giovedì, maggio 30, 2013
BASTA CON IL BICAMERALISMO PERFETTO
di Giacomo Stucchi
Nel dibattito in Parlamento abbiamo fatto presente al premier Enrico Letta che sulla partita delle riforme la Lega Nord c’è, nel senso che riteniamo indispensabile addivenire ad una riforma costituzionale che faccia alcune cose: dal dimezzamento del numero dei parlamentari al Senatofederale; dalla fine del bicameralismo perfetto a tutta una serie di modernizzazioni che permettano al nostro Paese di poter disporre di una Carta, che è già importante per quanto riguarda le tutele che in essa sono contenute, ma che deve essere attualizzata nella parte del funzionamento delle istituzioni. Su questo percorso abbiamo accettato la sfida. Per quanto riguarda, invece, il governo rimaniamo all’opposizione, certamente attenta, non preconcetta ma costruttiva. Dal nostro punto di vista la questione delle riforme costituzionali deve però essere divisa dalla gestione ordinaria del governo. Noi siamo per un’azione che porti alla fine dei diciotto mesi, come ha detto il Presidente del Consiglio, al referendum confermativo e dopo si tornerà al giudizio dei cittadini. Però con una precisazione fondamentale circa la legge elettorale: nessun sistema di voto garantisce che ci sia lastessa maggioranza alla Camera e al Senato, e quindi sino a quando avremo due assemblee legislative che esprimono entrambe la fiducia al governo si porrà sempre il problema della governabilità. Una delle cose da fare perciò è avere una sola Camera politica come avviene in tutte le altre democrazie occidentali. Bisogna finirla con il bicameralismo perfetto, e a quel punto discutiamo di legge elettorale. Non si dimentichi, del resto, che anche il Mattarellum era fallace per quanto riguarda il Senato. Se non si fanno queste riforme allora davvero è meglio che si vada tutti a casa, questa è l’ultima carta e noi accettiamo la sfida. Siamo consapevoli delle difficoltà ma andiamo avanti sapendo bene che è necessario che ci sia un clima costruttivo per quanto riguarda le riforme costituzionali, un terreno sul quale esiste una condivisione parlamentare più larga di quella che sostiene il governo. Se qualcuno però, soprattutto all’interno del Pd, pensa di utilizzare le riforme costituzionali per questioni interne al proprio partito allora non si va da nessuna parte. Noi questo non lo possiamo mai accettare.
martedì, maggio 28, 2013
SOLUZIONI IMMEDIATE ALL'ECATOMBE DELLE IMPRESE DEL NORD
di Giacomo Stucchi
Al di là delle analisi sul voto riferite alle sorti di questo o di quell’altro partito, che comunque per essere esaustive dovranno per forza di cose attendere un paio di settimane in vista del secondo turno delle elezioni amministrative, più in generale ciò che appare evidente è che non esistono (oggi più che mai) elettorati consolidati per nessun partito. Il corpo elettorale, soprattutto quello metropolitano, è molto mobile e non fa sconti a nessuno. Emblematico il caso del Movimento 5 Stelle che è passato dagli eclatanti risultati di solo qualche mese fa, conseguiti alle Politiche, che lo avevano visto un po’ dappertutto sopra il 20 per cento, a cifre molto diverse in quest’ultime elezioni amministrative, in molti casi anche abbondantemente al di sotto del 10 per cento. Questa forte mobilità dell’elettorato, che in misura sempre crescente esprime il suo malessere anche con il non voto, è direttamente connessa alle difficoltà che famiglie e imprese incontrano ogni giorno e rispetto alle quali non vedono al momento soluzioni concrete. Ecco perché la Lega, senza la quale in Padania non si vince da nessuna parte, deve accelerare nel suo processo di costituzione della Macroregione del Nord finalizzandolo alla concreta soluzione dei problemi dei cittadini. In altre parole, ciò che serve per riportare la gente a votare è che le soluzioni prospettate loro per venire fuori dalla crisi, nella quale tuttora ci troviamo, diventino esecutive. Il 75% delle risorse trattenute sul territorio, e non più dirottate nelle casse del centralismo romano, diventerà una realtà in modo tangibile ai cittadini, cioè deve essere chiaro come e quando potranno contare di avere nelle loro tasche maggiori risorse economiche. Sul piano strettamente politico, poi, non siamo d’accordo con l’analisi del voto amministrativo che prevale su molti organi di informazione e che attribuirebbe al risultato elettorale un effetto stabilizzante sul governo in carica. Tale conclusione denota una totale sconoscenza della gravità della situazione, soprattutto al Nord. Qui, infatti, l'ecatombe di imprese e le notizie che arrivano sull’impossibilità di poter continuare a garantire nei prossimi mesi persino gli ammortizzatori sociali sono talmente devastanti da non consentire a nessun governo, tanto meno a quello presieduto da Letta, di dormire sonni tranquilli. Ecco perché l’esecutivo farebbe bene a venire incontro subito a tali esigenze, prospettando soluzioni concrete, anziché cullarsi su ipotetiche analisi del voto favorevoli.
