Giacomo Stucchi - Senatore Lega Nord Padania -

PENSIERI E IMMAGINI: vi presento il mio blog. Un modo per tenermi in contatto con gli elettori, con gli amici e con tutti coloro che, anche con opinioni diverse dalle mie, desiderano lasciare un loro commento. Grazie.

venerdì, aprile 30, 2010

STEZZANO: FESTA LEGA NORD
















giovedì, aprile 29, 2010

PER FERMARE IL FEDERALISMO LE INVENTANO DAVVERO TUTTE

di Giacomo Stucchi

Ora che siamo vicini alla meta, con la discussione dei decreti attuativi sul federalismo fiscale, che servono a fare diventare realtà i contenuti del provvedimento già approvato dai due rami del parlamento, sono già all’opera i detrattori della riforma e i tutori delle solite lobby che si nascondono dietro il paravento dell’interesse nazionale. Un concetto che si rispolvera tutte le volte che si vuole dare addosso al federalismo e ai grandi cambiamenti che lo stesso è in grado di attuare. Andiamo con ordine. Non è assolutamente vero che con l’entrata in vigore della riforma federalista le regioni più povere lo diventeranno ancor di più, mentre quelle più ricche saranno avvantaggiate. E' previsto, infatti, un meccanismo di perequazione che non lascerà indietro nessuno e, soprattutto, non metterà a rischio i servizi in nessuna regione. Dalla sanità all’istruzione, ciò che però dovrà accadere sarà una generale responsabilizzazione degli amministratori locali che, ed è questo il secondo punto da chiarire, non potranno più contare sulla spesa storica ma dovranno adottare quella standard in tutto il Paese. Che tradotto significa, come abbiamo più volte detto, che un posto letto in ospedale non può costare cinquanta euro in Lombardia e duecentocinquanta in Puglia! Vogliamo qui categoricamente smentire quanto detto da alcuni conduttori televisivi di parte (vedi Floris a Ballarò), quando nelle loro trasmissioni affermano che con i costi standard “si incrementerà il debito pubblico perché le amministrazioni locali che non saranno in grado di adottarli si indebiteranno”. Simili affermazioni servono solo a distorcere la realtà. La verità è che con i costi standard ogni amministratore non potrà più disporre di quel pozzo di San Patrizio, che sino ad oggi ha permesso la creazione di vere e proprie voragini nei conti pubblici, semplicemente perché non avrà più uno Stato centralista e sprecone a finanziarlo. Un sindaco o un assessore dovranno quindi, fare le cose per bene e se non dovessero farlo saranno per primi i loro concittadini ad avere l’interesse a non eleggerli più, perchè allora, per mantenere i servizi sul territorio, aumenteranno le tasse locali. Sarà attivato così quel circolo “virtuoso”, che siamo certi si innescherà una volta che le amministrazioni locali potranno contare sul gettito fiscale prodotto sul loro territorio anziché, come avviene oggi, essere costretti a trasferirlo allo Stato centrale. Così come, per quanto concerne il federalismo demaniale, (oggetto del primo decreto attuativo in discussione in questi giorni) che riguarda una parte dell’enorme patrimonio del demanio pubblico, costituito dai beni immobili a quelli architettonici e paesaggistici, che verrà trasferito a titolo gratuito a Comuni, Province e Regioni dietro loro richiesta. Siamo certi che sia interesse degli enti locali utilizzare al meglio i beni che si trovano sul loro territorio, anziché lasciarli nelle mani di uno Stato che non ha né l’interesse, né le risorse per valorizzarli.

