lunedì, febbraio 29, 2016
venerdì, febbraio 26, 2016
giovedì, febbraio 25, 2016
SULLE MOSCHEE NESSUNA DISCRIMINAZIONE MA LA SICUREZZA DEI CITTADINI VIENE PRIMA DI TUTTO
di Giacomo Stucchi
La legge della Regione Lombardia sulle moschee non nega a nessun fedele la
possibilità di pregare. Bisogna partire da questa constatazione di fatto per
poterne discutere senza preconcetti e falsità. Qui non si tratta di difendere la
posizione, sia pur legittima, di un movimento politico ma di mettere i sindaci
nelle condizioni di garantire più sicurezza ai loro cittadini sul territorio.
Considerato che un atteggiamento indifferente, di certi legislatori e
amministratori di sinistra, ha favorito la nascita di una miriade di luoghi di
culto islamici del tutto fuori controllo, è giunto il momento di porsi il
problema di una regolamentazione. Non si tratta di discriminare nessuno, la
libertà di culto è assolutamente garantita così come prevede il nostro
ordinamento; ma è ora di finirla con l’inconcludente buonismo di sinistra che fa
finta di non vedere quanto possa essere pericoloso mettere l’islamismo radicale
nelle condizioni di fare proseliti. Siamo certi che tutti gli islamici moderati,
che vanno nelle moschee per pregare e non per fomentare odio, non abbiano nulla
in contrario a che questo avvenga seguendo delle semplici regole. Non crediamo,
per esempio, sia una discriminazione recitare il sermone in italiano. Anzi,
pensiamo sia una forma di rispetto nei confronti di un Paese tollerante e
democratico che riconosce a tutti la possibilità di professare liberamente la
propria fede. Tutto il contrario di quanto, purtroppo, accade nei Paese islamici
dove ai cristiani non è di certo consentito costruire luoghi di culto. Invece da
noi non solo esistono le grandi moschee in tutte le principali città del Paese
ma nascono come funghi i cosiddetti “centri islamici indipendenti”, del tutto
fuori controllo anche da parte degli stessi Centri ufficiali e riconosciuti,
di ispirazione fondamentalista e che utilizzano internet per comunicare.
Nessuno ha la verità in tasca per affermare con certezza che in questi luoghi
di culto abusivi si annidi la propaganda jihadista ma chi si sente di poterlo
escludere del tutto?
mercoledì, febbraio 24, 2016
ADDIO ALLA STEPCHILD ADOPTION PUR DI SALVARE LA POLTRONA
di Giacomo
Stucchi
Consapevole di rischiare grosso con la stepchild adoption, un tema sul quale già in passato la sinistra ha dimostrato di non avere per niente condivisione di idee, il presidente del Consiglio potrebbe non averci pensato due volte a fare retromarcia. Lo stralcio delle adozioni e un emendamento condiviso con Alfano, su cui porre la fiducia, potrebbero essere infatti la soluzione allo stallo che da giorni vede il Pd impantanato sul ddl Cirinnà. Ma al di là dei contenuti del testo, che la maggioranza di governo sta elaborando, l’impressione è che su tutta la questione Renzi abbia un po’ preso in giro la sua stessa parte politica. A cominciare dai parlamentari dem, che il segretario-presidente ha lasciato fare per un pò ben consapevole che i numeri in Senato per approvare la legge sulle unioni civili senza se e senza ma non ci sarebbero mai stati; ma poi anche gli elettori, che verosimilmente non avranno preso bene l’ennesima giravolta del loro leader. Il fatto poi che Renzi, non escludendo di porre la fiducia, rinneghi l’impegno solenne preso a suo tempo di lasciare ai parlamentari libertà di esprimersi, anche a costo di una conta in Aula, la dice lunga su quanto abbia a cuore il ruolo del Parlamento. Ma forse c’è anche dell’altro, che potrebbe spiegare perché in questo momento il governo e la maggioranza non possono permettersi alcun scivolone, né sulle unioni civili né su altro. Il dibattito, infatti, sta coincidendo con un periodo non troppo felice per il governo che, a due anni dal suo insediamento, ha ben poco da festeggiare. Sul fronte economico i risultati sono ancora allo zero virgola mentre su altri fronti non meno importanti, come quello del controllo sul nostro territorio degli immigrati in attesa di definizione del loro status, stiamo ancora peggio. Su quest’ultima questione Palazzo Chigi non solo non è riuscito a far valere le buone ragioni del nostro Paese in sede europea, ma continua a chiudere gli occhi dinanzi alle migliaia di immigrati sbarcati sulle nostre coste, in alcuni casi anche minori non accompagnati, che fanno perdere le loro tracce. In questo clima poi incombe, come una spada di Damocle, il giudizio della Commissione UE sui nostri conti pubblici. Un passaggio sul quale nei mesi scorsi Renzi aveva sempre profuso ottimismo a piene mani che invece adesso non appare per niente scontato.
