esattamente chi fa cosa. Per Prodi si tratta di un record di inefficienza governativa da primato mondiale, per rimanere ai paragoni calcistici; tanto di moda in questi giorni al punto che alcuni parlamentari della maggioranza, non sapendo più cosa inventarsi per giustificare l’approvazione dello scandaloso provvedimento, hanno addirittura paragonato Prodi e i suoi ministri al commissario tecnico della Nazionale Marcello Lippi. “Così come il ct azzurro – ha detto l’onorevole Gianclaudio Bressa durante il dibattito alla Camera – era stato tanto criticato alla vigilia dei mondiali di calcio per le sue scelte sulla formazione, risultate poi vincenti, allo stesso modo le critiche alla organizzazione della squadra di governo fatte da Prodi si riveleranno nel tempo infondate quando il presidente del Consiglio avrà successo nella sua azione di governo”. Ora, a parte questa mania di alcuni esponenti dell’esecutivo, nonché di parlamentari della maggioranza, di speculare sulla vittoria dei mondiali di calcio di Germania, manco se a tirare i rigori fossero stati Mussi e Rutelli, sarebbe quasi inutile sottolineare la banalità del paragone se non fosse che questo governo sta prendendo in giro il popolo senza che questo se ne renda conto. Ad oggi non c’è un provvedimento governativo che, una volta annunciato, non abbia poi suscitato problemi e polemiche per le categorie interessate. Dagli avvocati ai farmacisti, dai costruttori edili ai proprietari degli immobili, non c’è settore che non sia in subbuglio per effetto delle misure annunciate da Prodi o da qualcuno dei suoi ministri. Forse allora ha ragione Berlusconi quando dice che andando in giro sente dire dalla gente:”Rivogliamo il Berlusca”.

giovedì, luglio 06, 2006

LA MEMORIA CORTA DELLA SINISTRA

di Giacomo Stucchi

La solidarietà al ministro dell’Università e della Ricerca Fabio Mussi per i “brutti cinque minuti” passati l’altro giorno, a seguito di un tentativo di aggressione da parte di alcuni manifestanti, è scontata. Detto questo però il punto è un altro. Ai giornalisti infatti il ministro, oltre a raccontare la dinamica dello spiacevole episodio, ha anche dichiarato che “la destra ci ha messo il suo carico. Ho apprezzato – ha aggiunto l’esponente del governo - la solidarietà in aula, però non bisognerebbe mai soffiare sul fuoco”. Giusto, sottoscrivo. Ma il ministro Mussi ha fatto, anche per un attimo, mente locale agli ultimi cinque anni di governo Berlusconi e al ruolo della opposizione di sinistra? Io credo di no. Perché se lo avesse fatto si sarebbe ricordato delle innumerevoli occasioni nelle quali la sinistra ha fomentato, aizzato, direi quasi osannato al vilipendio la maggior parte delle volte, alla violenza in qualche caso, nei confronti del presidente del Consiglio e del governo della Cdl. Pur volendo tralasciare episodi estremi, quali “10-100-100 Nassiriya”, non si possono dimenticare le centinaia di scioperi, le migliaia di manifestazioni di piazza e, soprattutto in campagna elettorale, le sistematiche contestazioni al premier ad opera di gruppi di facinorosi, non so quanto autonomi rispetto a una certa parte politica. Ecco perché adesso è quanto meno fuori luogo accusare la destra di averci messo “il carico” con le sue dichiarazioni e di aver creato un clima da scontro sociale. Almeno per un paio di ragioni. In primo luogo, perché chi ha fatto eleggere in Parlamento contestatori di professione, con carichi penali sulle spalle, è il partito che ha poi espresso il presidente della Camera dei Deputati Fausto Bertinotti, e cioè Rifondazione Comunista; in secondo luogo, perché non occorre che la destra fomenti alcunché dal momento che l’Unione è in grado di farsi male da sola e, cosa assai più grave, di farlo al Paese. Per cinque anni infatti hanno rimproverato al centrodestra di non “concertare” le riforme né con la forze politiche di opposizione né con le controparti interessate; adesso che la sinistra è al governo, come niente fosse, con un semplice decreto Prodi e compagni rivoluzionano le regole per tassisti, farmacie, avvocati, notai. Che fine ha fatto la tanto decantata concertazione sociale, se la sono già dimenticata? E perché il ministro per lo Sviluppo economico, Pierluigi Bersani, che nei giorni scorsi aveva ripetuto più volte che "sulle regole non si può trattare", solo dopo le proteste dei tassisti ha proposto un tavolo di confronto? Stesso discorso vale anche per gli avvocati. Quando c’era Berlusconi a Palazzo Chigi, i magistrati hanno reso la vita difficile al governo sol perché un ministro, Roberto Castelli, ha “osato” cambiare alcune regole che riguardano una categoria che è stipendiata dallo Stato. Il governo quindi non solo è legittimato ma è quasi obbligato a cambiare se le cose non vanno per i cittadini. E che la giustizia non vada bene, credo nessuno ha l’ardire di contestarlo. Ebbene, nel caso degli avvocati il discorso è diverso. Si tratta di liberi professionisti che vivono del loro lavoro e non di stipendi statali. Non saprei dire se obbligarli a non riconoscersi una tariffa minima alle loro prestazioni alla fine costituisca un concreto vantaggio per i cittadini, so di certo però che è uno svantaggio per gli avvocati. Idem per i farmacisti. Può darsi sia anche giusto introdurre alcune novità nel settore, come la vendita dei medicinali che non richiedono prescrizione medica anche nei supermercati, ma perché decidere di farlo a tradimento degli interessati, senza neppure tentare una consultazione preventiva con la categoria. Il ministro Bersani, promotore di queste liberalizzazioni annunciate con squilli di tromba sui mass-media che fiancheggiano l’Unione, avrebbe fatto meglio a prendere un po’ più di tempo per consultare prima le categorie e solo dopo annunciare i cambiamenti. Ma la verità è che il governo Prodi non vuole, o probabilmente non ha, il tempo necessario ad avviare alcun tipo di concertazione seria perché il terreno sta sfuggendo sotto i piedi del premier. Se da un lato Prodi sa di non avere una solida e consistente maggioranza parlamentare ad aiutarlo, dall’altro lato la sinistra sa anche di non avere nessuna prova d’appello nel caso di un fallimento della sua esperienza di governo, una circostanza che i fatti stanno gia implacabilmente dimostrando.

