domenica, agosto 31, 2014
lunedì, agosto 25, 2014
domenica, agosto 24, 2014
venerdì, agosto 22, 2014
giovedì, agosto 21, 2014
venerdì, agosto 08, 2014
giovedì, agosto 07, 2014
A CAMBIARE VERSO DOVRA' ESSERE LA POLITICA DEGLI ANNUNCI DI RENZI
di Giacomo Stucchi
Leggo che l’anagramma del nome e cognome del premier è “mento a terzi”; e non esiste analisi politica sul personaggio che potrebbe essere più veritiera ed efficace. Qualche mese fa Renzi, insediatosi a Palazzo Chigi dopo aver defenestrato il suo compagno di partito Enrico Letta, aveva detto che avrebbe fatto cambiare verso al Paese; ma dopo i dati disastrosi sul Pil forniti dall’Istat viene da pensare che, se continua così, l’unico verso possibile sarà quello di farlo affondare. Solo adesso molti osservatori si chiedono se davvero le riforme costituzionali, tanto care al presidente del Consiglio, sono quelle che in questo momento servono all’economia, alle famiglie, alle imprese. Noi della Lega Nord non abbiamo mai avuto dubbi sul fatto che le priorità fossero altre. Come, per esempio, sapere se le tasse aumenteranno o meno; o se alla pubblica amministrazione poco seria, quella che sperpera il denaro pubblico e le risorse di tutti noi, verranno tagliate le unghie una volta per tutte; oppure se alla burocrazia, specializzata nel rimpallo di carte da un ufficio all’altro, verrà prosciugata l’acqua paludosa nella quale tiene il Paese; o se alle imprese verranno date tutte le agevolazioni possibili per assumere; e, infine, se si possa guardare ai prossimi mesi con tranquillità senza l’incubo di nuovi aumenti dei tributi locali o statali sulla casa. Ecco cosa farebbe ripartire il Paese, altro che bonus di qualche decina di euro! Alle cattive notizie sull’economia il premier ha invece reagito come farebbe uno spregiudicato giocatore di poker e, anziché fare mea culpa, ha rilanciato con la lettera ai parlamentari del Pd e con la prospettiva dei 1000 giorni a Palazzo Chigi. Una mossa che in realtà più che tranquillizzare i cittadini ha avuto lo scopo di rassicurare, in primis, i parlamentari del Pd; ma la sensazione è che per il premier il tempo della battute sia finito e che la sua politica degli annunci dovrà prestissimo cambiare verso.
martedì, agosto 05, 2014
Il GOVERNO DEL FARE NON NE AZZECCA UNA
di Giacomo Stucchi
L’attesa per i dati dell’Istat sul Pil del secondo trimestre dell’anno mette molto in apprensione Palazzo Chigi e non solo. Nonostante l’apparente disinvoltura del premier, infatti, da domani il Paese potrebbe essere ufficialmente in recessione, a dispetto delle previsioni del governo. E’ chiaro che ci auguriamo che non sia così ma il punto è che certi atteggiamenti del premier non finiscono mai di stupirci, in negativo. Qualunque sia il dato dell’Istat il punto è che esistono una miriade di segnali, dalle vacanze cancellate ai consumi ridotti al lumicino, che rendono palpabile la persistenza della crisi economica. Fare quindi polemica anche con la Confcommercio, che giustamente definisce quasi “invisibile” l’effetto bonus di 80 euro sui consumi, ha davvero dell’incredibile. Cosa ha fatto il premier per farli ripartire? Ha forse approvato un decreto per incentivare, davvero, le imprese ad assumere? No. Ha forse adottato un provvedimento, al di là della risibile riduzione dell’Irap, per abbassare in modo significativo la tassazione alle imprese? No. Ha forse tenuto sotto controllo i conti pubblici, magari adottando (come da tempo chiede la Lega Nord) l’immediata applicazione dei costi standard in tutta la pubblica amministrazione, per evitare gli sprechi e liberare risorse? Naturalmente no. Inoltre, come se non bastasse l’incapacità a porre un freno al debito, Renzi ha pure litigato con il Commissario della “spending review” Carlo Cottarelli; e, proprio in queste ore, pasticciato con gli emendamenti ai decreti, dalla Pubblica Amministrazione alla Competitività. Che dire poi del vergognoso dietrofront sul pensionamento, prima annunciato e poi bocciato, di circa 4 mila insegnanti? E infine, Renzi ha indovinato le priorità sulle quali intervenire per far uscire il Paese dallo stallo economico nel quale si trova? No, però è riuscito a impantanare il Parlamento in una sconclusionata riforma del Senato, i cui effetti vedremo solo tra qualche anno.