Consapevole di rischiare grosso con la stepchild adoption, un tema sul quale già in passato la sinistra ha dimostrato di non avere per niente condivisione di idee, il presidente del Consiglio potrebbe non averci pensato due volte a fare retromarcia. Lo stralcio delle adozioni e un emendamento condiviso con Alfano, su cui porre la fiducia, potrebbero essere infatti la soluzione allo stallo che da giorni vede il Pd impantanato sul ddl Cirinnà. Ma al di là dei contenuti del testo, che la maggioranza di governo sta elaborando, l’impressione è che su tutta la questione Renzi abbia un po’ preso in giro la sua stessa parte politica. A cominciare dai parlamentari dem, che il segretario-presidente ha lasciato fare per un pò ben consapevole che i numeri in Senato per approvare la legge sulle unioni civili senza se e senza ma non ci sarebbero mai stati; ma poi anche gli elettori, che verosimilmente non avranno preso bene l’ennesima giravolta del loro leader. Il fatto poi che Renzi, non escludendo di porre la fiducia, rinneghi l’impegno solenne preso a suo tempo di lasciare ai parlamentari libertà di esprimersi, anche a costo di una conta in Aula, la dice lunga su quanto abbia a cuore il ruolo del Parlamento. Ma forse c’è anche dell’altro, che potrebbe spiegare perché in questo momento il governo e la maggioranza non possono permettersi alcun scivolone, né sulle unioni civili né su altro. Il dibattito, infatti, sta coincidendo con un periodo non troppo felice per il governo che, a due anni dal suo insediamento, ha ben poco da festeggiare. Sul fronte economico i risultati sono ancora allo zero virgola mentre su altri fronti non meno importanti, come quello del controllo sul nostro territorio degli immigrati in attesa di definizione del loro status, stiamo ancora peggio. Su quest’ultima questione Palazzo Chigi non solo non è riuscito a far valere le buone ragioni del nostro Paese in sede europea, ma continua a chiudere gli occhi dinanzi alle migliaia di immigrati sbarcati sulle nostre coste, in alcuni casi anche minori non accompagnati, che fanno perdere le loro tracce. In questo clima poi incombe, come una spada di Damocle, il giudizio della Commissione UE sui nostri conti pubblici. Un passaggio sul quale nei mesi scorsi Renzi aveva sempre profuso ottimismo a piene mani che invece adesso non appare per niente scontato.
venerdì, febbraio 19, 2016
giovedì, febbraio 18, 2016
CON IL GOVERNO RENZI ECONOMIA FERMA AL PALO E SERVIZI INEFFICIENTI
di Giacomo Stucchi
L'Ocse rivede al ribasso le sue stime per il Pil italiano per il 2016,
prevedendo una crescita all'1%, 0,4 punti percentuali in meno rispetto
all'outlook di novembre; e sembra una conferma di quanto da tempo sosteniamo
circa l’andamento dell’economia reale. Non occorrevano infatti le stime
dell’Ocse per accorgersi che il governo Renzi, dopo tanto blaterare sulla
necessità di politiche economiche improntate alla crescita, non ha poi fatto
nulla di concreto per favorirla davvero. Negli ultimi due anni infatti,
contrariamente a quanto afferma la propaganda governativa, i dati reali dicono
che ad aumentare sono stati solo il debito pubblico e la pressione fiscale.
