Giacomo Stucchi - Senatore Lega Nord Padania -

PENSIERI E IMMAGINI: vi presento il mio blog. Un modo per tenermi in contatto con gli elettori, con gli amici e con tutti coloro che, anche con opinioni diverse dalle mie, desiderano lasciare un loro commento. Grazie.

lunedì, marzo 31, 2008

Il Pd in evidente stato confusionale

di Giacomo Stucchi



Siamo davvero al rush finale. Cominciano questa settimana gli ultimi dieci giorni, o poco più, di campagna elettorale, durante i quali si decide la sorte delle prossime elezioni politiche ma soprattutto del futuro di tutti noi. Non vogliamo enfatizzare l’appuntamento, ma non c’è ombra di dubbio che dal risultato del 13 e 14 aprile prossimi, dipenderà gran parte del nostro destino per gli anni che verranno. La vittoria della Federazione della Libertà è dietro l’angolo, si sente nell’aria. Ma non bisogna abbassare la guardia e, soprattutto, credere di avere già la vittoria in tasca. Molti elettori non hanno ancora deciso e, quindi, bisogna convincerli. Parlando con la gente, non importa se si tratta di cittadini che in passato ti hanno dato il voto o che non hanno scelto il tuo partito, avverti che questa volta c’è la volontà di cambiare. Quelli del Pd lo sanno bene e, infatti, si trovano in un evidente stato confusionale. Il presidente del Consiglio in carica ha rinunciato, addirittura, alla tradizionale conferenza stampa di commiato. Ufficialmente per non dare la possibilità al capo dell’opposizione di avere poi la legittimità per farla a sua volta, ma la realtà è che, sino all’ultimo, la dirigenza del Pd continua nella sua strategia di tacitare chiunque abbia avuto a che fare con la precedente, fallimentare, esperienza del Governo Prodi. Walter “volemosebene” Veltroni fa l’affabile, ma in questa campagna elettorale ha ridotto la vecchia classe dirigente di Ds e Margherita, che è tutta schierata nelle liste del Pd, all’afonia politica. Non gli consente né di parlare, né di apparire in televisione, né di rilasciare un intervista. A Prodi, come detto, è stato negato persino il commiato, perché immaginate che impatto sarebbe per gli elettori, soprattutto per i tanti di coloro che sono ancora indecisi su chi far confluire il proprio voto, vedere in televisione la faccia del Professore rivendicare improbabili meriti e, magari, accostare la sua azione politica al Pd. Per il candidato premier della sinistra sarebbe il colpo di grazia. Dal canto suo, Veltroni, che aveva sempre detto di volersi rimettere alla volontà degli elettori, lasciando quindi intendere che se avesse perso si sarebbe potuto anche mettere da parte, ha cominciato già a fare dietro front. Avvicinandosi inesorabile la sconfitta il segretario del Pd, ha cominciato a dire che, anche se dovesse perdere, resterebbe al suo posto per chissà quanto. Insomma, chi lo vedeva già in Africa, magari a scrivere libri, dovrà ancora aspettare. “Delle mie passioni – ha detto infatti l’Obamadenoantri – mi occuperò quando sarà il momento, per ora resto alla guida del Pd perché così ha voluto il popolo delle primarie”. Mette già le mani avanti l’ex sindaco di Roma, per la verità più con i suoi compagni di partito che non con gli avversari politici, e rivendica di essere pienamente legittimato a guidare il Pd, qualunque sia il responso delle urne. Si tratta, al contempo, di un segnale di debolezza ma anche di rivendicazione di leadership. Di debolezza, perché per la prima volta il candidato premiere del Pd ammette l’ipotesi della sconfitta; di rivendicazione, perché a chi nel suo partito, e sono in tanti, sta già affilando le armi in attesa della resa dei conti, manda a dire che, comunque vada, a mettersi da parte non ci pensa nemmeno.

Mercato di Seriate


Gazebo del 31 marzo 2008. Grazie. Forza Lega

domenica, marzo 30, 2008

Comizio a Ghisalba


Domenica 30 marzo 2008. Comizio con il Sen. Pirovano. Padania Libera. Grazie a tutti gli attivisti di Ghisalba

sabato, marzo 29, 2008

Castello Colleoni a Solza. Manifestazione Lega Nord


Sabato 29 marzo 2008. Un passo indietro nella storia per ricordare le nostra radici. Grazie a tutti. Padania Libera