martedì, aprile 27, 2010

NIENTE CAMPI MINATI IN PARLAMENTO MA AVANTI CON LE RIFORME

di Giacomo Stucchi

C’è una priorità che in questo momento è categorica per la Lega Nord ed è quella di portare a termine il nostro programma di riforme entro la fine della legislatura. Sullo sfondo, però, rimane anche una seconda possibilità che consiste nel tornare al più presto alle urne per ridare la parola al popolo; che peraltro, come si è visto appena un mese addietro, ha già dato il suo verdetto, favorendo di gran lunga la tabella di marcia indicata dal Carroccio, che vede innanzi tutto l’approvazione entro l’estate dei decreti attuativi sul federalismo fiscale, e non certo un ritorno alle vecchie alchimie parlamentari delle quali nessuno sente la mancanza. Inoltre, bisognerebbe tenere conto dei molteplici inviti del Capo dello Stato a far sì che la legislatura in corso non vada sprecata, ma venga impiegata per fare davvero le riforme che servono al nostro sistema istituzionale. In una democrazia che si rispetti, quindi, il percorso dovrebbe essere già indicato e chiaro a tutti: governa chi riceve il consenso degli elettori e si porta avanti il programma votato dai cittadini. Il nostro, purtroppo, è però un sistema istituzionale ancora ibrido. Si sceglie il premier sulla scheda elettorale, quando si va a votare per le Politiche, ma di fatto questa indicazione resta meramente formale e del tutto priva di sostanza. Il presidente del Consiglio non può né sfiduciare un ministro né, tanto meno, sciogliere le Camere e indire nuove elezioni, in entrambi i casi si tratta infatti di prerogative di stretta pertinenza del presidente della Repubblica. Inoltre il parlamento, dove dovrebbe prevalere la logica del confronto democratico, col fine ultimo di approvare le leggi che servono a realizzare il programma di governo scelto dagli elettori, forse, dopo lo strappo dei finiani, il già lungo e complesso iter legislativo potrebbe addirittura risultare più articolato. In questo contesto la Lega Nord, che ha già acceso i motori del federalismo nelle regioni dove si sono insediati i nostri governatori, non può certo stare a guardare né tergiversare. Bene ha fatto, quindi, il nostro Segretario Federale Umberto Bossi, a mettere in chiaro la situazione all’indomani della burrascosa direzione nazionale del Pdl, e a dire che se si abbandona la strada maestra del programma di governo, allora è meglio tornare alle urne. Sta adesso agli altri dimostrare di avere la stessa coerenza e lucidità.

lunedì, aprile 26, 2010

STRASBURGO - 26/04/10 - CONSIGLIO D'EUROPA











martedì, aprile 20, 2010

IL RUOLO POLITICO NON SI CHIEDE MA SI CONQUISTA

di Giacomo Stucchi

Penso alla nostra gente, come quella di Bergamo con la quale lo scorso sabato abbiamo festeggiato la vittoria elettorale, e alla fiducia che tantissimi elettori hanno dato alla Lega Nord. Penso anche alle potenzialità, ancora enormi, che un progetto come il federalismo può avere in termini di condivisione da parte di ampi strati dell’opinione pubblica, non solo al nord. Penso agli straordinari sondaggi che attribuiscono al Carroccio un indice di gradimento storico (ormai prossimo al 40 per cento) ma anche al fatto che, in considerazione degli eccellenti risultati del lavoro fatto dai nostri ministri, queste percentuali, già assolutamente elevate, possono essere ulteriormente incrementate. Penso a tutto questo e mi rendo conto, ogni giorno di più, di quanto siano importanti i prossimi passi che faremo. Gli occhi di tutti, dai cittadini comuni ai giornalisti, dagli alleati agli avversari politici, dal mondo cattolico a quello dell’economia, sono puntati su di noi. La domanda che mi sento ripetere, in qualunque contesto mi trovi, è dove effettivamente la Lega Nord può arrivare. Io rispondo che l’unico limite all’ulteriore crescita del nostro movimento siamo noi stessi. Nel senso che il nostro destino, come sempre, è nelle nostre mani. Ecco perché, giusto per restare alle cronache politiche di questi giorni, quando i parlamentari, vicini al presidente della Camera Gianfranco Fini, chiedono al premier di avere un ruolo politico, forse dovrebbero cominciare a chiedersi se non sia il caso che questo genere di cose, anziché chiederle, si provi a conquistarle sul campo con il lavoro quotidiano. Come ha fatto la Lega Nord , guidata dal suo Segretario Federale Umberto Bossi, che nella sua storia politica non ha mai fatto un passo indietro, perseguendo sempre con tenacia i propri obiettivi. Noi non abbiamo mai chiesto niente a nessuno, a parte il rispetto degli impegni presi dai nostri alleati per la realizzazione del programma di governo, e abbiamo sempre parlato chiaro, dentro e fuori il Parlamento. Ciò che accade in casa d’altri, dalle laceranti contraddizioni delle opposizioni alle minacce di scissione nel Pdl, ci riguarda solo nella misura in cui può influenzare la realizzazione del nostro progetto. Il federalismo, come è del tutto evidente agli occhi dell’opinione pubblica, rimane infatti l’unica vera novità, attualmente all’ordine del giorno della politica. Nel Pd, infatti, la proposta più “innovativa” è quella di finanziare la Cig con la tassa del 2% sui più ricchi. “ Una riforma del fisco – sostengono nel Pd - che si può fare subito, per sostenere la cassa integrazione, e che servirà ad allungare la Cig da 12 a 24 mesi e a fronteggiare gli effetti della crisi sull'occupazione”. Sul fronte dei finiani si parla di mettere in campo una “corrente” minoritaria all’interno del partito, che faccia riferimento al presidente della Camera. Se così fosse, anche in questo caso, non si tratterebbe certo di una grossa novità!