sabato, maggio 25, 2013
venerdì, maggio 24, 2013
giovedì, maggio 23, 2013
LARGHE INTESE AL RIBASSO, A COMINCIARE DALL'IMU
di Giacomo Stucchi
Dinanzi all’ennesimo grido di dolore del leader di Confindustria Giorgio Squinzi non possiamo che denunciare l’inadeguatezza di un governo che è nato, e continua a vivere, solo perché le forze politiche di maggioranza vanno avanti con soluzioni minimaliste ai tanti problemi sul tappeto. Il fatto che la coalizione Pd-Pdl sia caratterizzata da mille contraddizioni, delle quali ogni giorno ne abbiamo un assaggio non costituisce certo una notizia, tuttavia non ci si può rassegnare al “tanto peggio, tanto meglio”, che penalizza soprattutto il modello economico del Nord. Gli effetti di tale deleteria politica sono già sotto gli occhi di tutti i cittadini, che pagano le conseguenze delle scelte fatte dal governo. Sull’Imu, per esempio, l’esecutivo Letta ha deciso di approvare un decreto per sospendere la rata di giugno sino a metà settembre, ma dopo cosa accadrà? La tanto odiata tassa sugli immobili introdotta dal governo Monti e, contrariamente a quanto sancito nel federalismo fiscale, prevista anche sulla prima casa, si è rivelata disastrosa. Sul piano sociale, perché ha depresso milioni di famiglie che si sono viste tassare il loro bene più caro, sul piano economico perché ha aggravato ancor di più la situazione di un mercato trainante per la nostra economia, qual è quello immobiliare, che versava già in uno stato comatoso e che con l’introduzione dell’Imu, soprattutto sulla prima casa, è diventato irreversibile. A fronte di tutte queste conseguenze negative la sospensione del pagamento di giugno, disposto da Palazzo Chigi, appare un palliativo. Una soluzione che non risolve il problema di introdurre nel nostro sistema fiscale una tassazione giusta sulla proprietà di immobili, siano essi utilizzati come abitazioni o per attività di impresa, senza per questo annientare il mercato immobiliare, impoverire ancor di più i cittadini o le aziende già alle prese con una grave crisi economica che ne ha falcidiato i redditi, lasciare i Comuni nell’incertezza più totale su quale sarà il gettito dell’imposta da prevedere nei loro bilanci. Con la sospensione della rata Imu il governo è però riuscito a dare un colpo al cerchio e uno alla botte, soddisfacendo cioè le diverse esigenze, o aspettative, delle forze politiche che compongono la sua maggioranza. Un compromesso al ribasso, appunto, che speriamo non sia il primo di una lunga serie.
