Giacomo Stucchi - Senatore Lega Nord Padania -

PENSIERI E IMMAGINI: vi presento il mio blog. Un modo per tenermi in contatto con gli elettori, con gli amici e con tutti coloro che, anche con opinioni diverse dalle mie, desiderano lasciare un loro commento. Grazie.

giovedì, gennaio 28, 2016

QUANDO LA POLTRONA VIENE PRIMA DI TUTTO

di Giacomo Stucchi
Alla fine quelli che ci sono rimasti davvero male, dopo le votazioni al Senato sulle mozioni di sfiducia sul crac delle banche, sono stati i transfughi guidati da Verdini. Si sono accorti infatti che, sebbene per pochissimo, non sono stati determinanti come stampella del governo che, invece, ha avuto in soccorso nuove truppe a caccia di un posto al sole. Al di là delle vicenda sulle banche salvate dal governo, alla quale il premier nel suo intervento in aula non ha certo dato un contributo di verità, il dato politico che se ne trae è che il presidente del Consiglio è disposto a tutto pur di rimanere al suo posto. Incurante dei mal di pancia della minoranza dem, sempre più insofferente alle spregiudicatezze politiche e parlamentari del premier-segretario ma mai veramente decisa ad ingaggiare il duello finale, la realtà è che Renzi va avanti perché sa di poter contare su maggioranze variabili determinate da alcuni parlamentari il cui unico interesse è quello di non perdere la poltrona. Con queste “debolezze” il premier ha buon gioco nel rimanere al suo posto ma a farne le spese continua a essere il Paese, che delle manovre di Palazzo non sa che farsene e che si aspetta invece che i problemi vengano risolti. Sull’immigrazione, per esempio, il governo continua a giocare col fuoco. Mentre in tutta Europa gli Stati, anche con governi a guida socialista, adottano misure a difesa dei loro confini e della sicurezza dei cittadini, da noi si preferisce continuare a far entrare chiunque confidando nella buona sorte. Sulla questione è bene ribadire che nessuno nella Lega Nord ha mai detto di voler negare l’accoglienza ai veri profughi, ma nel Paese non può continuare ad entrare chiunque e rimanervi a nostre spese.

mercoledì, gennaio 27, 2016

IL GOVERNO SI APPOGGIA SU DRAGHI E SUI RISPARMI DEI CITTADINI PER NON AFFONDARE

di Giacomo Stucchi
Nei giorni scorsi avevamo manifestato le nostre preoccupazioni per l’incapacità del governo Renzi nell’affrontare le “tempeste finanziarie”; e i fatti ci hanno dato ragione. Se da una lato, infatti, è vero che i mercati finanziari si muovono autonomamente, dall’altro lato, è altrettanto vero che le misure economiche adottate da un governo possono incidere sulle decisioni che gli investitori prendono in Borsa. D'altra parte, se tutte le volte che cominciano le turbolenze sui mercati finanziari necessita una dichiarazione del presidente della Bce, Mario Draghi, per calmare le acque ed evitare spiacevolissime conseguenze di carattere economico e finanziario al nostro Paese, vuol dire che il governo Renzi e le sue politiche economiche hanno pochissima credibilità. Mercati o meno, però, qui bisogna prendere atto di un duplice fallimento: quello della politica economica dell’Unione europea, che con le sue rigide regole ha messo in difficoltà le economie degli Stati membri ed impedito la crescita, ma anche quello dei governi a guida Pd che negli ultimi quattro anni hanno messo il Paese in braghe di tela. Basti pensare al crollo della produzione industriale attraverso i governi Monti-Letta-Renzi e all’incapacità, soprattutto dell’attuale premier, di saper cogliere le opportunità offerte da condizioni internazionali al momento favorevoli, come quelle del basso prezzo del petrolio e dal Quantitative easing della Bce che tiene basso lo spread. Si è andato avanti, invece, con mancette elettorali che non hanno fatto ripartire realmente né i consumi né l’economia; ma anche con una spesa pubblica improduttiva fuori controllo e con un’eccessiva tassazione (che diminuisce da una parte, per esempio con il taglio della Tasi sulla prima casa, e aumenta dall’altra con le tasse sullo smaltimento dei rifiuti e sui servizi in generale degli enti locali).  Poi si spera che non vada in porto il progetto che Palazzo Chigi avrebbe di utilizzare la Cassa Depositi e Prestiti quale garanzia pubblica per la bad bank che dovrebbe comprare dalle banche i crediti deteriorati. Per i titolari di libretti e buoni fruttiferi postali, ovvero la gran parte dei risparmiatori del nostro Paese, sarebbe infatti un pessimo affare.