Il Professore naviga a vista e si fa bello attaccando le categorie meno amate

Eccole lì, dopo le balle di primavera arrivano le trappole di inizio estate. Ma veramente qualcuno pensa che mettendo in croce tassisti, farmacisti, notai, avvocati in Italia decolla il liberalismo e i cittadini ne traggono un reale vantaggio? Ma per favore! Abbiamo rispetto per il ministro Pierluigi Bersani ma prenderci così per i fondelli non è neppure giusto.Immagino la riunione del Consiglio dei Ministri di venerdì scorso. «Caro Romano - avrà esordito il ministro Bersani all'indirizzo del Professore - o ci diamo una smossa oppure altro che panettone, tu non arrivi nemmeno a bere il vino novello». Certo che - avranno pensato a Palazzo Chigi - con l'accaparramento delle poltrone, gli "spacchettamenti" dei ministeri per far spazio a tutti i pretendenti, le tre settimane di lavoro per i parlamentari, lo scandalo dei senatori a vita precettati in aula, la bufala del disastro dei conti pubblici, abbiamo fatto un bel casino: di certo la nostra esperienza di governo non poteva cominciare in un modo peggiore e allora bisogna trovare qualcosa che dia la sensazione di una rivoluzione a vantaggio dei cittadini ma che non comprometta né gli interessi dei partiti della coalizione di centrosinistra né quelli dei loro elettori. E allora? «Allora ho un idea - avrà esclamato il neo ministro per le Attività Produttive - prendiamo tre o quattro categorie minoritarie da un punto di vista elettorale, anzi invise all'opinione pubblica perché guadagnano bene, e liberalizziamo le loro attività. Avremo così un duplice vantaggio: da un lato daremo al popolo l'impressione di voler cambiare le cose per il suo bene, dall'altro lato ammantiamo il governo di una parvenza riformatrice, che non guasta mai».Naturalmente l'operazione non potrebbe mai riuscire se i quotidiani fiancheggiatori del centrosinistra non facessero la loro parte. E così il Corsera, il giorno dopo il Cdm, titola in prima pagina: «Dai taxi ai farmaci, via alle liberalizzazioni», e tutti a commentare la grande svolta con editoriali e articoli infarciti di dati e numeri sui presunti vantaggi per le tasche dei cittadini. Addirittura qualche esponente della Cdl, come Andrea Ronchi di An e Marco Follini dell'Udc (forse peccando di ingenuità, o forse con spirito machiavellico) elogiano le misure economiche dell'esecutivo Prodi e si rammaricano per non averle adottate quando stavano a Palazzo Chigi. Dimenticando però che quando si stava al governo proprio l'Udc e An lo hanno inchiodato per mesi e mesi con sterili polemiche. Allora, non è che per caso queste strane lodi alle "grandi liberalizzazioni" sono un segnale ben preciso che va nella direzione di un appoggio a questo o quel provvedimento? Spero di sbagliarmi ma anche la posizione assunta dall'Udc, in merito alla prossima votazione in Parlamento sul finanziamento delle nostre missioni all'estero, puzza di bruciato. Tanto varrebbe allora dichiarare finita una fase politica e cominciarne una nuova.Per quanto ci riguarda, siamo pronti a giudicare il governo Prodi sulle cose che fa, senza preconcetti, ma non ci si può mettere i salami sugli occhi e fingere di non capire che queste "liberalizzazioni" sono solo un diversivo per far scrivere i giornali e che alla fine, come del resto sta già accadendo con gli scioperi dei tassisti, serviranno solo a creare ulteriore confusione (cosa peraltro nella quale sino ad oggi l'Unione è stata maestra). Non so inoltre se tale misure fossero comprese o meno nel famigerato programma elettore cui Romano Prodi ha sempre detto di volersi ispirare. A quanto mi risulta di taxi, farmacie, notai e avvocati, non si è mai discusso nei dibattiti elettorali, nei quali primeggiavano invece il presunto "disastro economico" lasciato dal centrodestra e la proposta di "riduzione del cuneo fiscale" come panacea per risolvere tutti i problemi del Paese. Tutte cose delle quali oggi francamente si sono perse le tracce. La nostra sensazione è che il centrosinistra, che ha vinto le elezioni anche grazie ad una falsa informazione e con argomentazioni del tutto propagandistiche, stia da un lato navigando a vista senza sapere esattamente dove andare a parare e dall'altro rimangiandosi alcune impegni presi in campagna elettorale. Come quello, per esempio, sulla "concertazione" che - è stato detto da Prodi e compagni - avrebbe sempre accompagnato tutte le riforme e che invece, già in questi primi provvedimenti, non c'è stata.

Giacomo Stucchi - da LA PADANIA [Data pubblicazione: 06/07/2006]