UNA MANOVRA DA MAGO SILVAN
di Giacomo Stucchi
Con la manovra economica appena presentata Renzi non si preoccupa di portare
fuori dalla crisi economica il Paese, ma soltanto di adottare quelle misure
che possono far vincere il Sì al referendum sulle riforme. Non c’è alcun dubbio,
infatti, che i provvedimenti annunciati nella legge di bilancio siano una vera e
propria mancia elettorale in vista della consultazione referendaria; e poco
importa se nel frattempo la situazione economica e le prospettive di crescita,
soprattutto per i più giovani, rimangono drammaticamente al palo. Basti pensare
all’aumento della povertà assoluta che, secondo gli ultimi dati, risulta in
crescita proprio nella popolazione tra i 18 e i 34 anni di età. Appare evidente,
quindi, come la persistente crisi del lavoro stia penalizzando soprattutto
giovani e giovanissimi, in cerca di una prima o nuova occupazione, e gli
adulti rimasti senza un impiego. Come se non bastassero questi dati negativi c’è
poi il crollo delle assunzioni a tempo indeterminato e la crescita dei
licenziamenti (+31%) segnalato dall’Inps. Con il taglio della decontribuzione,
si conferma quindi il fallimento del Jobs Act, in nome del quale Renzi ha
cancellato l'articolo 18 allargando le possibilità per le aziende di licenziare.
Ciò nonostante il premier continua nella sua politica degli annunci, unico
“supporto” a una manovra economica che manca ancora di tabelle e numeri certi;
ad eccezione dei molti miliardi di deficit in più che di sicuro serviranno per
finanziare le promesse elettorali. Una farsa contabile alla quale l'Unione
europea sembrerebbe non volersi prestare, tanto da segnalare già l’inesistenza
delle coperture e le entrate una tantum, per di più derivanti da condoni e
quindi aleatorie. Cominciamo dalla Sanità. Qui il premier supera se stesso,
perché i “due miliardi di euro in più” annunciati, altro non sono che lo
stanziamento già concordato con le Regioni, poi tagliato dal governo e adesso
“magicamente” reintrodotto. Poi c’è il capitolo pensioni. Qui la questione è più
complessa, ma ancora una volta Renzi gioca coi numeri. I sette miliardi in tre
anni per l’anticipo pensionistico coprono, infatti, molti meno lavoratori a fine
carriera di quanto gli stessi sindacati avessero sperato nella trattativa con il
governo; nessuno sa quindi cosa succederà se le coperture indicate non
dovessero essere sufficienti (cosa che, stando alle prime proiezioni, potrebbe
essere molto probabile). Ci sono poi i soldi per il rinnovo dei contratti
degli statali, che però potrebbero essere ben pochi se si considera che gli
stipendi sono bloccati da sette anni, lo sconticino di dieci euro sul canone
Rai, l’abolizione dell’Irpef agricola, qualche spicciolo per la famiglia e le
scuole paritarie. Insomma, un pò di soldi per quante più categorie sociali
possibili, al solo scopo di portarle dalla parte del Sì, e i soliti giochetti
di prestigi da Mago Silvan. Ma il numero più fantasmagorico, quello del coniglio
che esce dal cappello, è la soppressione di Equitalia e la rottamazione delle
cartelle esattoriali. Non ci sarà più nessuno a riscuoterle? Certo che no,
saranno altri a farlo, ma l’importante è che i cittadini credano che la
Bastiglia sia stata presa. Nel frattempo, però, si amplia la platea per la
voluntary disclosure, che verrebbe allargata anche al denaro contante detenuto
in Italia. Una vera e propria beffa per chi le tasse le ha sempre pagate.
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