sabato, gennaio 23, 2016

23/01/16 - CASTIONE DELLA PRESOLANA - Slalom Padano Monte Pora



23/01/16 - BERGAMO - Manifestazione LegaNordPadania contro nuova mega ‪Moschea‬





giovedì, gennaio 21, 2016

NELLE RIFORME UNA FOGLIA DI FICO

di Giacomo Stucchi
Mentre i governi di mezzo pianeta sono giustamente preoccupati per il clima finanziario da “tempesta perfetta” Renzi definisce la crisi di queste ore una semplice “turbolenza” che addirittura potrebbe "costituire una grande opportunità per l'Italia”. Staremo a vedere. Al momento l’impressione è che il governo più che controllare la situazione sia semplicemente in balia degli eventi, atteso che non è stato in grado né di contenere per tempo le difficoltà del nostro sistema bancario né di far ripartire davvero l’economia. Ponendo in primo piano temi come quello delle adozioni gay, o delle misure come quelle annunciate contro i "furbetti del cartellino", che certo non sono prioritari rispetto alle esigenze del momento, l'impressione è che più che affrontare i problemi li si voglia scansare. Del resto anche l’opera di demolizione dell'assetto costituzionale risponderebbe a questo disegno. Che trasforma, peraltro, il bicameralismo perfetto in uno pasticciato. Si definiscono costituenti ma agiscono da prepotenti e in realtà la forza dei numeri, insieme a quello dell’attaccamento alle poltrone, è l’unico collante di una maggioranza parlamentare che al Senato ha potuto contare sul voto determinante di alcuni transfughi. Senza l’apporto di questi parlamentari Renzi non avrebbe potuto né governare né approvare la riforma costituzionale. Ma poco importa, perché al presidente del Consiglio la riforma serve e ancor di più gli serve la celebrazione del referendum, la foglia di fico alle inefficienze e incapacità del suo governo. Nel frattempo si millantano risultati che non esistono. Come quelli sul Jobs act che, nella maggioranza dei casi, più che agevolare la creazione di nuovi posti di lavoro ha favorito la trasformazione di quelli esistenti. La verità è che Palazzo Chigi negli ultimi venti mesi, vanificando gli effetti di una congiuntura economica favorevole, quale quella offerta dal combinato disposto di vari fattori (politica monetaria della Bce, crollo del prezzo del petrolio, euro debole), ha perso occasioni importanti per favorire una reale crescita economica del Paese. Perciò il premier, confidando nella giusta e legittima aspettativa che i cittadini hanno nel vedere riformate le istituzioni, spera di trasformare in un plebiscito sul suo governo il referendum confermativo. Ma perderà la scommessa perché la gente è stanca dei soliti giochetti di palazzo e non ha più né voglia né tempo di ascoltare alle chiacchiere renziane.

martedì, gennaio 19, 2016

CON RENZI A PALAZZO CHIGI PIU' DUBBI CHE CERTEZZE

di Giacomo Stucchi
 
"L'Italia è tornata", dice Renzi, ma la realtà è ben diversa. A Palazzo Chigi continuano a ripetere come un mantra di aver reso “credibile” il Paese e di aver messo al “centro dell’attenzione” dell’agenda europea alcune importanti questioni, come il tema del controllo dell’immigrazione e quella della flessibilità dei conti pubblici. Se da un lato è troppo facile osservare come siano i fatti a smentire queste affermazioni, dall’altro lato non può che crescere la preoccupazione per la politica dell’improvvisazione che continua a caratterizzare l’azione del governo Renzi. Appare evidente a tutti, infatti, come delle molte questioni sul tappeto, con l’Ue ma non solo, non una è stata risolta. E se oggi il premier si “concentra” su temi quali quelle delle adozioni gay o del licenziamento dei dipendenti fannulloni, annunciando peraltro l'adozione di misure che esistono già, è solo perché sino ad oggi non ne ha azzeccata una. Nessuno nega che, sia sugli scenari internazionali sia per quanto riguarda i problemi interni, i fronti siano tanti e alcuni anche molto complicati; ma, proprio per questo motivo, servirebbe un governo all’altezza della situazione. Ai proclami dell'esecutivo in carica, invece, non crede più nessuno. D’altra parte, che credibilità può avere un governo in difficoltà persino con il suo rappresentante in seno alla Commissione europea, l’ex ministro degli Esteri Federica Mogherini, che nel ruolo di Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza avrebbe dovuto quantomeno “tutelare” gli interessi del Paese e invece sembra fare solo quelli dell'Ue? E che credibilità può mai avere il governo in tema di politiche bancarie, materia peraltro piena di novità in quest’anno appena iniziato, quando un familiare di un ministro di primo piano è implicato in vicende che riguardano istituti bancari di casa nostra sulle quali ogni giorno si apprendono nuovi inquietanti particolari? Sono domande che non potranno rimanere per sempre senza risposta.

