Giacomo Stucchi - Senatore Lega Nord Padania -

PENSIERI E IMMAGINI: vi presento il mio blog. Un modo per tenermi in contatto con gli elettori, con gli amici e con tutti coloro che, anche con opinioni diverse dalle mie, desiderano lasciare un loro commento. Grazie.

mercoledì, gennaio 23, 2008

Basta con i giochi di prestigio

di Giacomo Stucchi

Per ironia della sorte alla Camera si sono festeggiati i 60 anni della Costituzione proprio quando le istituzioni repubblicane sono al minimo storico della loro credibilità. Forse la storia si riprende la sua rivincita. La carta costituzionale, che tutte le forze politiche riconoscono necessitare di una ristrutturazione profonda, è stata celebrata in un Parlamento che appena ventiquattrore prima aveva assistito alla farsa di un presidente del Consiglio, di fatto già dimissionato, ma nonostante questo ostinatamente deciso a rimanere al suo posto. Come se non bastasse, nell’attuale situazione, c’è un’ostinazione, nemmeno tanto velata, da parte del centrosinistra a non voler prendere atto che l’esperienza di Governo è finita e con essa, se una logica ancora esiste, anche la XV legislatura. Prodi, e i dirigenti dell’Unione, pur di non andare a votare, sarebbero disposti a scendere a patti col diavolo, trascinando tutti nel baratro. Ma il tempo dei giochi di prestigio, con i quali l’esecutivo ha preso in giro i cittadini per un anno e mezzo, è davvero finito. Il Professore ha enormi responsabilità, che spaziano dalla presunzione di aver voluto andare avanti senza avere i numeri al Senato all’aver fatto perdere un anno e mezzo di tempo in economia, nel sociale e anche sul fronte del processo riformatore, che la Cdl aveva già avviato nella scorsa legislatura. Tuttavia, queste gravi negligenze sono nulla rispetto a quelle che si commetterebbero se si dovesse impedire agli elettori di tornare alle urne. Non si tratta di una delle tante opzioni, come ancora si continua a pensare in alcuni palazzi romani, ma dell’unica strada da seguire. Ogni alternativa al voto sarebbe equiparabile ad un vero e proprio golpe. La scelta di portare la crisi in Parlamento, dopo che un partito della maggioranza si era defilato dal Governo e dalla coalizione, è stata l’ennesima (e speriamo l’ultima) forzatura del presidente del Consiglio. Senza l’apporto dell’Udeur, che ha consentito all’Unione di prendere il premio di maggioranza alla Camera, Prodi di fatto non avrebbe i numeri nemmeno nell’Assemblea di Montecitorio. Nei disperati appelli dei parlamentari dell’Unione, che nostro malgrado abbiamo dovuto ascoltare a Montecitorio, nel corso del dibattito sulla fiducia, si è fatto appello ad una presunta necessità che l’Italia debba essere governata ancora dal centrosinistra perché solo così si può realizzare la giustizia sociale. Ma la verità è un’altra e consiste nel fatto che ai cittadini sono bastati pochi mesi di Governo Prodi, per capire quanto poco stessero a cuore, alla pletora di ministri e di sottosegretari del centrosinistra, le sorti dei pensionati, dei lavoratori precari, delle famiglie e, cosa più grave di tutte, delle garanzie di libertà. Che Governo è quello che se ne infischia della volontà dei cittadini, che in tutte le occasioni di voto degli ultimi mesi ha sempre punito il centrosinistra, e quindi manifestato il desiderio di voler cambiare pagina, pur di garantire ai suoi ministri di restare incollati alle proprie poltrone istituzionali? Che credibilità può avere un presidente del Consiglio dal quale, per primi, hanno preso le distanze proprio i partiti che avrebbero dovuto sostenerlo? Il fatto è che il centrosinistra ha fallito ancora una volta, dimostrando all’opinione pubblica che non è, e mai lo sarà, nelle condizioni di governare. Basti pensare che l’alternativa a Prodi, alle prossime elezioni politiche, potrebbe essere quella del segretario del Partito Democratico Walter Veltroni. Al quale va riconosciuto il “merito” di aver disintegrato, in pochi mesi, prima un partito, poi una coalizione e, da ultimo, un Governo. Che Dio ce lo conservi per le prossime elezioni, e per quelle dei prossimi decenni, un avversario politico così. Ma adesso ciò che conta è dare al popolo la possibilità di tornare al voto, senza tentennamenti di sorta.