sabato, aprile 17, 2010

BERGAMO - NUOVA FIERA - FESTEGGIAMENTO SUCCESSO LEGA
















giovedì, aprile 15, 2010

IL CARROCCIO: VOLANO PER CAMBIARE IL SISTEMA


di Giacomo Stucchi

Ci provi un po’ il professor Giovanni Sartori, che sul Corsera pontifica sugli ipotizzabili costi del federalismo, a governare con efficienza in un sistema bicamerale perfetto che vede, tra l’altro, mille parlamentari rimpallarsi, secondo quella prassi istituzionale che viene chiamata “navetta”, i provvedimenti legislativi. Se alla Camera si cambia una virgola al testo originario, il Senato deve di nuovo occuparsi dello stesso provvedimento per approvarlo, a sua volta, con la nuova virgola. Facile per chiunque immaginare quanto spreco di tempo e di risorse comporti questa procedura. Circa i maggiori poteri che Berlusconi reclama, Sartori fa notare che “nessuno, dopo l’infausto regime, ne ha avuto quanto lui”, ma dimentica, forse per avere poca dimestichezza con il funzionamento della macchina amministrativa e legislativa dello Stato, che in Italia il vero potere non è solo quello che esercita il presidente del Consiglio (che al massimo può ricorre, per motivi di urgenza e necessità, ai decreti legge, che devono comunque essere convertiti dal parlamento), ma è anche la capacità di interdizione che sta nelle mani dei burocrati. La Lega Nord sta accelerando sul federalismo fiscale non per farne un moltiplicatore di spesa, né per aggiungere nuova burocrazia a quella già esistente, ma al contrario per controllarla e razionalizzarla una volta che finalmente siano gli organi amministrativi periferici a gestirla. Il paragone con il cattivo funzionamento delle regioni, tanto caro a Sartori e a certi suoi colleghi osservatori e studiosi della politica, non è indicativo. Innanzi tutto perché le regioni non hanno mai veramente operato seguendo le indicazioni per le quali erano state istituite. Controllate, come lo sono state per trent’anni, da una classe politica di centrosinistra dirigista e centralista, già dallo loro nascita era intuitivo che sarebbero diventate in seguito un duplicato della politica centrale e quindi un moltiplicatore di spesa. Peraltro nemmeno la riforma del Titolo V della Costituzione, approvata dalla sinistra, è riuscita a dare prerogative chiare agli organi amministrativi regionali che anzi, dopo il 2001, sono entrati ancora più in conflitto di competenze con quelli statali. Ma c’è dell’altro. Ipotizzare il fallimento del federalismo fiscale, paragonandolo alla storia delle regioni, non regge anche per un'altra ragione, se vogliamo squisitamente politica, che consiste nel fatto che i vari governi della Prima Repubblica non si sono mai impegnati più di tanto nell’attuare un reale decentramento amministrativo; se non quello che si limitava a enunciazioni di principio o a provvedimenti legislativi che poi, all’atto pratico, rimanevano nel limbo delle buone intenzioni. Oggi però la musica è cambiata. Un Carroccio forte, sia a livello parlamentare, con la sua compatta e agguerrita rappresentanza, sia a livello periferico, coi governatori della Lega appena insediatisi, ma anche con i tantissimi sindaci e assessori, costituisce un volano politico e istituzionale, che in passato è sempre mancato. Oggi indispensabile per cambiare davvero le cose.