giovedì, gennaio 14, 2016

QUEI DETTAGLI SOSPETTI

di Giacomo Stucchi
Anche ai più distratti appare evidente come il calendario dei lavori al Senato imposto dalla maggioranza di governo, che ha stabilito il voto in aula sulla riforma costituzionale (l’ultima volta al Senato) per il 19 e il 20 gennaio, e poi il 21 il rinnovo delle presidenze delle commissioni (previsto a metà legislatura e invece già slittato lo scorso settembre), sia sospetto. E proprio in quest’agenda dei lavori parlamentari al Senato, apparentemente un dettaglio, che infatti potrebbe nascondersi tutta la debolezza del governo in carica. Il fatto è che i numeri a Palazzo Madama a favore di Renzi, e quindi anche del ddl Boschi, sono ormai un vero e proprio terno al lotto. E quindi la sensazione, più che fondata, è che anche le presidenze delle commissioni possano servire alla bisogna; e cioè a raggiungere la fatidica quota 161. Rischiare di allontanare il voto o, peggio, di andare sotto nella riforma “madre di tutte le battaglie” può infatti rivelarsi esistenziale per il governo che peraltro mostra di avere già il fiato corto. I sondaggi infatti danno l’esecutivo in caduta libera nel gradimento dell’opinione pubblica e anche l’immediato futuro potrebbe riservare della sgradite sorprese al premier. L’approvazione in tutta fretta della riforma costituzionale, e il successivo dibattito referendario, offrono infatti a Renzi l’opportunità di distogliere l’attenzione dell’opinione pubblica, in primis, dai risvolti che potrebbero arrivare nelle vicende giudiziarie sul caso Etruria; e poi dalle elezioni amministrative nelle grandi città, come Milano, Roma o Napoli, dove per il Pd si prospetta una strada tutta in salita. A tutto ciò si aggiunga che la narrazione renziana di un Paese in ripresa, dal punto di vista economico, è smentita dalle molte incertezze esistenti sia sul fronte della produzione industriale sia su quello dei consumi.

martedì, gennaio 12, 2016

SE LA CARTA COSTITUZIONALE DIVENTA UN TROFEO

di Giacomo Stucchi
 
Il nostro sistema legislativo e istituzionale necessita di una riforma che lo renda più moderno ed efficiente? Si, certamente; e non lo pensiamo solo oggi. Infatti il centrodestra, con il supporto determinante della Lega Nord, ha approvato negli anni scorsi una riforma organica e benfatta che, però, in occasione del successivo referendum, una propaganda avversa da parte di una sinistra astiosa ha reso vana. La riforma costituzionale Renzi-Boschi, però, ha come obiettivo il miglioramento del nostro sistema istituzionale? No, non è così. Sin dall’inizio del lungo iter di revisione non abbiamo mai avuto dubbi sull’inconcludenza di una riforma che, tra l’altro, non definisce neppure esattamente i ruoli e le competenze di quel che resta del Senato. Nel sistema votato alla Camera nella sua versione definitiva, peraltro, il futuro assetto di Palazzo Madama lascia anche molto perplessi per la sua modalità di elezione e di composizione. Non si capisce che vantaggi possa avere quindi il nostro sistema dal mantenere un’assemblea legislativa praticamente inutile e ridotta a mero dopolavoro di alcuni sindaci. Allora meglio abolirla del tutto. A meno che non si voglia ascrivere tra i suoi “pregi” quello di essere funzionale a quel partito che, in caso di vittoria, con l’Italicum disporrà di un premio di maggioranza in grado di rendere il Parlamento lo scendiletto del futuro premier. La sensazione è che quando Renzi definisce le riforme costituzionali come “la madre di tutte le battaglie”, tale da legarla al suo stesso destino politico, lasci intendere che per lui la futura Carta costituzionale non sia altro che un trofeo. Da portare a casa, peraltro, in una clima di ricatti e di “battaglia”, appunto, che ha coagulato una maggioranza parlamentare variabile messa in piedi con la promessa di poltrone e di contropartite, altro che spirito costituente! Ci batteremo, quindi, per spiegare ai cittadini quali sono i motivi del no a questa riforma costituzionale e lo faremo in tutte le sedi; e siamo certi che le nostre buone ragioni prevarranno sulla propaganda e sugli interessi politici del governo e della maggioranza che lo sostiene.