mercoledì, maggio 22, 2013
martedì, maggio 21, 2013
LA UE CHE VOGLIAMO PENSA IN GRANDE MA LASCIA LIBERI
Giacomo
Stucchi
L'Europa a cui vogliamo pensare è quella che, mi si perdoni il gioco di parole, pensa in grande, cioè pensa alle grandi tematiche e lascia le questioni di dettaglio ai singoli Paesi. E’ l’Europa di quei popoli che si riuniscono nelle regioni, che vivono nei grandi contesti, anche macroregionali o euroregionali, e che rappresentano per l'idem sentire il vero collante delle comunità europee e l'espressione veramente democratica, se vogliamo, dell'identità stessa dei popoli dell'Unione europea. Non potremo mai accettare che il popolo di uno dei tanti paesi dell'Unione europea si possa definire migliore o peggiore di altri, ma vogliamo sottolineare che deve essere riconosciuto a noi e a tutti l'orgoglio di appartenere a quel determinato popolo, senza dire di essere migliore o peggiore di altri. Ognuno deve sapere qual è l'importanza delle proprie radici, della propria cultura, della propria storia e dei propri valori di riferimento, e nessuno può permettersi di denigrarli. Su alcune questioni la strada intrapresa è quella giusta, in modo particolare per quanto riguarda il punto su l'energia. Sotto il profilo delle scelte energetiche è sicuramente necessario uno sforzo comune per semplificare determinate procedure e comprendere che si tratta di una svolta epocale, una rivoluzione copernicana, e che le fonti rinnovabili rappresentano l'unica soluzione che abbiamo per sperare in una ripresa che tragga vantaggio dal loro utilizzo, dato che costano sicuramente meno rispetto agli idrocarburi fossili. Dobbiamo però porci un problema: andiamo a dire in Europa che questa è la strada giusta, ma dobbiamo fare un'analisi anche all'interno del nostro Paese, soprattutto dei comportamenti che, a livello centrale o periferico, vengono assunti ogniqualvolta vi è la proposizione di interventi di questo tipo. La scelta da fare, quindi, deve essere attuata a livello europeo, ma deve anche andare nella direzione di un controllo ferreo, efficace e concreto a livello dello Stato centrale. È giusto anche sostenere le infrastrutture energetiche e il loro completamento e bisogna convincere le popolazioni che i benefici poi sono comuni, appartengono a tutti, anche se qualcuno in certe situazioni è costretto a subire forse un danno maggiore rispetto ad altri. Si tratta di saper comunicare, soprattutto comunicare che è necessario eseguire tali interventi per aiutare quel comparto manifatturiero per il quale si auspica si arrivi al 20 per cento con riferimento alla contribuzione sul complesso del reddito prodotto a livello europeo, perché spesso si tratta comunque di aziende che hanno un forte consumo energetico. E noi non possiamo perdere produzioni di qualità del nostro Paese, soprattutto al Nord, dove siamo stati dei maestri, dei precursori e abbiamo molto da insegnare a tutte le altre realtà, non solo europee ma del mondo. È quindi una scelta giusta quella di aiutare questo tipo di realtà produttive, come del resto è da affrontare a viso aperto la sfida degli alti prezzi energetici anche per le famiglie, perché la competizione e la concorrenza che ci devono essere tra i fornitori devono essere vere. Spesso sembra di assistere a una sorta di cartello: siamo quasi di fronte a un cartello nel nostro Paese, se guardiamo ai grandi gruppi che effettivamente possono fornire energia domestica alle nostre realtà familiari. Pertanto, anche in questo campo occorre una maggiore apertura, non avere paura della competizione e della concorrenza. Forse questa è la sfida più importante che deve essere fatta capire anche a chi negli altri Paesi europei ha grandi e grandissimi produttori di energia, in alcuni casi anche di proprietà dello Stato, che vogliono influenzare le politiche europee, magari condizionando l'azione dei loro Governi. Chi fa l'interesse dei produttori di energia, delle grandi società private, non fa l'interesse pubblico, perché, anche se è vero che una parte degli utili viene tassata e finisce nelle casse dello Stato, la stragrande maggioranza del beneficio finisce in tasche private. L'altra grande questione è relativa al fisco. Spero che gli indirizzi di maggiore integrazione e di solidarietà rafforzata, che saranno seguiti per quanto riguarda l'unione monetaria ed economica, siano tali da produrre effetti. Mi preoccupa solo il fatto che non venga utilizzato un modello sbagliato; vorrei cioè capire se il modello di riferimento sarà quello che abbiamo visto adottare in Grecia, quello dei Paesi cosiddetti PIGS o addirittura quello di Cipro: questi sono modelli che a noi non piacciono. Pensiamo ci debba e ci possa essere un'altra strada da percorrere e se lo farà, se accetterà questa sfida, ci troverà al suo fianco.