martedì, gennaio 22, 2008

COMUNICATO STAMPA

STUCCHI (LEGA NORD):”NON SI PERDA ALTRO TEMPO, AL VOTO SUBITO”

“Il discorso del presidente del Consiglio a Montecitorio tutto è tranne che un serio resoconto di quanto ha fatto questo Governo. Prodi ha fatto solo propaganda poiché è consapevole di essere arrivato al capolinea; probabilmente il Professore è già con la testa al voto e quindi tenta di rivendicare meriti che invece non ha”. Lo ha detto il parlamentare della Lega Nord e segretario dell’Ufficio di presidenza della Camera, onorevole Giacomo Stucchi. “La verità è che le sue dimissioni verrebbero salutate con gioia dalla stragrande maggioranza dei cittadini che non ne possono più di essere presi in giro. Al punto in cui siamo – continua il parlamentare del Carroccio – sarebbe meglio accelerare al massimo le procedure per lo scioglimento delle Camere e tornare al voto al più presto. Tentare altre strade, ovvero governi istituzionali, di salute pubblica, o con qualsiasi altro nome si voglia definirli, sarebbe solo un tirare a campare che né la nostra economia, né i cittadini si possono permettere. Meglio le urne – conclude Stucchi – alle quali la Casa delle Libertà deve presentarsi unita, anche senza UDC, per vincere le elezioni e riprendere l’azione di Governo là dove è stata interrotta nel 2006”.

mercoledì, gennaio 16, 2008

Ecco cosa succede quando si semina zizzania

di Giacomo Stucchi

L’aver chiuso le porte dell’Università La Sapienza di Roma a Papa Benedetto XVI, può essere considerato un episodio o è il frutto di un clima di intolleranza che sta prendendo piede e trae linfa vitale anche dall’attuale caos politico? Per essere più chiari, la questione è: il Governo in carica ha delle responsabilità, ancorché indirette, rispetto al fatto che un certo numero di docenti, con a seguito studenti perditempo, siano stati in grado di trasformare la laicità in intolleranza e di far fare allo Stato una figuraccia che rimarrà per sempre, come una macchia indelebile, nella storia dei rapporti con il Vaticano? Secondo me, ce l’ha e non è certo un caso che tutto questo sia accaduto con l’Unione al Governo. E’ innegabile, infatti, che quando i partiti dell’estrema sinistra, che si rifanno alla cultura comunista, e quindi ad una visione della società che si basa sullo scontro di classe, riescono ad occupare i principali ruoli istituzionali, tutto ciò si ripercuote nelle relazioni sociali. Per quanto mi riguarda, non è neppure la prima volta che sottolineo come l’azione del Governo Prodi stia avendo delle conseguenze negative, soprattutto sul piano sociale, che faremo fatica a sanare nel prossimo futuro. La scorsa estate, per esempio, scrivevo che "in un epoca già di per sé avara di valori ideali ai quali, soprattutto i più giovani, si possono ispirare, questo Governo (oltre a tutti i danni che sta provocando in economia, nel sociale, nella giustizia, nella sicurezza, nella politica estera) si è rivelato anche un pessimo esempio, come pochi altri nella storia repubblicana". Insomma, si dice che il pesce puzza dalla testa; mai, come nel caso in questione, il detto popolare è così calzante. Se un presidente del Consiglio, e i suoi ministri, se ne fregano della volontà della maggioranza dei cittadini, che vorrebbero un immediato passaggio delle consegne a Palazzo Chigi, e se le maggiori istituzioni dello Stato fanno finta di non vedere questo malessere e, anzi, cercano di stemperare la situazione (che invece, dall’immondizia della Campania all’inarrestabile corsa al rialzo dei beni di prima necessità, è drammatica), non ci si può aspettare poi un comportamento coerente e sensato da parte degli studenti. In altre parole, quello attuale è un Governo che, da quando si è insediato, non ha fatto altro che seminare zizzania nella società. Rifiutando l’offerta di collaborazione, fatta dal leader dell’opposizione Berlusconi, all’indomani della risicata e incerta vittoria del centrosinistra, Prodi ha inteso governare da subito facendo leva sulla contrapposizione politica e sullo scontro sociale. Persino le cosiddette liberalizzazioni, che avrebbero dovuto portare grandi vantaggi per i cittadini, hanno soltanto finito col mettere le categorie interessate le une contro le altre, e tutte contro i cittadini. La stessa permanenza del Professore al potere, del resto, è strettamente connessa al fatto che non si raggiunga nessun accordo sulle riforme tra maggioranza e opposizione. Tanto più si acuisce lo scontro, che Prodi non perde occasione per fomentare, tra le coalizioni, e all’interno di esse, quanto è più facile per il capo del Governo restare in sella. Con un siffatto esempio, non ci si può poi meravigliare se degli studenti, occupando il Senato accademico dell’università, abbiano manifestato la loro avversione per la massima autorità del Cattolicesimo. Ancora più grave è poi il fatto che gli stessi protagonisti dell’occupazione, abbiano scambiato la rinuncia del Papa ad andare nella sede universitaria, in una loro vittoria. La verità è che il loro comportamento, oltre ad aver calpestato gli stessi principi cardini che stanno alla base di una società, democratica, liberale e rispettosa di tutte le idee, ha reso povero e meschino tutto il mondo universitario. Che non può certo riconoscersi nell’intolleranza, e nell’ignoranza, dimostrata da taluni professori e studenti dell’università di Roma.