venerdì, marzo 28, 2008

Mercato di Stezzano


Venerdì 28 marzo 2008. Grazie a tutti i militanti di Stezzano. Forza Lega

Per “par condicio” Berlusconi non va in televisione

di Giacomo Stucchi


Davvero si può credere al fatto che la decisone di Walter Veltroni, di non andare nel salotto televisivo di Bruno Vespa, dipenda da una sorta di reminiscenza democratica del candidato premier del Pd, ansioso di incontrare l’avversario Silvio Berlusconi in tv, per il bene dei cittadini? Penso proprio di no. Il fatto è che più passano i giorni di questa lunga campagna elettorale, più l’ “Obamadenonatri” ha nella sua faretra sempre meno frecce e, quindi, quelle poche chi gli sono rimaste non vuole sprecarle. Se Veltroni avesse avuto veramente a cuore il confronto televisivo con il suo avversario, lo avrebbe chiesto sin dall’inizio della campagna elettorale. Nelle scorse settimane, invece, quando gli faceva comodo sproloquiare in televisione sulla “straordinaria novità” della politica rappresentata dal Partito democratico, non si è mai posto il problema. E’ sempre andato in tv, senza incontrarsi con il leader della Federazione della Libertà. Io non credo che Berlusconi, che tra l’altro è un maestro della comunicazione televisiva, e che ha inventato la tv privata in Italia, abbia alcuna difficoltà ad incontrare il segretario del Pd. Peraltro, sarebbe l’occasione buona per fargli presente come il suo partito abbia ripresentato i “soliti noti” del centrosinistra, mettendo dentro i ministri e sottosegretrai del Governo Prodi. Ma il punto è un altro, e attiene ad una questione di principio. Come già detto, non si può essere, su una questione così delicata, qual è quella delle regole dell’informazione in campagna elettorale, ondivaghi. Oggi, cioè, mi va bene andare in tv senza un confronto, domani però è un altro giorno e si vedrà. No, non funziona così. Le regole, quando ci sono, devono valere sempre, all’inizio e alla fine della campagna elettorale. Allora, tanto varrebbe togliere di mezzo questa assurda legge, che non ha eguali nelle democrazie di tutto il mondo, e lasciare libera l’informazione di fare il proprio lavoro. Non dimentichiamoci che ad aver voluto questa legge della par condicio è stato proprio il centro sinistra che, alla fine, (soprattutto per noi della Lega Nord) si è trasformata in una non par condicio, che obbliga i conduttori televisivi di trasmissioni di approfondimento politico ad attribuire, in campagna elettorale, pari visibilità tanto al candidato della coalizione con il 40 e più per cento dei voti quanto a quello del partito con lo 0,5 per cento. Una legge controversa che adesso, però, il Pd non rivendica per garantire spazio a tutti i candidati in lizza, ma solo per impedire a Berlusconi di andare in televisione, perché se Veltroni si rifiuta di andare a Porta a Porta, succede che, per par condicio, non potrà andarci nemmeno il candidato premier del centrodestra. Si tratta del solito guazzabuglio, nel quale la sinistra è maestra a districarsi e che, però, alla fine della fiera, impedisce al leader dell’opposizione di andare in onda in una trasmissione di un canale della tv pubblica, che così non è più pubblica ma al servizio del Partito democratico.

giovedì, marzo 27, 2008

Il Pd come il Politburo

di Giacomo Stucchi

Quelli del Partito democratico sono davvero alla frutta. Stanno perdendo la testa e non riescono più a mantenere il finto aplomb, che all’inizio della campagna elettorale si erano imposti di avere, perché il giorno della verità si avvicina e i segnali sono implacabili. Tutti i sondaggi, non solo quelli demoscopici, ma anche quelli che chiunque può ricavare ascoltando l’opinione della gente, dicono che non solo ad oggi non c’è alcuna rimonta significativa del Pd sulla Federazione della Libertà ma che, al contrario, per Veltroni potrebbero esserci tempi duri se non dovesse superare la fatidica soglia del 35 per cento. E allora, avranno pensato al loft (la vellutata sede dei pidiini), in queste due settimane che rimangano prima del voto, che bisogna tentare il tutto per tutto anche a costo di spararle grosse. Ha dato così inizio alle danze il coordinatore, e braccio destro di Walter “Volemosebene” Veltroni, Goffredo Bettini, che in una dichiarazione, tra le tante cose opinabili, ha detto di “non credere ai dirigenti che valgono per tutte le stagioni, siano essi vincenti o perdenti: questa – ha aggiunto – è un'altra grande patologia italiana”. Beh, forse in un altro momento non avremmo risposto alle affermazioni di Bettini. Oggi, però, anche alla luce del nostro approfondimento sui candidati del Pd alla Camera e al Senato, pubblicato su la Padania in più puntate, non possiamo evitare di ricordare al coordinatore del Pd come la classe dirigente del suo partito sia sempre la stessa da molti anni. Inoltre, nei nostri articoli abbiamo dimostrato, con nomi e cognomi, e qualche volta anche con il curriculum dell’interessato, come nel Pd siano stati candidati tutti i ministri uscenti del governo Prodi, e buona parte dei sottosegretari, e che la vecchia classe dirigente di Ds e Margherita sia quasi per intero schierata, in pole position, in tutte le circoscrizioni elettorali. Di quale “patologia” parla quindi Bettini? Forse, di quella del suo partito. La verità è che “l’Obamadenoantri”, andando in giro con il suo pullman nelle città italiane, ha giocato in queste settimane a fare l’incantatore di serpenti. Veltroni, calando un velo pietoso sull’esperienza del Governo Prodi, ha giocato la sua partita e, con il suo buonismo peloso, ha cercato di far dimenticare ai cittadini i disastri e le responsabilità del centrosinistra al Governo. Ma non gli è andata bene, perché nonostante in questa campagna elettorale, salvo qualche rara eccezione, i vari D’Alema, Fassino, Rutelli, Turco, Bindi, Franceschini, Di Pietro, Bonino, Bersani, De Castro, Damiano, Gentiloni, Minniti, Parisi, Melandri, Letta, e molti altri ancora, siano stati tenuti in salamoia, la gente non ha abboccato. I cittadini hanno capito che questi li ritroveranno tutti in Parlamento, dove continueranno ad occupare la poltrona. Addirittura alcuni se la sono già scambiata, chi si propone come candidato sindaco molla quella da ministro e viceversa. Ecco perché viene da dire che se è vero che Berlusconi si è candidato a premier per cinque volte, come Le Pen, allora quelli del Pd sono come il Politburo, l'Ufficio Politico del Partito Comunista russo, che è rimasto inamovibile per quasi tre quarti di secolo.