L'Europa a cui vogliamo pensare è quella che, mi si perdoni il gioco di parole, pensa in grande, cioè pensa alle grandi tematiche e lascia le questioni di dettaglio ai singoli Paesi. E’ l’Europa di quei popoli che si riuniscono nelle regioni, che vivono nei grandi contesti, anche macroregionali o euroregionali, e che rappresentano per l'idem sentire il vero collante delle comunità europee e l'espressione veramente democratica, se vogliamo, dell'identità stessa dei popoli dell'Unione europea. Non potremo mai accettare che il popolo di uno dei tanti paesi dell'Unione europea si possa definire migliore o peggiore di altri, ma vogliamo sottolineare che deve essere riconosciuto a noi e a tutti l'orgoglio di appartenere a quel determinato popolo, senza dire di essere migliore o peggiore di altri. Ognuno deve sapere qual è l'importanza delle proprie radici, della propria cultura, della propria storia e dei propri valori di riferimento, e nessuno può permettersi di denigrarli. Su alcune questioni la strada intrapresa è quella giusta, in modo particolare per quanto riguarda il punto su l'energia. Sotto il profilo delle scelte energetiche è sicuramente necessario uno sforzo comune per semplificare determinate procedure e comprendere che si tratta di una svolta epocale, una rivoluzione copernicana, e che le fonti rinnovabili rappresentano l'unica soluzione che abbiamo per sperare in una ripresa che tragga vantaggio dal loro utilizzo, dato che costano sicuramente meno rispetto agli idrocarburi fossili. Dobbiamo però porci un problema: andiamo a dire in Europa che questa è la strada giusta, ma dobbiamo fare un'analisi anche all'interno del nostro Paese, soprattutto dei comportamenti che, a livello centrale o periferico, vengono assunti ogniqualvolta vi è la proposizione di interventi di questo tipo. La scelta da fare, quindi, deve essere attuata a livello europeo, ma deve anche andare nella direzione di un controllo ferreo, efficace e concreto a livello dello Stato centrale. È giusto anche sostenere le infrastrutture energetiche e il loro completamento e bisogna convincere le popolazioni che i benefici poi sono comuni, appartengono a tutti, anche se qualcuno in certe situazioni è costretto a subire forse un danno maggiore rispetto ad altri. Si tratta di saper comunicare, soprattutto comunicare che è necessario eseguire tali interventi per aiutare quel comparto manifatturiero per il quale si auspica si arrivi al 20 per cento con riferimento alla contribuzione sul complesso del reddito prodotto a livello europeo, perché spesso si tratta comunque di aziende che hanno un forte consumo energetico. E noi non possiamo perdere produzioni di qualità del nostro Paese, soprattutto al Nord, dove siamo stati dei maestri, dei precursori e abbiamo molto da insegnare a tutte le altre realtà, non solo europee ma del mondo. È quindi una scelta giusta quella di aiutare questo tipo di realtà produttive, come del resto è da affrontare a viso aperto la sfida degli alti prezzi energetici anche per le famiglie, perché la competizione e la concorrenza che ci devono essere tra i fornitori devono essere vere. Spesso sembra di assistere a una sorta di cartello: siamo quasi di fronte a un cartello nel nostro Paese, se guardiamo ai grandi gruppi che effettivamente possono fornire energia domestica alle nostre realtà familiari. Pertanto, anche in questo campo occorre una maggiore apertura, non avere paura della competizione e della concorrenza. Forse questa è la sfida più importante che deve essere fatta capire anche a chi negli altri Paesi europei ha grandi e grandissimi produttori di energia, in alcuni casi anche di proprietà dello Stato, che vogliono influenzare le politiche europee, magari condizionando l'azione dei loro Governi. Chi fa l'interesse dei produttori di energia, delle grandi società private, non fa l'interesse pubblico, perché, anche se è vero che una parte degli utili viene tassata e finisce nelle casse dello Stato, la stragrande maggioranza del beneficio finisce in tasche private. L'altra grande questione è relativa al fisco. Spero che gli indirizzi di maggiore integrazione e di solidarietà rafforzata, che saranno seguiti per quanto riguarda l'unione monetaria ed economica, siano tali da produrre effetti. Mi preoccupa solo il fatto che non venga utilizzato un modello sbagliato; vorrei cioè capire se il modello di riferimento sarà quello che abbiamo visto adottare in Grecia, quello dei Paesi cosiddetti PIGS o addirittura quello di Cipro: questi sono modelli che a noi non piacciono. Pensiamo ci debba e ci possa essere un'altra strada da percorrere e se lo farà, se accetterà questa sfida, ci troverà al suo fianco.
domenica, maggio 19, 2013
sabato, maggio 18, 2013
venerdì, maggio 17, 2013
giovedì, maggio 16, 2013
A PALAZZO CHIGI E’ GIA’ BANDIERA BIANCA?