lunedì, gennaio 14, 2008

Stanno nell’Unione gli affossatori delle riforme

di Giacomo Stucchi

Il sospetto c’è già da tempo, ma oggi esiste una concreta possibilità che il referendum sulla legge elettorale si farà perché così va bene alle principali forze politiche. In questo gioco del cerino, nel quale perde chi, agli occhi dell’opinione pubblica, risulta l’affossatore del dialogo sulle riforme, ad essere in ballo non c’è solo la legge elettorale ma molto di più. Oggi l’affossatore di turno è Silvio Berlusconi. Nel centrosinistra tutti gli attribuiscono la colpa di aver fatto saltare, con le sue dichiarazioni sulla legge Gentiloni, il possibile accordo su una riforma condivisa da tutte le parti politiche. Ma, al contrario di ciò che si vuol far credere ai cittadini, e cioè che l’intesa era dietro l’angolo e che questa è saltata per colpa del capo dell’opposizione, la verità è che sulla bozza Bianco, ovvero la proposta attualmente in discussione in Parlamento, l’Unione non ha mai trovato un accordo. Di tutto questo è sempre stato consapevole il segretario del Partito Democratico Veltroni, che, conscio delle tante divisioni all’interno del suo stesso partito e nell’Unione, sulla legge elettorale e su molto altro ancora, ha utilizzato le “consultazioni” per far uscire dall’angolo il suo partito. La nascita del Pd era stata annunciata con strilli di tromba, nella speranza che questo nuovo progetto risollevasse le sorti del centrosinistra. Ma così non è stato. Il sindaco di Roma non ha incantato i cittadini e il suo “nuovo” partito non ha fatto breccia nell’opinione pubblica. In queste condizioni, considerato che non è possibile, almeno nell’immediato, buttare giù il presidente del Consiglio in carica, senza avere conseguenze disastrose sul futuro del centrosinistra, che cosa avrebbe dovuto fare nel frattempo il capo del maggior partito di maggioranza? Ecco, quindi, l’idea degli incontri bilaterali di Veltroni coi partiti della sua stessa maggioranza e con quelli dell’opposizione. Il segretario del Pd trova così, in qualche modo, una collocazione, una funzione da svolgere, nelle more che il quadro politico si chiarisca un po’. Questa pantomima delle consultazioni è andata avanti per parecchie settimane, durante le quali ognuno ha avanzato le proprie proposte, con il risultato di trasformare poco a poco il dialogo sulla nuova legge elettorale in una vera e propria torre di Babele. Tutto ciò è la diretta conseguenza del fatto che Veltroni non ha mai avuto in tasca una proposta condivisa dal tutto il centrosinistra e, quindi, la possibilità di chiudere un accordo senza che questo provocasse, per un motivo o per un altro, le isteriche reazioni dei suoi diffidenti alleati. In altre parole, anche sulla legge elettorale, l’Unione si è mossa allo stesso modo di come per diciotto mesi sta agendo a Palazzo Chigi, ovvero in ordine sparso. E allora, pensano dalle parti di Palazzo Chigi, meglio tergiversare, ammantare il Pd di una volontà riformatrice, che non ha, e nel frattempo prendere tempo prezioso per far sopravvivere un Governo che, invece, potrebbe soccombere da un momento all’altro.