mercoledì, marzo 26, 2008

Pd, parità dei sessi tra i “soliti noti”

di Giacomo Stucchi

Il nostro approfondimento sui candidati del Partito Democratico, che oggi giunge alla quinta e ultima puntata, ha dimostrato come quelli davvero neofiti della politica siano davvero pochi. Con ciò non intendiamo mettere in discussione la libera scelta, di ogni schieramento politico, di mettere in lista chi vuole. Il punto è un altro. La valutazione, che soprattutto l’elettore dovrebbe fare, attiene infatti alla circostanza che mentre il candidato premier del Pd dice una cosa, e cioè di aver rinnovato la classe dirigente del Pd, invece ne fa un’altra, confermando i “soliti noti” in tutte le circoscrizioni della Penisola e mettendo dentro tutti i ministri, ma anche moltissimi sottosegretari, del Governo Prodi. Per quanto ci riguarda, Walter “volemosebene” Veltroni può candidare chi vuole, ma deve assumersene la responsabilità e non prendere in giro la gente, sostenendo di aver lasciato fuori la vecchia classe politica. Perché così non è, anzi è vero esattamente il contrario. Nella campagna elettorale in corso, da più parti, direi opportunamente, si è fatto spesso riferimento alla necessità di rifarsi ai valori, quali la serietà, la sincerità, l’onestà. Beh, credo che “l’Obamadenoantri”, da questo punto di vista, sia partito con il piede sbagliato. Basta vedere in televisione le trasmissioni politiche per rendersi conto che per un Matteo Colaninno che va in video, c’è sempre un Fassino accanto a fargli da tutor. E se questi volti nuovi non sono “sotto tutela” in uno studio televisivo, figuriamoci in Parlamento. In quella sede saranno tutti marcati stretti. Tornando alla nostra ricerca, a proposito di Fassino, è quasi scontato ricordare che l’ex segretario dei Ds è capolista alla Camera nella circoscrizione Piemonte 1. Ma c’è di più. Infatti, poichè nel Pd vige la parità dei sessi, ad essere in lista non c’è solo Piero ma anche la consorte, Anna Serafini, che infatti è candidata al Senato in Sicilia, in una blindatissima quarta posizione. Ma in casa Fassino sono abituati ad essere almeno in due in Parlamento, visto che già nella precedente legislatura i due coniugi sedevano uno a Montecitorio e l’altra a Palazzo Madama. Anche la moglie del governatore della Campania Bassolino, Anna Maria Carloni, è candidata al Senato in Campania, in una sicurissima terza posizione. Anche in questo caso, precisiamo che non abbiamo assolutamente nulla contro la signora Bassolino, ma certo se le colpe dei padri non ricadono sui figli, almeno le vergogne dei mariti dovrebbero consigliare alle mogli di non andare in Parlamento! Bassolino, infatti, a causa della tragedia dei rifiuti, è corresponsabile, tra l’altro, della più grave crisi degli ultimi decenni nel settore del turismo, da sempre una risorsa trainante per tutta l’economia campana. Come fa il governatore della Campania, già sindaco di Napoli, a non sentire la necessità di mettersi da parte? Sempre per restare tra le candidature al femminile, c’è poi la riconferma della ministra per la salute, Livia Turco, capolista alla Camera in Abruzzo. I cittadini non la ricorderanno per aver migliorato il settore della sanità, ma di certo non scorderanno che fu proprio con la Turco ministro, che nel 2007 si introdusse il ticket di 10 euro per ogni impegnativa o visita specialistica. Infine, in lista anche il ministro della pubblica istruzione, Giuseppe Fioroni, già parlamentare della Margherita e artefice dell’ennesima riforma della scuola. Con lui il Pd è stato molto generoso, offrendogli una doppia candidatura: in seconda posizione alla Camera, nella circoscrizione Lazio 2, e addirittura capolista, sempre alla Camera, in Sicilia.