di Giacomo
Stucchi
L’apertura di credito che la Lega Nord ha posto in essere nei confronti del governo Letta si è davvero esaurita. Dei tanti annunci del premier e dei suoi ministri, dal discorso di insediamento sino al ‘ritiro’ all’Abbazia, abbiano ormai chiaro che non uno di essi è destinato ad avere un seguito. Il governo è solo una foglia di fico per chi lo appoggia e vive alla giornata senza avere un quadro d’insieme degli interventi da attuare. Uno stallo micidiale che distrugge inesorabilmente ogni aspettativa di ripresa, sia per le migliaia di imprese con l’acqua alla gola, sia per milioni di famiglie che non spendono più semplicemente perché non hanno più cosa spendere. Basterebbe che il governo approvasse subito un provvedimento per permettere ai Comuni virtuosi, che hanno delle risorse da investire ma che non possono utilizzarle a causa dei vincoli di stabilità, di mettere in cantiere le opere pubbliche necessarie. Basterebbe applicare le norme attuative sul federalismo fiscale, a cominciare da quelle per l’adozione dei costi standard, che un improvvido governo tecnico ha celato per mesi nei cassetti, per liberare risorse economiche e garantire così il finanziamento di importanti misure sull’Imu o sull’occupazione. Basterebbe far partire subito i lavori sulla Convenzione per le riforme istituzionali anziché avviare una minibicameralina i cui tempi e risultati, temiamo, non siano quelli sperati. Basterebbero queste decisioni per dare ai cittadini un segnale di reale cambiamento e all’economia la possibilità di ripartire. Si continua invece a galleggiare lasciando tutti nel limbo dell’incertezza. La politica della sospensione e del rinvio però, ancorché frutto di una strategia di uno o di entrambi i principali partiti della coalizione di governo, magari per prendere tempo e aspettare che il Pd ritrovi la ragione di esistere e il Pdl invece il modo di salvare il “soldato Silvio” dalla trincea giudiziaria, non premierà e metterà soltanto Palazzo Chigi nelle condizioni di issare molto presto la bandiera bianca.
L’apertura di credito che la Lega Nord ha posto in essere nei confronti del governo Letta si è davvero esaurita. Dei tanti annunci del premier e dei suoi ministri, dal discorso di insediamento sino al ‘ritiro’ all’Abbazia, abbiano ormai chiaro che non uno di essi è destinato ad avere un seguito. Il governo è solo una foglia di fico per chi lo appoggia e vive alla giornata senza avere un quadro d’insieme degli interventi da attuare. Uno stallo micidiale che distrugge inesorabilmente ogni aspettativa di ripresa, sia per le migliaia di imprese con l’acqua alla gola, sia per milioni di famiglie che non spendono più semplicemente perché non hanno più cosa spendere. Basterebbe che il governo approvasse subito un provvedimento per permettere ai Comuni virtuosi, che hanno delle risorse da investire ma che non possono utilizzarle a causa dei vincoli di stabilità, di mettere in cantiere le opere pubbliche necessarie. Basterebbe applicare le norme attuative sul federalismo fiscale, a cominciare da quelle per l’adozione dei costi standard, che un improvvido governo tecnico ha celato per mesi nei cassetti, per liberare risorse economiche e garantire così il finanziamento di importanti misure sull’Imu o sull’occupazione. Basterebbe far partire subito i lavori sulla Convenzione per le riforme istituzionali anziché avviare una minibicameralina i cui tempi e risultati, temiamo, non siano quelli sperati. Basterebbero queste decisioni per dare ai cittadini un segnale di reale cambiamento e all’economia la possibilità di ripartire. Si continua invece a galleggiare lasciando tutti nel limbo dell’incertezza. La politica della sospensione e del rinvio però, ancorché frutto di una strategia di uno o di entrambi i principali partiti della coalizione di governo, magari per prendere tempo e aspettare che il Pd ritrovi la ragione di esistere e il Pdl invece il modo di salvare il “soldato Silvio” dalla trincea giudiziaria, non premierà e metterà soltanto Palazzo Chigi nelle condizioni di issare molto presto la bandiera bianca.
mercoledì, maggio 15, 2013
IL GOVERNO CONTINUA CON LA POLITICA DEGLI ANNUNCI
di Giacomo Stucchi
Il governo Letta continua a perseguire la strada dell’annuncio ma ancora
decisioni vere non se ne vedono. Uno stato di incertezza che preoccupa la
gente, che è poco interessata alle alchimie politiche dei palazzi romani e
rimane in attesa di risposte concrete. Sul fronte della riforme istituzionali,
per esempio, i tempi si allungano e il dibattito si complica. Dopo la
manifestazione di volontà del governo di voler procedere alla riforma della
legge elettorale, senza pensare prima a cambiare l’architettura dello Stato,
prendiamo atto adesso delle
dichiarazioni del ministro per le Autonomie, Graziano Delrio,
che in audizione in Commissione Affari Costituzionali al Senato ha detto, tra
l’altro, di voler "completare il federalismo amministrativo,
fiscale e demaniale”. “Abbiamo bisogno del federalismo fiscale – ha aggiunto
Delrio - per garantire che comuni e autonomie possano fruire di tributi propri.
