PER RENZI LA MANOVRA E IL REFERENDUM SONO DUE FACCE DELLA STESSA MEDAGLIA
di Giacomo Stucchi
Il governo Renzi si è fatto promotore di una riforma costituzionale che
ridimensiona il Senato, ma in realtà già oggi è tutto il Parlamento ad essere
messo in secondo piano da Palazzo Chigi. La legge di Bilancio sulla quale il
premier sta impostando la sua campagna elettorale referendaria, con promesse a
mezzo stampa di elargizioni a questa o quell'altra categoria sociale, non è
ancora stata presentata al Parlamento. Si tratta di un atteggiamento che
dimostra un totale disprezzo delle regole democratiche e delle istituzioni, che
non vengono messe nelle condizioni di fare il proprio lavoro. Per giustificare
tale inammissibile comportamento il governo si trincera dietro la necessità di
un maggiore approfondimento tecnico delle misure da varare, ma la verità è che
per Renzi la legge di Bilancio e la consultazione sul referendum costituzionale
sono due facce della stessa medaglia: da un lato le promesse elettorali ai
cittadini per ottenere il loro voto, dall'altro una riforma costituzionale che
abbinata alla legge elettorale farà scempio delle istituzioni democratiche. La
calendarizzazione dei lavori parlamentari della sessione di Bilancio, e del voto
referendario, non è del resto casuale. Sovrapporre i due passaggi consente a
Renzi di andare in giro a fare campagna elettorale per il Sì, promettendo questo
e quell’altro e trasformando la legge di Bilancio in un "do ut des". La stessa
disputa con Bruxelles sulle politiche di rigore, imposte dal Trattato di
Maastrich, appare sospetta. L’impressione è che questa volta, a differenza del
2011, quando non si aspettò nemmeno un istante per mettere alle corde il governo
Berlusconi, i burocrati dell'Ue non abbiano nessun interesse a mettere subito in
mora il governo Renzi. Non si tratta, però, né di una concessione né di un
regalo. Il giudizio sulla manovra presentata dal governo Renzi, priva di
concrete coperture e con misure non strutturali ma solo elettorali, ancorché
rinviato al 5 dicembre, ovvero dopo la consultazione referendaria, verrà e non
sarà certo una buona notizia.
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