martedì, marzo 25, 2008

Pd, i “soliti noti” hanno litigato anche a Pasqua

di Giacomo Stucchi

Neppure le vacanze della Santa Pasqua sono servite a calmare gli animi all’interno del Partito democratico che, nonostante la propaganda del suo leader e candidato premier Walter “volemosebene” Veltroni, porta con sé tutte le vecchie contraddizioni del centrosinistra. Dalla Bonino, che rivendica un maggior spazio per i radicali, agli alleati scomodi, come Di Pietro, che non ha gradito il “niet” alla sua mai sopita aspirazione a fare il ministro di Grazia e Giustizia, per non parlare poi dei tanti, troppi, mal di pancia nella stessa classe dirigente del Pd, ce n’è abbastanza per intravedere in quel partito un futuro denso di nubi. Il fatto è che il giorno delle elezioni si avvicina, siamo ormai al rush finale, ma tutti i segnali continuano ad essere sfavorevoli all’ “Obamadenoantri”. Walter Veltroni, infatti, non è riuscito nel suo gioco di prestigio sul quale, probabilmente, puntava molto per risalire la china. Ovvero, spacciare ai cittadini per nuovo ciò che non lo è. Nei giorni scorsi, con la nostra ricerca sulle liste dei candidati del Pd alla Camera e al Senato, che continua oggi con la quarta puntata, abbiamo ampiamente dimostrato come in quel partito di nuovo non ci sia proprio nessuno. La maggior parte dei nomi in lizza sono della vecchia classe dirigente di Ds e Margherita e, quindi, niente lascia sperare che, una volta eletti, questi parlamentari possano appoggiare un Governo molto dissimile da quello che, purtroppo, abbiamo già sperimentato in questi ultimi mesi. Così accadrà, per esempio, in economia. Vi ricordate le liberalizzazioni delle licenze dei taxi, le lunghe lotte con le categorie di notai, avvocati e farmacisti? Ebbene, il fautore di tutte quelle iniziative, i cui vantaggi per i cittadini qualcuno ci deve ancora spiegare, è ancora lì. Pier Luigi Bersani, infatti, è stato premiato con un bel posto di capolista alla Camera, in Emilia Romagna, e se avrà responsabilità di governo siate certi che ci riproporrà altre “lenzuolate” di inutili provvedimenti. Per la cronaca, al secondo posto della stessa lista, ci sta invece l’attuale vice di Veltroni, Dario Franceschini, un altro che non è certo nuovo nel centrosinistra. Sempre per la Camera, ma nella circoscrizione Lazio 1 e al terzo posto, troviamo poi un altro protagonista del governo Prodi, il ministro delle Comunicazioni Paolo Gentiloni, fedelissimo di Francesco Rutelli, che sarà ricordato più per l’occupazione delle poltrone in Rai che non per le sue annunciate, ma mai realizzate, riforme del sistema radiotelevisivo. Altra “vecchia conoscenza” è poi il ministro per le Politiche Agricole e Forestali, Paolo De Castro, capolista al Senato in Puglia. De Castro, già ministro nel primo e nel secondo governo D'Alema, è stato consigliere economico a Palazzo Chigi con Romano Prodi e special advisor del Presidente della Commissione Europea, guidata dallo stesso Prodi. Anche nel suo caso non c’è nulla di nuovo, il suo curriculum è rigorosamente targato Ds! Doppia candidatura, invece, per il ministro del Lavoro e della Previdenza Sociale, Cesare Damiano, capolista per la Camera in Friuli Venezia Giulia e, al secondo posto, sempre alla Camera, nella circoscrizione Piemonte 2. Anche nella storia politica di Damiano troviamo esperienze nei Ds, come responsabile del Dipartimento Lavoro e Professioni, nella segreteria nazionale DS, ma anche come deputato dell’Ulivo, eletto nel 2006. Insomma, questi nuovi candidati di cui parla Veltroni, non si trovano neppure con la lente d’ingrandimento, e quella del “rinnovamento” del Pd è una favoletta alla quale non crede proprio nessuno.

domenica, marzo 23, 2008

VOTA LEGA NORD

sabato, marzo 22, 2008

AUGURI A TUTTI

AUGURI DI BUONA PASQUA A TUTTI VOI

E NELL'UOVO... TANTI VOTI PER LA LEGA NORD


CIAO

venerdì, marzo 21, 2008

Partito democratico, scialuppa di salvataggio per le solite facce

di Giacomo Stucchi

Si può andare giù e su, per le circoscrizioni elettorali nelle quali è divisa la penisola, ma a scorrere le liste dei candidati alla Camera e al Senato del Partito Democratico, si fa davvero fatica a trovare nomi nuovi in posizioni di rilievo. Siamo giunti alla terza puntata del nostro viaggio nelle liste del Pd, ma il risultato è sempre lo stesso: dal nord alle isole, da est a ovest, quasi tutti i componenti del Governo Prodi sono candidati in posizioni di primo piano. Tra ministri e sottosegretari uscenti, considerando anche il fatto che l’esecutivo del Professore è il più numeroso della storia repubblicana, rimane quindi poco spazio per quelle nuove leve che l’Obamadenoantri dice di voler portare in Parlamento per “svecchiare” la classe politica. In realtà, come abbiamo visto anche negli articoli dei giorni scorsi, Veltroni ripropone buona parte della vecchia guardia dei Ds e della Margherita, salvo mettere, in pochissimi casi, qualche candidato forse nuovo alla politica, ma sicuramente ignaro di fungere solo da specchietto per le allodole. Così al sud, la fa da padrone il ministro degli Affari Esteri, Massimo D’Alema, che è candidato alla Camera, nella circoscrizione Campania 1 e in Puglia. Manco a dirlo, in entrambi i casi, il “leader Maximo” è capolista. Spazio anche per un sottosegretario agli Esteri, il senatore dell’Ulivo Gianni Vernetti, candidato alla Camera nella circoscrizione Piemonte 1. Scorrendo il nostro elenco di ministri e sottosegretari in carica, ci imbattiamo, finalmente, in un ministro che non è candidato, ma solo perché si è autoescluso. Si tratta del titolare del ministero dell’Interno, Giuliano Amato, che ha deciso di farsi da parte. Ma non c’è neppure il tempo di compiacersi che ci accorgiamo che, per un ministro che non si mette in lista, ci sono però il suo vice, più due sottosegretari all’Interno. Si tratta di Marco Minniti, premiato con un bel posto di capolista alla Camera, in Calabria, ma anche di Marcella Lucidi, candidata alla Camera nella circoscrizione Lazio 1, in ventesima posizione, e di Ettore Rosato, anche lui alla Camera, ma in Friuli, in quarta posizione. Non poteva poi mancare un fedelissimo di Prodi, ovvero il responsabile della Difesa Arturo Parisi. Anche per lui un bel posto di capolista alla Camera in Sardegna, dove dovranno ancora aspettare qualche anno per vedere una faccia nuova nel Pd. Ma il ministro della Difesa non bastava, così hanno pensato bene di candidare anche un sottosegretario, Giovanni Lorenzo Forcieri, che infatti è in lista alla Camera in Liguria. Tra gli esclusi c’è poi un protagonista assoluto del Governo Prodi, ovvero il responsabile dell’Economia e delle Finanze Tommaso Padoa Schioppa, colui che disse ai cittadini “che pagare le tasse è bello”, ma anche l’artefice di buona parte della politica economica di Palazzo Chigi, tutta incentrata sull’inasprimento della pressione fiscale. Per la verità, in questo caso si tratta di un ministro tecnico, non direttamente riconducibile al Pd, ma certo metterlo in lista, ancorché nella più lontana delle circoscrizioni elettorali dell’estero, sarebbe stato un atto di masochismo politico che nemmeno Veltroni si è sentito di compiere. Ma l’elenco dei vecchi nomi della politica del centrosinistra, che hanno trovato ampio spazio nelle liste del Pd, nonostante i proclami propagandistici sulla bontà del cambiamento, è ancora lungo e continua nei prossimi giorni.