Questo ragionamento deve essere accompagnato ovviamente da responsabilità".
Benissimo, allora perché non
adottare subito i costi standard nella Pubblica Amministrazione e
realizzare così un extragettito di miliardi di euro, come chiede da tempo la
Lega Nord? Risorse fresche che potrebbero finanziare le misure sull’Imu. Anche il governo, infatti, sembra essersi
reso conto che intervenire solo sulla prima casa non basta e che bisogna quanto meno sospendere il pagamento della rata
di giugno per i capannoni industriali, sugli uffici e le attività produttive e
commerciali. Senza le imprese l’economia non riparte e le casse pubbliche, se
continuano a chiudere le aziende,
perdono più soldi in termini di gettito fiscale di quelli che
recupererebbero con la stessa Imu. Ma nuove risorse devono essere utilizzate
anche sul fronte degli incentivi per le
assunzioni, che non basta prevedere solo per gli under 35; i quarantenni o cinquantenni
non possono essere abbandonati al loro destino. Incentivare le aziende ad assumere
giovani va benissimo, ma favorire il
reinserimento nel mondo del lavoro di chi, purtroppo, un’occupazione l’ha
persa, lo è altrettanto. Soprattutto quando il disoccupato ha moglie e figli a
carico.
venerdì, maggio 10, 2013
SORGE IL SOSPETTO CHE IL GOVERNO TIRI A CAMPARE
Non
sappiamo se l’annunciato ritiro dei ministri del governo
Letta in un’Abbazia può davvero contribuire a far raggiungere loro
gli
obbiettivi annunciati al Parlamento e all’opinione pubblica, dopo
il rinvio in CdM di importanti decisioni. Perché il
punto è proprio questo, il governo in carica ha degli obiettivi da
raggiungere o mira semplicemente a campare? Il quesito non è
peregrino
perché tra rinvii e sospensioni sorge il sospetto che c'è qualcuno
nella grande coalizione che sta
pensando di emulare deleterie pratiche politiche da prima
Repubblica; a
cominciare da quella per la spartizione delle poltrone
istituzionali,
cui nemmeno i “duri e puri” grillini si sono sottratti, alla quale
assistiamo da giorni. Dei due principali partiti di maggioranza,
però, quello messo peggio pare il Pd. Un partito dilaniato da
mille
correnti, che non riesce a darsi alcuna direttiva, difficilmente
può
incidere o determinare risultati di governo degni di nota.
Prendiamo,
non a caso ma per la gravità della situazione, la questione
dell’IMU. I dati evidenziano come, oltre
ai problemi per i proprietari di immobili adibiti ad abitazione,
esistono anche quelli per le imprese che il prossimo 17 giugno,
scadenza del primo versamento dell’odiata tassa per il quale al
momento
non è prevista nessuna sospensione, vedranno aumentare l’imposta per
gli immobili strumentali alle loro attività in una misura che in
alcuni
casi sfiora il 200 per cento! Un aumento spropositato dovuto all’
effetto devastante di un duplice inasprimento della pressione
fiscale,
il primo provocato sui valori fiscali di questi immobili previsto
nel decreto di montiana memoria e risalente a fine 2011, il
secondo
come effetto delle nuove aliquote locali operate dai singoli
Comuni
che, salvo rare eccezioni, si sono visti costretti a rivedere al
rialzo. Insomma, una vera e propria mazzata che si abbatte su
quelle
piccole e medie imprese che hanno resistito alla crisi ma che
adesso
non hanno più liquidità per far fronte a questo nuovo aumento
della
pressione fiscale. Una situazione che diventa dramma soprattutto
al
nord, dove il tessuto produttivo da tempo vede chiudere una
miriade di
aziende sopraffatte dalla crisi ma anche dalla politica vessatoria
del
governo centrale.