Altro fallimento è poi quello evidenziato dal presidente della Corte dei Conti
Raffaele Squitieri che, all'inaugurazione dell'anno giudiziario, ha definito
i tagli alla spesa pubblica “inefficaci e inefficienti” con ricadute “solo sui
cittadini, che si ritrovano con meno servizi”; una bocciatura secca, insomma,
della spending review sin qui adottata dal governo Renzi. E non possono essere
certo i dati sull'occupazione forniti dall'Inps a cambiare le carte in tavola;
perché il saldo positivo tra nuovi contratti di lavoro firmati e rapporti chiusi
non corrisponde necessariamente ad altrettanti nuovi lavoratori, visto che la
stessa persona può essere stata titolare di più contratti. D’altra parte, a dire
come stanno realmente le cose, è l’andamento dell’economia reale che, purtroppo,
registra un calo della produzione industriale ma anche dei consumi fermi al
palo. Segno evidente che non sono poi tantissime le persone che nell'ultimo anno
hanno avuto un contratto di lavoro; e comunque chi lo ha trovato ha sempre la
paura di perderlo a breve. Ne deriva, quindi, uno stato di incertezza che non
consente alle famiglie di incrementare i consumi e alle imprese di fare
investimenti.
martedì, febbraio 16, 2016
QUEI NUMERI CHE NON CONVIENE COMMENTARE
di Giacomo Stucchi
Mentre nella maggioranza si affannano a commentare i dati dell’Inps
sull’occupazione, che comprendono però anche le trasformazioni di rapporti a
termine e apprendisti in contratti a tempo indeterminato, è curioso notare come
il governo cerchi di far passare in sordina i dati diffusi da Banca d’Italia
sullo stato della nostra economia nel 2015. Si tratta di numeri per niente
rassicuranti. Secondo l’Istituto, infatti, l’anno scorso le entrate tributarie
sono state pari a 433.485 milioni di euro rispetto ai 407.582 milioni del 2014;
il debito pubblico si è attestato a 2169,9 miliardi rispetto ai 2136 miliardi di
fine 2014; le spese correnti dello Stato sono passate da 483 a 536 miliardi,
mentre le spese per gli investimenti da 56 a 45 miliardi. Sul piano politico ed
economico, quindi, queste cifre dicono che nel 2015 i cittadini hanno pagato
più tasse, che il debito pubblico è aumentato e che lo Stato ha speso di più
ma ha investito di meno. Insomma tutto il contrario della propaganda renziana,
che narra di un governo virtuoso che abbassa le tasse e favorisce gli
investimenti. La verità è che Renzi e i suoi ministri hanno portato avanti una
politica economica in deficit, che ha sempre guardato al tornaconto elettorale
del partito di maggioranza del quale il premier è il segretario,
infischiandosene sia del rigore sia della crescita. I risultati di questa
sciagurata politica sono oggi sotto gli occhi di tutti; e dicono, tra l’altro,
che se non fosse per il presidente della Bce Mario Draghi, che interviene con
dichiarazioni "rassicuranti" tutte le volte che i nostri titoli di Stato e la
Borsa affondano, saremmo già costretti ad approvare una manovra correttiva da
decine di miliardi di euro. Il fatto è che la credibilità di Palazzo Chigi è
sempre più bassa. Misure quali quelle del canone Rai in bolletta o
dell’annunciata riforma delle pensioni di reversibilità, presentate come grandi
rivoluzioni, non sono altro che maldestri tentativi per raschiare il fondo del
barile di un bilancio dello Stato che fa acqua da tutte le parti.