giovedì, marzo 20, 2008

Partito democratico, continua l’elenco dei “soliti noti”

di Giacomo Stucchi

Continua il nostro approfondimento alla ricerca dei candidati “nuovi” nelle liste del Partito democratico. Un compito che, per la verità, si è subito rivelato improbo, dal momento che un po’ dappertutto sono presenti sempre i “soliti noti”. Nonostante il tanto strombazzato rinnovamento, che Walter “volemosebene” Veltroni rivendica in tutti i suoi comizi, noi continuiamo ad avere difficoltà a trovare nelle liste del suo partito volti nuovi. Non lo è di certo, per esempio, il ministro per l’attuazione del programma di Governo, Giulio Santagata, che però è candidato alla Camera in Campania, in una posizione di tutto rispetto. Più o meno lo stesso trattamento riservato alla ministra per i diritti e le pari opportunità, Barbara Pollastrini, schierata alla Camera, nella Circoscrizione Lombardia 1. Bisognava premiarla, avranno forse pensato quelli del loft, per aver tenuto banco, per più di un anno, con l’ormai famigerato provvedimento sui Dico. Per mesi e mesi, infatti, il disegno di legge, che avrebbe dovuto regolamentare lo status giuridico delle coppie di fatto, sembrava essere diventato il fulcro di tutta l’azione di Governo. Ma poi, come è spesso accaduto durante tutta l’esperienza del Governo Prodi, ai fiumi di parole non sono seguiti i fatti, e i Dico sono rimasti lettera morta. Tornando alla nostra ricerca, non può certo essere considerata una new entry della politica la ministra per le politiche giovanili e le attività sportive, Giovanna Melandri. Per lei, addirittura, due collocazioni: una in Liguria, come capolista alla Camera, e l’altra nella circoscrizione Lazio 1, sempre alla Camera, in ottima posizione. Chi non seguisse la politica, potrebbe pensare che un simile riconoscimento derivi dalle molte iniziative prese dalla Melandri a favore dei giovani, o nel settore dello sport. In realtà, fatta eccezione per le comparsate in televisione, e per la sua onnipresenza alle partite degli Azzurri durante il campionato mondiale di calcio in Germania, nell’estate del 2006, si fa davvero fatica a ricordarla per qualcosa di valido nei suoi settori di competenza. All’insegna del “rinnovamento” è pure la candidatura di Giovanni Lolli, in seconda posizione in Abruzzo per un posto alla Camera. Lolli, oltre ad essere sottosegretario dello stesso ministero della Melandri, è stato già deputato, nel 2001-2006, ed ha un curriculum di tutto rispetto come ex esponente del Partito Comunista Italiano e segretario regionale del PCI in Abruzzo. Insomma, un “neofita” della politica. Doppia candidatura anche per la ministra delle politiche per la famiglia, Rosy Bindi, che in questa campagna elettorale si divide tra gli elettori della Toscana, dove è candidata alla Camera, e quelli della circoscrizione Veneto 2, dove, sempre per la Camera, ha l’onore di essere capolista. Anche per lei, quindi, nel segno del “rinnovamento” voluto da Walter “volemosebene” Veltroni, si prospetta un ritorno in Parlamento. Sempre al nord, ma in Piemonte, capolista al Senato troviamo un’altra donna, nonché ministra del Governo Prodi: la responsabile per le politiche europee Emma Bonino. Per la verità, nelle ultime settimane, la Bonino, insieme ad un altro “giovane” della politica, Marco Pannella, è balzata agli onori delle cronache più per le estenuanti trattative per le cadreghe sicure, che non per le sue iniziative politiche. I radicali, si sa, sono fatti così. Grandi riformatori, ma anche eccellenti conservatori delle poltrone. Ma l’elenco continua…