sabato, gennaio 09, 2016

09/01/16 - PONTE SAN PIETRO - Inaugurazione del Parco dedicato al Cav. Ermenegildo Ubiali




giovedì, gennaio 07, 2016

ANNO NUOVO VECCHI PROBLEMI

di Giacomo Stucchi
L'anno che si è appena concluso non ha, purtroppo, buone notizie da ascrivere al merito del governo in carica. I fallimenti infatti sono di gran lunga maggiori e più importanti dei riconoscimenti che semplicemente non esistono. Le prospettive poco rosee per la ripresa economica mondiale, i nuovi e vecchi scenari geopolitici globali che si presentano prepotentemente alla ribalta in questi primi giorni del nuovo anno, rendono inoltre l’idea di quanto poco rilevante e lungimirante sia il governo del nostro Paese. Renzi ha infatti impantanato il Parlamento per due anni in un’attività legislativa che ha visto in primo piano delle riforme costituzionali, certamente necessarie ma mai veramente prioritarie rispetto alle esigenze del momento, e rischia adesso di fare altrettanto per i prossimi mesi con questioni come quelle della “stepchild adoption”. Intanto, sul fronte economico, la ripresa dell’occupazione è ancora lenta e di questo passo per recuperare i posti di lavoro persi con la crisi ci vorranno decenni. Tutto questo nonostante i costosissimi, per le tasche dei contribuenti, provvedimenti del governo quali sono il combinato disposto tra sgravi alle imprese e l’assunzione a tempo con il cosiddetto Jobs Act. Le prime esperienze di coloro che sono stati assunti con il Jobs Act, che cominciano a trapelare sulla stampa, dimostrano peraltro che si tratta di una riforma con grossi limiti. Si crea l’illusione dell’impiego stabile ma in realtà si mette a repentaglio la solidità e la sicurezza delle stesse vite di chi, giovane o meno, è alla ricerca di un lavoro. Per quanto ci riguarda restiamo convinti che una delle priorità era e rimane quella di mettere mano alla sciagurata legge Fornero che ha impedito, tra l’altro, agli anziani di andare in pensione e ai giovani di trovare un lavoro. Infine, il prelievo forzoso dalle tasche dei cittadini, con la vicenda del salvataggio delle quattro banche, e l’aumento di alcune tariffe e servizi comunali nel 2016, rendono di fatto ininfluente l’abolizione della tassa sulla prima casa. Sul fronte internazionale si è sprecato del tempo prezioso andando avanti con la politica delle pacche sulle spalle e delle battute. Maggiore risolutezza, e probabilmente anche più esperienza, avrebbero probabilmente contribuito ad affrontare in modo più efficace certi dossier, come quello sulla gestione dei flussi migratori. Vicende quali quelle vissute da molte donne in alcune città tedesche, in particolare a Colonia, nella notte di Capodanno, faranno forse rinsavire quei falsi buonisti e perbenisti della sinistra che per mesi e mesi hanno dato dei populisti a chi lanciava un allarme sociale concreto e realistico. Più in generale è impossibile non constatare come l’Ue sia divisa su tutto: dalle politiche economiche e finanziarie a quelle sull'energia. Definiscono chi dissente da quest'Europa un euroscettico ma io lo definirei più un lungimirante; soprattutto se questo dissenso, come nel caso della Lega Nord, non è dell'ultima ora.