sabato, gennaio 12, 2008

Governo e Pd, tra ambiguità e incapacità

di Giacomo Stucchi

Continuano le manovre dilazionatorie per far sopravvivere il Governo che ormai sembra esalare l’ultimo respiro in ogni istante ma poi, quasi per incanto, riesce miracolosamente a rimanere in vita. In realtà la durata dell’Esecutivo Prodi ha ben poco a che vedere coi miracoli e molto, invece, con l’umano opportunismo. Come quello dimostrato dall’ex premier Lamberto Dini, e dalla pattuglia di senatori a suo seguito, che, prima delle vacanze natalizie, per settimane hanno lasciato intendere di essere pronti a varcare il Rubicone, ovvero ad abbandonare il Professore al suo destino togliendogli la fiducia, e invece adesso si ricompattano come se nulla fosse. Il Senato, si sa, da sempre è il tallone d’Achille del presidente del Consiglio, ma tutte le volte che sembra essere giunto il momento della verità, succede poi sempre qualcosa che salva Palazzo Chigi. L’ultima dichiarazione del senatore Dini, ma non è detto che sia poi quella definitiva, è che aspetterà la trimestrale di cassa, prevista per il prossimo mese di aprile, per constatare di quante risorse disponga Prodi per onorare effettivamente gli impegni presi. Un ragionamento che puzza di bruciato lontano un miglio ma che, tuttavia, basta a tenere a galla il Governo e la sua disastrata maggioranza. Non riescono neppure a trovare l’accordo sulla legge elettorale all’interno della sua maggiore componente, il Partito Democratico, che, alla ripresa dell’attività politica, ha ricominciato a litigare a tutto spiano. Ad essere messa in discussione è stata soprattutto la gestione del neo partito da parte del segretario Walter Veltroni, al quale viene anche rimproverata una certa ambiguità nell’azione politica. Vecchie ruggini, mai superate, tra Veltroni e il ministro degli Esteri D’Alema, sono poi tornate prepotentemente alla ribalta, dimostrando come la nascita del Pd non ha cambiato il vecchio vezzo, prima comunista e poi diessino, di farsi le scarpe l’un l’altro. Il fatto è che, ma non lo scopriamo oggi, questo nuovo partito è un ibrido sospeso tra la necessità di appoggiare il Governo, per non smentire sé stesso, e l’indispensabile esigenza di prenderne al contempo le distanze, dal momento che nessuno nel Pd è disposto a scommettere un centesimo sulla capacità di Prodi di risalire la china nei sondaggi, che attualmente lo danno con un indice di gradimento popolare ben al di sotto della soglia di sopravvivenza politica. Sempre sulla legge elettorale, c’è poi un ulteriore controversia tra i “nanetti” dell’Unione e il Pd. Il timore dei partiti più piccoli del centrosinistra è che il sindaco di Roma si sia già accordato con il capo dell’opposizione, Silvio Berlusconi, e che i due abbiamo anche messo nel conto un possibile fallimento delle trattative e quindi, come ultima chance, la celebrazione del referendum. Una eventualità che, non ci stancheremo mai di sottolineare, non risolve né il problema della stabilità dei governi, né quello dell’efficienza dell’attività parlamentare e dell’azione dell’Esecutivo. Ecco perché un accordo sulla legge elettorale, così come su alcune indispensabili riforme istituzionali, andrebbe trovato. Ma il condizionale è d’obbligo. Perché questo centrosinistra, che un giorno dice di essere per il modello tedesco, mentre il giorno dopo scopre i vantaggi del presidenzialismo alla francese, non ispira nessuna fiducia né consente alcun dialogo. Anzi, comporta ancor più incertezza e instabilità di quanta non ce ne sia già nel quadro politico. A ciò si aggiunga l’incapacità del Governo a trovare una soluzione ai problemi all’ordine del giorno. Come nel caso dello scalo di Malpensa, per il quale Prodi e i suoi ministri danno già per scontato il declassamento. In pratica, secondo il ragionamento dei “cervelloni” della maggioranza, poiché lo scalo è mal collegato, anziché provvedere a fare le infrastrutture necessarie a renderlo più facile da raggiungere per gli utenti, vogliono abbandonarlo al suo destino. E dei miliardi spesi per costruirlo? Chissenefrega, tanto pagano i contribuenti.
Tratto da LA PADANIA del 12 gennaio 2008