martedì, maggio 07, 2013
UN GOVERNO A PASSO DI GAMBERO
di Giacomo Stucchi
Nel Def approvato non c'è traccia di provvedimenti in aiuto di imprese e famiglie, o di quanto annunciato dal governo Letta in Parlamento per favorire la ripresa economica. Su questo passaggio però non ci sentiamo di mettere in croce il nuovo esecutivo che si è limitato a prendere atto di un lavoro già impostato dal governo uscente. Su tutto il resto, però, al momento non possiamo che constatare come il governo Letta stia procedendo a passo di gambero, uno avanti e due indietro. Sulla Convenzione, per esempio, la strana maggioranza è impegnata più a porre veti incrociati su chi debba presiederla che non a fare partire davvero i suoi lavori. Eppure non dovrebbe sfuggire a nessuno il fatto che le riforme, soprattutto quelle costituzionali, richiedono molti passaggi parlamentari e quindi il buon senso dovrebbe suggerire di procedere a passo spedito. Sull’abolizione, o riduzione, dell’Imu siamo poi nella nebbia più totale. La Lega Nord è certamente favorevole a una riduzione della pressione fiscale, compresa quelle sulle abitazioni, a patto però che non si lascino i Comuni senza risorse. Sul fronte dell’immigrazione gli annunci fatti dal ministro dell’Integrazione a favore dello ius soli, ma anche sull’abrogazione del reato di clandestinità, sono del tutto fuori luogo. Abbiamo già chiarito di non essere contrari alla creazione di un ministero per l'Integrazione, purché integrazione significhi soprattutto insegnare il rispetto per le norme vigenti. La Bossi-Fini è una buona legge che ha costituito un’efficace argine all’immigrazione clandestina e sino a quando le sue norme sono in vigore deve essere rispettata. Purtroppo, sul tema dell’immigrazione e sui provvedimenti in materia approvati a suo tempo dal centrodestra, il solito buonismo di circostanza della sinistra al governo vuol farci tornare indietro di oltre un decennio. Non abbiamo dubbi poi sul fatto che in un momento in cui la crisi continua a mordere, cancellando posti di lavoro e riducendo a lumicino la capacità di spesa delle famiglie, le aspettative di milioni di cittadini sono rivolte alla soluzione di questi problemi e non di altro.
Nel Def approvato non c'è traccia di provvedimenti in aiuto di imprese e famiglie, o di quanto annunciato dal governo Letta in Parlamento per favorire la ripresa economica. Su questo passaggio però non ci sentiamo di mettere in croce il nuovo esecutivo che si è limitato a prendere atto di un lavoro già impostato dal governo uscente. Su tutto il resto, però, al momento non possiamo che constatare come il governo Letta stia procedendo a passo di gambero, uno avanti e due indietro. Sulla Convenzione, per esempio, la strana maggioranza è impegnata più a porre veti incrociati su chi debba presiederla che non a fare partire davvero i suoi lavori. Eppure non dovrebbe sfuggire a nessuno il fatto che le riforme, soprattutto quelle costituzionali, richiedono molti passaggi parlamentari e quindi il buon senso dovrebbe suggerire di procedere a passo spedito. Sull’abolizione, o riduzione, dell’Imu siamo poi nella nebbia più totale. La Lega Nord è certamente favorevole a una riduzione della pressione fiscale, compresa quelle sulle abitazioni, a patto però che non si lascino i Comuni senza risorse. Sul fronte dell’immigrazione gli annunci fatti dal ministro dell’Integrazione a favore dello ius soli, ma anche sull’abrogazione del reato di clandestinità, sono del tutto fuori luogo. Abbiamo già chiarito di non essere contrari alla creazione di un ministero per l'Integrazione, purché integrazione significhi soprattutto insegnare il rispetto per le norme vigenti. La Bossi-Fini è una buona legge che ha costituito un’efficace argine all’immigrazione clandestina e sino a quando le sue norme sono in vigore deve essere rispettata. Purtroppo, sul tema dell’immigrazione e sui provvedimenti in materia approvati a suo tempo dal centrodestra, il solito buonismo di circostanza della sinistra al governo vuol farci tornare indietro di oltre un decennio. Non abbiamo dubbi poi sul fatto che in un momento in cui la crisi continua a mordere, cancellando posti di lavoro e riducendo a lumicino la capacità di spesa delle famiglie, le aspettative di milioni di cittadini sono rivolte alla soluzione di questi problemi e non di altro.