mercoledì, marzo 19, 2008

Partito democratico, sono sempre gli stessi

di Giacomo Stucchi

Ci siamo chiesti perché, in questa campagna elettorale, il candidato premier del Partito democratico Veltroni, è sempre solo sul palco nei comizi e non è quasi mai accompagnato, per esempio, dai capolista alla Camera e al Senato. Salvo rare eccezioni, come nella tappa in Veneto, nella quale Walter “volemose bene” Veltroni aveva al suo fianco l’imprenditore Massimo Calearo, o come a Torino, con l’operaio della Thyssen Antonio Boccuzzi, il segretario del Pd sta sempre da solo. Forse la ragione consiste nel fatto che, avendo sbandierato ai quattro venti che la principale caratteristica del suo partito consisteva nella novità, avere al proprio fianco quasi tutti i ministri e sottosegretari uscenti, che sono candidati dappertutto in ottime posizioni, non era né popolare né coerente. E allora, come si dice, meglio soli che male accompagnati. Quali sarebbero, infatti, questi volti nuovi del Pd? Abbiamo provato a fare una piccola ricerca, che chiunque, se vuole e ne ha il tempo, può approfondire. Procuratevi l’elenco dei ministri e sottosegretari uscenti, quelli del Governo Prodi attualmente in carica, tanto per intenderci. Dopo di che scaricate dal sito internet del Partito democratico, le liste dei candidati alla Camera e al Senato, alle elezioni del 13 e 14 aprile prossime. Adesso, con la funzione trova, cimentatevi a cercare quanti, degli attuali componenti dell’esecutivo, sono presenti nelle liste e in che posizione. Salvo errori ed omissioni, o casi di omonimia, scoprirete che a tutti, o quasi, componenti del Governo Prodi, è stata garantita la cadrega nella prossima legislatura. Provare per credere. Enrico Letta, deputato e sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio. I lettori lo ricorderanno per i suoi interventi in televisione, ma anche per essere sempre stato al fianco del presidente Prodi in tutte le conferenze stampa a Palazzo Chigi. Insomma, si tratta di un esponente che non è proprio l’ultimo arrivato e che certo avrà avuto un ruolo nell’assunzione di tutte le brillanti decisioni del Governo negli ultimi due anni. Ebbene, per premiarlo, lo hanno candidato alla Camera nella circoscrizione Lombardia 2. Non meno riguardi sono stati usati poi nei confronti del vicepresidente del Consiglio, e ministro per i Beni e le Attività culturali, Francecso Rutelli. Nel suo caso però il Pd è stato, se possibile, ancora più generoso. Come riconoscimento per i suoi “alti meriti” nel campo della cultura, gli è stato infatti passato il testimone di candidato a sindaco di Roma, ma anche, visto che con l’aria elettorale che tira non si può mai saper come andrà a finire, un bel posto in pole position al Senato nella sicura e tranquilla Umbria, tradizionale roccaforte del centrosinistra. Sempre al Senato, ma un po’ più su, in Toscana, è stato invece candidato il ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali, Vannino Chiti. Un fronte, quello delle riforme, dove non si è mosso praticamente nulla ma si sono pronunciate soltanto parole, parole e ancora parole. Più o meno lo stesso risultato che si è avuto nel settore delle riforme e delle innovazioni nella Pubblica Amministrazione. Eppure, il responsabile di quel dicastero, Luigi Nicolais, è stato premiato con un bel posto in lista alla Camera, nella circoscrizione Campania. E che dire, poi, della ministra per gli Affari regionali e le autonomie locali, Linda Lanzilotta? Sfido chiunque a ricordare un solo provvedimento del suo ministero degno di nota. Anche per lei, però, un bel posto in lista alla Camera, nella circoscrizione Lombardia 1. Qualcuno potrebbe pensare, che l’elenco sia finito. Invece no, la lista è ancora molto lunga ed è per questo che la proporremo ai lettori a puntate. Quella di oggi è la prima, ma ci sono ancora tante altre “sorprese”.

martedì, marzo 18, 2008

Per Bergamo, tre cose su cui è necessario il massimo impegno a livello centrale: lavoro, sicurezza e infrastrutture :


di Giacomo Stucchi



Lavoro, sicurezza e infrastrutture. Sono questi i fronti sui quali anche una provincia dinamica come Bergamo può far poco se non è coadiuvata, stante la situazione costituzionale attuale, da interventi realizzati e decisi a livello centrale. La tutela dei livelli occupazionali, per via della crisi di un numero sempre maggiore di aziende, incide in modo negativo sul tessuto sociale ed economico orobico e non può essere considerato un fatto risolvibile solo con interventi attuati in ambito locale. Si tratta, infatti, di una battaglia impari perché bisogna fare i conti con sistemi produttivi che stanno nel mercato senza alcuna regola e, soprattutto, senza alcun vincolo. Mi riferisco alla concorrenza cinese, indiana, e dell’Europa dell’est che, sfruttando una mano d’opera quasi a costo zero, riesce ad immette sul mercato valanghe di prodotti a prezzi bassissimi. Quando si propongono, come facciamo noi, quote di importazione, o altre misure “protezionistiche” nel rispetto dei trattati internazionali in vigore, nella sostanza si evidenzia una via per tutelare il destino delle nostre fabbriche e dei lavoratori che in esse operano, e questi ultimi, in particolare, non possono finire stritolati - economicamente e fisicamente - dalla competizione globale, che obbliga tutte le aziende al massimo risparmio sui costi di produzione.