giovedì, gennaio 10, 2008

Sale la protesta popolare ma Prodi pensa ai taxi

di Giacomo Stucchi

Nel primo comunicato del nuovo anno, pubblicato sul sito notizie@governo.it, tra le altre cose si cita un passaggio del "Rapporto sull'attuazione del programma di governo". Chiunque abbia un minimo di buon senso immaginerebbe di trovarvi misure e provvedimenti in grado di risolvere i problemi attualmente sul tappeto: dall’emergenza rifiuti in Campania al caro vita, dal problema della sicurezza nelle città all’indispensabile aumento delle pensioni minime. Ebbene, non c’è nulla di tutto questo. Ecco che allora tra i provvedimenti già operativi più importanti troviamo, per esempio, le norme relative ai rapporti con le banche, ai servizi di telefonia, alla pubblicità, alle polizze auto. “Sono state varate – continua il comunicato - misure che introducono nuovi diritti a favore delle persone malate e con disabilità. Le misure di maggior rilievo circa i rapporti con le banche, riguardano l'estinzione anticipata dei mutui, la cancellazione automatica dell'ipoteca, una maggiore trasparenza nelle offerte commerciali, e nessun costo di ricarica per i telefonini”. Si tratta di misure che potrebbero offrire alcuni vantaggi ai consumatori, ma nel medio e lungo periodo, non certo nell’immediato. Tuttavia, “la perla” di questi provvedimenti governativi è quella che introduce “l’obbligo di pubblicare i prezzi all'ingrosso dei prodotti agro-alimentari anche su internet con l'indicazione della data di scadenza e del termine minimo di conservazione che deve figurare in modo facilmente leggibile e indelebile”. Infine, altre misure governative di “portata storica”, sono “l’obbligo per il gestore della rete autostradale (e stradale di interesse nazionale) di informare tempestivamente gli automobilisti sulle condizioni del traffico presenti su quel tratto di rete”, nonché la facoltà riconosciuta ai Comuni di poter “bandire concorsi straordinari e rilasciare nuove licenze di taxi”. Insomma, dopo un anno e mezzo di governo dell’Unione, con una regione del Sud, che da lustri è amministrata da sindaci e governatori del centrosinistra, sommersa dai rifiuti e con il popolo in rivolta a fare le barricate per le strade; con un allarme sicurezza che ha gettato nell’angoscia centinaia di migliaia di cittadini che non riescono più a sentirsi padroni in casa loro, perché la politica di Prodi ha indiscriminatamente aperto le porte a tutti gli immigrati, compresi quelli che delinquono sapendo di poterlo continuare a fare perché tanto nessuno li punirà mai; con una pressione fiscale tra le più alte al mondo, che serve solo ad alimentare una spesa pubblica impazzita e non certo a mettere in ordine i conti; con una credibilità internazionale scesa ai minimi storici; ebbene, con tutti questi problemi da risolvere, cosa fa il Governo? Pensa ad aumentare le licenze dei taxi o ad informare gli automobilisti sulle condizioni del traffico. Cari lettori, siamo veramente alla frutta. Come più di un osservatore, non certo vicino al centrodestra, ha fatto notare, in questi primi giorni del nuovo anno tutti i nodi stanno venendo al pettine. Il fatto è che dal disastro di Napoli al caos di Roma, c’è un denominatore comune ed è quello dell’incapacità del centrosinistra a governare. Qualcuno ha detto che, dinanzi agli enormi problemi che abbiamo, la politica è inerme. Non sono d’accordo. Ad essere inerme non è la politica ma una parte di essa e, nella fattispecie, quella che governa. Il fatto è che taluni uomini, come Romano Prodi e Antonio Bassolino, anziché assumersi le proprie responsabilità, e lasciare quindi le loro poltrone istituzionali, hanno ancora l’ardire di andare in televisione a prendere per i fondelli i cittadini. Promettendo di fare in un giorno ciò che non stati in grado di realizzare in anni di potere, impiegati a fare tutto tranne che gli interessi del popolo. La verità è che ai cittadini di Napoli, di Caserta, o di qualsiasi altra parte, che sono scesi per le strade per protestare duramente contro un Governo incapace, presto se ne potrebbero aggiungere altre migliaia a Milano, Bergamo, Varese, Venezia. Perché il malcontento ha ormai superato il livello di guardia ma nessuno, tra le più alte cariche istituzionali, sembra volerne prendere atto.
Tratto da LA PADANIA del 10 gennaio 2008