venerdì, febbraio 12, 2016
giovedì, febbraio 11, 2016
QUANDO UN SERVIZIO PUBBLICO DIVENTA ARMA DI DISTRAZIONE DI MASSA
di Giacomo Stucchi
Nessuno mette in dubbio la libertà di ognuno di noi, e quindi anche dei
cantanti che salgono sul palco dell'Ariston a Sanremo, di manifestare con gesti
e parole le proprie idee. Ma un evento mediatico non può diventare strumento di
pressione; e magari contribuire a determinare l'orientamento su un
provvedimento in discussione al Parlamento. Tanto più poi è necessario
considerare che l’oggetto del provvedimento è talmente divisivo dall’aver
spaccato in due la coalizione di governo e lo stesso Pd. Evidentemente una
manifestazione come il Family Day, che ha portato al Circo Massimo a Roma
decine di migliaia di persone per dichiarare il proprio “no” alla legge sulle
unioni civili, intesa come anticamera del matrimonio e delle adozioni gay, ha
colpito nel segno. L'impressione è che per riequilibrare le sorti del
provvedimento, tanto caro alla sinistra,
si usi il servizio pubblico televisivo come arma di distrazione di massa.
Prendiamo spunto da queste circostanze anche per ricordare che tra qualche mese
ci apprestiamo a celebrare un referendum molto importante sul destino della
nostra Costituzione. E quindi se sulle unioni civili, al puro scopo di favorirne
l’approvazione in Senato, non si è esitato a sbandierare dinanzi a milioni di
telespettatori nastri colorati, non osiamo pensare cosa ci si possa inventare
per influenzare l'opinione pubblica su una consultazione elettorale di rilievo,
alla quale peraltro il premier ha legato il suo stesso destino
politico.Bisognerebbe quindi stare molto attenti all'utilizzo di quello che
dovrebbe rimanere un servizio pubblico, non di parte, per il quale tutti i
cittadini, a prescindere dal loro orientamento politico o di altra natura, sono
comunque obbligati a pagare un canone.
mercoledì, febbraio 10, 2016
SI DIVIDONO SULLE UNIONI CIVILI MA I PROBLEMI SON BEN ALTRI
di Giacomo Stucchi
E se al premier non interessasse più di tanto, in tutto o in parte, del
destino del provvedimento sulle unioni civili? L’iter legislativo con il quale
si sta procedendo e il fatto che Renzi non abbia mai messo la faccia sulle
norme in questione, che tanto dibattito stanno suscitando in una maggioranza di
governo sempre più divisa sulle cose da fare, la dicono lunga sulle sue reali
intenzioni di difendere il disegno di legge . L’impressione è che i pensieri di
Palazzo Chigi siano rivolti a ben altre cose; e in particolare al concreto
rischio che le previsioni economiche governative, a cominciare da quella molto
ottimistica sulla crescita del Pil, siano del tutto sballate. Un ipotesi di
questo tipo nell’immediato, due o tre mesi, forse non avrebbe effetti, ma se
l’altalena delle Borse di questo inizio anno dovesse diventare qualcosa di più
preoccupante, e la politica monetaria della Bce non fosse più sufficiente a
garantire un ombrello di protezione ai nostri Titoli di stato, allora Renzi
dovrebbe cominciare a preoccuparsi veramente. Perché può ancora giocare coi
numeri nell’anno in corso ma nel 2017, con le clausole di salvaguardia in
agguato, non sarà più possibile cambiare le carte in tavola. Già oggi, lo
sosteniamo da tempo, i numeri della politica economica portata avanti dal
governo sono fallimentari: dall’occupazione alla crescita, nonostante i tanti
soldi messi sul piatto, i risultati sono ancora da “zero virgola” o giù di lì.
Troppo poco, davvero troppo poco per parlare della tanto agognata ripresa. E se
Renzi non è stato in grado di risollevare l’economia con una congiuntura
favorevole figuriamoci cosa accadrebbe se queste condizioni dovessero mutare.