Allo stesso modo, cambiando problematica, non è possibile che noi, da soli, senza interventi assunti a livello centrale, si possa pensare di controllare il territorio provinciale con l’attuale numero di agenti di pubblica sicurezza e di carabinieri in attività. L’impresa appare ancora più ardua se si considera che due anni di politica buonista del Governo Prodi (il gemello politico di Walter Veltroni) hanno fatto incrementare in modo impressionante il numero degli immigrati clandestini presenti nella nostra provincia i quali, lo riportano quotidianamente i media, sono ormai i soli protagonisti delle azioni criminali poste in essere nella bergamasca. Occorre quindi ottenere da Roma un aumento dell’organico delle forze dell’ordine e metterle nelle condizioni di poter fare al meglio il loro lavoro. Da ultimo, ma non certamente per importanza, vista la situazione attuale delle nostre comunità, ritengo doveroso che si operi – nell’attesa di un vero federalismo fiscale - al fine di ottenere la “restituzione” di una quota significativa delle imposte pagate dalla nostra gente per poterle impiegare nella realizzazione di un’adeguata rete di infrastrutture. In altre parole, lavorare per ottenere più stanziamenti dagli enti romani per costruire nuove strade nella bergamasca cominciando da quelle zone – Valle Brembana e Val Cavallina - in cui la situazione è ormai al collasso. E l’esperienza recente della nuova strada della Valle Seriana, pur senza promettere miracoli, ci insegna che è possibile ottenere qualcosa di concreto. stesso modo, cambiando problematica, non è possibile che noi, da soli, senza interventi assunti a livello centrale, si possa pensare di controllare il territorio provinciale con l’attuale numero di agenti di pubblica sicurezza e di carabinieri in attività. L’impresa appare ancora più ardua se si considera che due anni di politica buonista del Governo Prodi (il gemello politico di Walter Veltroni) hanno fatto incrementare in modo impressionante il numero degli immigrati clandestini presenti nella nostra provincia i quali, lo riportano quotidianamente i media, sono ormai i soli protagonisti delle azioni criminali poste in essere nella bergamasca. Occorre quindi ottenere da Roma un aumento dell’organico delle forze dell’ordine e metterle nelle condizioni di poter fare al meglio il loro lavoro. Da ultimo, ma non certamente per importanza, vista la situazione attuale delle nostre comunità, ritengo doveroso che si operi – nell’attesa di un vero federalismo fiscale - al fine di ottenere la “restituzione” di una quota significativa delle imposte pagate dalla nostra gente per poterle impiegare nella realizzazione di un’adeguata rete di infrastrutture. In altre parole, lavorare per ottenere più stanziamenti dagli enti romani per costruire nuove strade nella bergamasca cominciando da quelle zone – Valle Brembana e Val Cavallina - in cui la situazione è ormai al collasso. E l’esperienza recente della nuova strada della Valle Seriana, pur senza promettere miracoli, ci insegna che è possibile ottenere qualcosa di concreto.


PUBBLICATO SU BERGAMO SETTE DEL 20 MARZO 2008

venerdì, marzo 14, 2008

Lega Nord e Pdl, garanzia di stabilità

di Giacomo Stucchi



Possiamo fare tutte le polemiche che vogliamo, discutere sull’attendibilità di questo o di quel sondaggio, dibattere sui numeri del deficit pubblico, ma una cosa può essere considerata un dato oggettivo, ovvero che la stabilità di Governo è indispensabile per poter raggiungere risultati concreti. Almeno su questo aspetto, centrodestra e centrosinistra, concordano. Sull’importanza della stabilità esistono, peraltro, un infinità di riferimenti da parte delle istituzioni comunitarie, alle quali il Partito democratico dovrebbe essere molto sensibile. Tutto ciò premesso, è evidente quindi che tra i due contendenti politici in campo, il Partito democratico e la Federazione della Libertà, a dare più garanzie in tal senso è il centrodestra. Il cui leader, Silvio Berlusconi, ha potuto governare per una intera legislatura (2001-2006) senza interruzioni di sorta. Certo, nella coalizione non sono mancate le discussioni, ogni alleato, in alcune occasioni, ha difeso il proprio il suo punto di vista, ma si è trattato pur sempre di peccati veniali, che non hanno mai messo a rischio la stabilità dell’Esecutivo. La Lega Nord, poi, ha fatto sino in fondo la propria parte, non venendo mai meno agli impegni presi con gli elettori. Tanto è vero che si è potuto portare a compimento una riforma costituzionale, che richiede una procedura legislativa lunghissima, che mai nessun partito o schieramento era riuscito a fare nella storia della Repubblica; si sono approvate importanti leggi, come la Bossi-Fini sull’immigrazione e la riforma delle pensioni, si è messo mano al sistema fiscale. Si tratta di provvedimenti che, piacciano o meno, nessuno può negare che siano stati approvati. Guardiamo adesso dall’altra parte. Cosa ha fatto il Governo Prodi? Quali risultati può mettere sul piatto della bilancia, affinché l’elettore decida di votare il Pd e il suo candidato premier? A parte l’aumento delle tasse, lo scellerato provvedimento dell’indulto, che ha rimesso in circolazione criminali di ogni sorta, e la spazzatura per le strade di Napoli, non c’è proprio nulla. Per quanto riguarda la stabilità di Governo, che abbiamo detto essere una condizione imprescindibile per chiunque vada a Palazzo Chigi, il risultato è addirittura deprimente. Venti mesi, infatti, sono stati sufficienti a far implodere l’Unione. Ma dobbiamo considerarci fortunati che sia andata così. Immaginate cosa sarebbe accaduto, per esempio, se la maggioranza di centrosinistra avesse avuto il tempo di approvare la riforma della Bossi-Fini. Sarebbe stato introdotto, tra le altre cose, il criterio dell’auto sponsorizzazione. Attualmente, affinché un immigrato possa stabilirsi da noi, occorre che abbia un regolare contratto di lavoro. Pensate, anche solo per un istante, a cosa sarebbe accaduto nelle nostre città se ad ogni immigrato si fosse data la possibilità, con una semplice autocertificazione, nella quale dichiarava di aver un lavoro, di risiedere in Italia. Avremmo avuto centinaia di migliaia di rumeni, africani, albanesi, di certo non tutti intenzionati a fare gli onesti cittadini, a bussare alle porte di casa. E' questo che vogliamo? Penso proprio di no. E allora bisogna che i prossimi 13 e 14 aprile ogni elettore, prima di esprimere il proprio voto nel segreto dell’urna, faccia mente locale agli ultimi venti mesi di Governo Prodi e si chieda se davvero vuole tornare al triste passato, oppure guardare al futuro con rinnovato ottimismo. C’è il rischio che qualche cittadino possa prendere queste elezioni sotto gamba, magari non andando a votare perché crede che tutti i partiti e le coalizioni siano uguali. Ebbene, non è cosi. Non siamo tutti uguali e noi della Lega Nord, con la nostra coerenza, lo abbiamo dimostrato.