martedì, aprile 13, 2010

AVANTI TUTTA CON IL METODO LEGA

di Giacomo Stucchi

A nostro modo di vedere, il dibattito politico di questi giorni si articola almeno su due livelli di discussione. Il primo è quello locale. Il fatto che un po’ ovunque nel Paese così tante amministrazioni (clamoroso poi il caso di Mantova dove, dopo sessantacinque anni, il centrosinistra passa la mano) siano adesso guidate dal centrodestra, con la Lega Nord a fare da protagonista, la dice lunga su come siano cambiate le cose a livello periferico. Sbaglia dunque chi ritenesse questi mutamenti puramente simbolici e non sostanziali. I risultati delle amministrative 2010 segnano uno spartiacque tra il passato, che nessuno vuole più, caratterizzato da amministrazioni che facevano riferimento in tutto e per tutto a partiti e uomini politici centralisti, e il futuro, nel quale la Lega Nord ha un ruolo fondamentale, che vede gli amministratori locali protagonisti assoluti e artefici dei destini delle comunità che governano. Non si tratta di un cambiamento di poco conto. Anche nei ballottaggi, infatti, si conferma la svolta epocale che vede le amministrazioni locali di centrosinistra fuori gioco. Quelli che sembravano essere poteri consolidati sul territorio, anche attraverso l’attività dei sindacati e delle varie associazioni che hanno sempre fiancheggiato la sinistra, oggi non hanno più nulla da dire e quindi noi del Carroccio abbiamo l’obbligo morale e politico di accelerare sui processi legislativi per favorire un reale decentramento dei poteri, dal centro alla periferia, affinché i nostri amministratori possano fare i sindaci e gli assessori usufruendo delle leve che il federalismo fiscale può fornire loro. Viceversa, se i tantissimi cittadini che ci hanno dato il loro voto, non si accorgessero della differenza, rispetto alle precedenti amministrazioni, noi li deluderemmo. Ecco perché, ed è questo il secondo livello di discussione del nostro intervento, occorre che in parlamento prosegua il metodo Lega, già sperimentato in occasione dell’approvazione della legge delega sul federalismo fiscale. A maggior ragione oggi, che il Pd si riscopre un partito federale, dobbiamo spingere al massimo sull’acceleratore delle riforme ma non in senso astratto, bensì con i meccanismi di approvazione dei decreti, ai quali è riconosciuto un ruolo fondamentale, sia attraverso la commissione bilaterale, sia con l’insostituibile lavoro delle commissioni competenti di Camera e Senato. Sarebbe meglio procedere con l'intesa dell'opposizione, la quale, come ha cercato di fare sino a prima delle ultime consultazioni elettorali sperando in un risultato che poi non è arrivato, non dovrebbe più mettere i bastoni tra le ruote come già fece, ad esempio con il referendum del 2006, quando la maggioranza dei votanti, influenzata dalla propaganda della sinistra, respinse la riforma costituzionale varata dal centrodestra nella XIV legislatura, inerente cambiamenti nell'assetto istituzionale nazionale della seconda parte della Costituzione. Con la differenza, però, che oggi i cittadini non avrebbero più la stessa pazienza.