La verità è che il futuro, purtroppo, presenta più incognite che certezze; il
presente, invece, ci dice che due anni al governo del Pd e del suo
segretario-presidente non hanno risolto un bel
nulla.
venerdì, febbraio 05, 2016
UN BLUFF CHE POTREBBE COSTARE CARO
di Giacomo Stucchi
Le previsioni economiche della Commissione Ue sul nostro Paese rivedono al
ribasso quelle del governo, certificando di fatto una stagnazione permanente
determinata da una crescita della nostra economia davvero poco significativa. Il
dato, peraltro, segue di poco ed è coerente coi numeri sull’occupazione,
pubblicati dall’Istat, che registrano un segno meno su base mensile. Ciò
significa che due anni di proclami da parte del premier e di misure governative,
in gran parte annunciate e in altri casi diventati provvedimenti legislativi,
non sono bastati a rilanciare l’economia e a favorire davvero l’occupazione. In
sostanza, su lavoro, crescita economica, ma anche riduzione del debito pubblico,
non ci sono stati risultati di rilievo nel 2015 e le previsioni per il
2016-2017 non sono molto ottimistiche; e sono, peraltro, più aleatorie che mai
considerate le mille variabili, politiche e congiunturali, da tenere in conto
nei prossimi mesi. Tutto questo avrebbe portato qualsiasi governo,
democraticamente eletto, a trarre le sue conclusioni. Renzi e i suoi ministri,
invece, non solo non pensano minimamente a lasciare la poltrona ma rilanciano.
Hanno già dato per scontato che il risultato delle amministrative di primavera,
qualunque esso sia, non avrà conseguenze per la vita del governo e guardano già
all’appuntamento referendario, sulla riforma costituzionale, come primo test
elettorale sulla loro esperienza di governo. Ma è un' operazione ingannevole.
Perchè si parte dall’assunto che votare sì alla riforma del Senato, o di quel
che ne resterebbe, significhi automaticamente approvare l’operato del governo a
trecentosessanta gradi. Un bluff, insomma, che però potrebbe costare caro ai
cittadini. Senza un’immediata correzione di rotta nella politica economica e
fiscale, che guardi per esempio a un reale ridimensionamento della pressione
fiscale ma anche a un significativo taglio alla spesa pubblica improduttiva, il
rischio di dover poi correre ai ripari con manovre correttive diventa più che
concreto.
martedì, febbraio 02, 2016
UN DON CHISCIOTTE A PALAZZO CHIGI?
di Giacomo Stucchi
Ma davvero battere il pugno sul tavolo nei rapporti con l’Ue, come fa Renzi,
può dare dei frutti per il nostro Paese? Assolutamente no, non ne ha dati e non
ne darà neppure nell'immediato futuro. E questo perché il premier fa a Bruxelles
quello che fa Roma; e cioè dice una cosa e ne fa un altra. Basti pensare che
prima ha appoggiato Juncker alla guida della Commissione europea e poi lo ha
quasi rinnegato sostenendo che la sua politica non andava bene. Cosa peraltro
vera, ma per quanto ci riguarda non abbiamo mai creduto ai proclami del
presidente della Commissione europea: né sui miliardi da destinare a un
fantomatico piano di investimenti né alla politica delle quote
sull’immigrazione. In entrambi i casi si è trattato solo di belle parole. Ma
tutto questo si poteva mettere nel conto anche prima della nomina di Juncker e
Renzi, quindi, avrebbe fatto bene a trovare altre soluzioni. Così come avrebbe
fatto bene ad adoperarsi per tempo, nei due anni che è stato al governo, per far
entrare il nostro sistema bancario gradualmente nelle nuove regole europee. E
invece ci siamo ritrovati all'ultimo secondo dell'ultimo minuto utile per
salvare il salvabile, anche a costo di mettere nei guai gli incolpevoli piccoli
risparmiatori. Renzi vuole solo dare l’impressione di fare il duro con l’Ue allo
scopo di apparire il Don Chisciotte della situazione e ottenere consenso
interno, ma questo modo di procedere non significa fare il bene del Paese né
l’interesse dei cittadini e non porterà a nulla. I vertici della Banca
d'Italia criticano le nuove regole europee sul sistema bancario, che certo non
difendiamo, ma la domanda da porsi è com’è possibile che il governo non abbia
fatto nulla prima che il “bail-in” entrasse in vigore? La verità è che la
flessibilità economica, la politica sull’immigrazione, il sistema bancario, sono
tutte questioni che si intrecciano nella complicata gestione dei rapporti tra
gli Stati membri dell’Ue. Ma non una di esse è stata gestita bene dal governo in
carica.