venerdì, aprile 09, 2010

FEDERALISMO FISCALE, UNA RICHIESTA CHE PARTE DAL POPOLO

di Giacomo Stucchi

Qualcuno si stupisce della forte accelerazione che la Lega Nord ha dato, all’indomani del voto regionale, al tema delle riforme. A noi pare che, al di là delle parole, quello che conta sia la sostanza. E questa dice chiaramente che milioni di cittadini hanno dato il loro voto al Carroccio, soprattutto perché i nostri candidati si sono presentati alle elezioni senza parlare mai in astratto, ma con un programma ben preciso. Che vede, al primo punto, la rapida approvazione dei decreti attuativi del federalismo fiscale, affinché il decentramento dei poteri in materia fiscale, dal centro alla periferia, diventi finalmente effettivo; e poi, più in generale, di una riforma istituzionale che modifichi anche le funzioni e i ruoli dell'Esecutivo e del Parlamento della quale, peraltro, si parla e si discute da tempo. Con un simile programma, ecco spiegato perché l’ultima cosa che ci interessa fare, in questa fase politica, è il "tirare a campare" per non fare nulla. Accogliamo invece con grande favore l’invito fatto dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che in visita ufficiale a Verona, dinanzi al primo cittadino leghista, ha rilanciato con forza il tema delle piena attuazione di tutte le autonomie locali. Su questo fronte, inefficienti governi di sinistra, e mancanza di volontà politica, hanno infatti generato enormi ritardi e disservizi. Si tratta di una strada, quella dell’autonomia delle amministrazioni periferiche dal centralismo, che è ormai irreversibile. Anche perché, non bisogna mai dimenticarlo, a chiederlo non è un èlite politica ma il popolo. Come è stato fatto a Milano, dove i sindaci lombardi hanno marciato composti, restituendo simbolicamente la fascia tricolore, per denunciare come i vincoli di bilancio e i tagli ai trasferimenti dello Stato sono ormai diventati un ostacolo insormontabile per chi amministra con coscienza, e serietà, un territorio. Perché, infatti, i comuni “virtuosi” (che guarda caso sono per lo più al nord!) devono essere costretti a limitare le spese per servizi e investimenti, mentre invece in altri comuni lo Stato interviene per risanare i debiti? E’ un esempio di giustizia sociale? Noi crediamo proprio di no e diciamo anche: meno male che c’è la Lega Nord, alla quale vanno i voti di cittadini arrabbiati per questo stato di cose perché altrimenti non sappiamo proprio come sarebbe potuta sfociare la protesta sociale. Ma proprio per aver avuto la preferenza di tantissimi cittadini, che cominciano ad essere molti, anche al di sotto della Padania, la Lega non può e non vuole deluderli. Il federalismo fiscale costituisce la risposta più immediata e concreta a questa ingiustizia, affinché le cose, una volta per tutte, vengano messe al loro posto. Siamo certi, come del resto ha dimostrato anche la protesta del capoluogo lombardo che su questa strada non serva rivendicare nessun colore politico, perché nessun sindaco di buon senso (di destra o di sinistra che sia) non può che convenire con noi sul fatto che ogni comune deve essere libero di poter gestire le proprie risorse sul territorio, anziché essere costretto a versarle alle casse di uno Stato che poi le disperde in mille rivoli.

giovedì, aprile 08, 2010

L'UE NON PUO' LIMITARE LA LIBERTA' DEGLI STATI

di Giacomo Stucchi

Noi della Lega Nord, che ci battiamo da sempre per la libertà dei popoli della Padania, e per l’applicazione di un federalismo in grado una volta per tutte di affrancare i cittadini dal centralismo, non possiamo che combattere la supremazia della burocrazia di Bruxelles quando questa si traduce in limitazione della sovranità degli Stati membri della Ue. In tal senso gli ultimi anni, compresi quelli relativi al periodo di presidenza della Commissione europea da parte di Romano Prodi, hanno purtroppo lasciato il segno negativo sotto diversi punti di vista. In primo luogo, per ciò che concerne la partecipazione degli Stati, ma anche delle singole Regioni, alla fase ascendente del diritto comunitario; in secondo luogo per quel che riguarda l’approvazione di quelle direttive, dalle conseguenze sociali ed economiche rilevanti, che si sono purtroppo tradotte in una grave limitazione della sovranità degli Stati. A manifestare peraltro disappunto per i suddetti aspetti, non è stato soltanto un partito, né tanto meno singoli esponenti politici, ma alcuni popoli europei che, come nel caso del referendum celebrato in Francia, hanno detto chiaramente no ad una Costituzione europea che limitava fortemente le prerogative dei singoli Stati membri. In tal senso dicemmo allora, e ribadiamo oggi, che il popolo francese ha reso un servizio alla democrazia. I casi in cui le direttive comunitarie finiscono con il limitare fortemente la libertà degli Stati membri purtroppo sono parecchi. Penso per esempio alla direttiva Bolkestein che, sin dalla sua prima versione, non ha fatto altro che costituire un grave nocumento, sia dal punto di vista sociale che economico, alla stabilità dei mercati dei singoli Stati. Organizzata su tre ambiti (concernenti l’eliminazione degli ostacoli alla libertà di stabilimento, alla libera circolazione dei servizi e l’instaurazione della fiducia reciproca tra Stati membri), la direttiva è stata approvata per semplificare, almeno nelle intenzioni, le procedure amministrative ed eliminare l’eccesso di burocrazia, per coloro che intendono stabilirsi in un altro paese europeo per prestare dei servizi. Essa però adotta il principio, molto controverso, del paese di origine, secondo il quale un prestatore di servizi che si sposta in un altro paese europeo deve rispettare la legge del proprio paese di origine. Si tratta di un criterio che desta vive preoccupazioni perché può causare del dumping sociale, ovvero stimolare una corsa al ribasso per quanto riguarda le tutele sociali, i diritti dei lavoratori e il livello delle retribuzioni. Facile immaginare come tutto questo si possa tradurre nella creazione di manodopera a basso costo con effetti destabilizzanti sui mercati. Anche se il principio del paese d'origine è stato modificato nella versione definitiva della direttiva, c’è da dire che la Bolkestein continua ad essere ancora oggi l’esempio di come non si dovrebbe procedere sul cammino dell’integrazione europea. Che non può avvenire, in alcun caso, calpestando diritti sociali, tradizioni, usi e costumi, dei singoli Stati membri. Per quanto ci riguarda il principio della limitazione dei poteri degli Stati, e l’equiparazione dei diritti dei cittadini di altri paesi europei, non è certo una conquista e non può essere alla base della legislazione comunitaria, né oggi né mai.


SAN PIETROBURGO - 07/04/10 - COMMISSIONE DELL' UNIONE DELL'EUROPA OCCIDENTALE
















giovedì, aprile 01, 2010

ABBIAMO SUCCESSO PERCHE' SIAMO AFFIDABILI

di Giacomo Stucchi

Superato l’appuntamento elettorale per le Regionali, leggendo le prime pagine di alcuni quotidiani, si ha l’impressione che una certa stampa sia rimasta afona. L’ampio spazio che, nei mesi che hanno preceduto il voto del 28 e 29 marzo scorsi, era dedicato a certa informazione, con lo sfacciato obiettivo di screditare l’immagine del premier e del governo che presiede (alla faccia dei veri problemi dei cittadini!), si è come dissolto nel nulla. Interpretiamo la circostanza come una buona notizia. Nel senso che confidiamo nel fatto che, a sinistra, si siano finalmente resi conti che l’antiberlusconismo di maniera, oltre a non importare granché all’opinione pubblica, non paga nemmeno in termini elettorali. Constatiamo però che, finito l’assalto mediatico al premier, si è passati adesso alle approfondite analisi politologiche di certi osservatori che si propongono di spiegare, naturalmente secondo il loro punto di vista, il successo elettorale della Lega Nord. Sulle ragioni del successo del Carroccio vorremmo dare il nostro contributo. Si tratta di una tendenza ormai consolidata da anni che trova la sua spiegazione, tra l’altro, nella grande aspettativa di cambiamento che c’è nei cittadini ma anche nell’avvertita necessità dell’elettorato di avere, forse oggi più che mai, validi punti di riferimento. La Lega Nord interpreta al meglio entrambe le esigenze. Ha un valido programma di riforme, e lo porta avanti in tutti i consessi istituzionali, tenendo ferma la barra ma cercando sempre il dialogo con tutti; è presente sul territorio, in modo costante e proficuo, per dare risposte concrete e non per perdersi in chiacchiere. In altre parole, siamo persone affidabili. Certi osservatori della politica sostengono anche che il nostro movimento si è ormai così radicato nel territorio da essere paragonabile, per forza elettorale, alla vecchia Democrazia Cristiana. L’ardito paragone però, se fatto, va spiegato bene. Essere paragonati alla vecchia Dc, infatti, forse può servire a dare un’idea del nostro consenso elettorale, ma non regge se si pensa al diversissimo modo di fare politica. La Dc, di cui gli esponenti dell’Udc sono oggi gli epigoni, era l’artefice per eccellenza della politica dei “due forni”. Allearsi con Tizio o con Caio, di destra o di sinistra, non aveva nessuna importanza, ciò che contava era occupare le poltrone. Inoltre, per capire la profonda differenza, bisogna anche sottolineare che mentre i protagonisti della Prima Repubblica, soprattutto negli anni Ottanta e Novanta, utilizzavano i posti di potere per un esercizio dello stesso a fini clientelari, nella Lega Nord, quando si ricopre un ruolo istituzionale, l’imperativo categorico è soddisfare le istanze della gente. La quale, si badi bene, non è né ingenua né sprovveduta, e se viene presa in giro, prima o poi, presenta il conto.