mercoledì, marzo 12, 2008

Basta con le polemiche, pensiamo alle cose da fare

di Giacomo Stucchi

Non c’è un solo motivo per cui oggi, all’inizio di una campagna elettorale che vede la Federazione della Libertà in vantaggio sugli avversari del Partito democratico (di nove punti percentuali, secondo l’ultimo sondaggio di SKY), si debba perdere tempo in inutili dibattiti, che servono solo a distogliere l’attenzione degli elettori dai disastri provocati del Governo Prodi. Le polemiche sulla candidatura al Senato dell’editore Giuseppe Ciarrapico, per esempio, servono soltanto a Walter Veltroni, che può così confondere le acque e sperare che la gente, magari distratta da mille altre cose, possa non pensare alle responsabilità del Pd. Che, occorre ricordarlo sempre, è ancora il maggior azionista del Governo Prodi; tanto è vero che ha messo in lista quasi tutti i ministri e sottosegretari uscenti. Più chiaro di così! Ecco perché non si deve cadere nel tranello della sinistra e concentrarsi, invece, su una campagna elettorale che abbia i problemi della gente, rimasti tutti irrisolti, a causa dell’immobilismo del centrosinistra al Governo, al centro del dibattito. Le infrastrutture, per esempio, interessano ai cittadini molto più dell’opinione di Ciarrapico sul fascismo. Al nord il Governo del Professore, fortemente condizionato dalla politica dei Verdi, ha bloccate quelle più importanti, come la TAV. Sicché oggi ci troviamo a dovere riprendere i lavori che in molti cantieri sono stati interrotti. La costruzione di strade e ferrovie è un esigenza indispensabile, soprattutto in quelle regioni dove è più forte la concentrazione di piccole e medie imprese, che hanno la necessità di trasportare le loro merci. Più costa il trasporto, meno competitivo è il prezzo finale dei loro prodotti sui mercati. Ecco perché bisogna completare al più presto possibile le opere pubbliche che sono già in cantiere, come la Tangenziale di Bergamo o il Passante di Mestre, e avviare invece le altre che sono ancora in fase di progettazione. Ma c’è di più. La costruzione della ferrovia ad alta velocità, oltre a completare i corridoi europei, servirà anche a decongestionare le linee ferroviarie che attualmente sono utilizzate per i treni a lunga percorrenza e che, invece, una volta completata la Tav, potrebbero essere utilizzate per i treni locali. Sui quali ogni giorno viaggiano centinaia di migliaia di pendolari, in condizioni indegne per una società civile. Sulla soluzione di questi problemi, i due anni di Governo Prodi sono serviti solo a perdere tempo prezioso. Ed è di queste responsabilità che bisogna parlare, non di aria fritta! Il prossimo Governo Berlusconi, se gli elettori lo vorranno, dovrà immediatamente rimettere in moto i motori. Non ci sarà neppure il tempo per dibattere tanto sulle cose. In val di Susa, per esempio, nessuno vuole passare sopra la volontà delle comunità locali, ma una decisione andrà presa. Per fortuna che, come riferito anche da la Padania qualche giorno fa, dopo due anni di blocchi stradali, cortei e scontri con la polizia, pare che cominci ad esserci qualche ripensamento. Nel senso che molte categorie di cittadini, soprattutto commercianti, artigiani e imprenditori, che abitano nella valle e che ogni giorno toccano con mano i problemi lavorativi di quella zona, si sono resi conto che la Torino-Lione è un opportunità. Ma forse, anche in questo caso, il governo del centrosinistra era partito con il piede sbagliato.

martedì, marzo 11, 2008

Walter polemizza con la Lega, ma intanto tiene nascosto Prodi

di Giacomo Stucchi

Fra tutti gli argomenti possibili, per fare polemica, Walter “volemosebene” Veltroni ha scelto quello più sbagliato. "La Lega - ha infatti detto il candidato premier a Vicenza - fa un doppio movimento: usa la secessione per i discorsi di domenica, e il lunedì la usa per gli accordi che si fanno a Roma". Mi rendo conto che spiegare a Veltroni, uomo politico che ha rinnegato la propria storia politica innumerevoli volte negli ultimi anni, quale sia il rapporto tra la Lega Nord e il suo territorio non è una cosa semplice. L’affinità di un movimento con la sua base, del resto, potrebbe risultare incomprensibile a chi, invece, è abituato ad essere lontano anni luce dalle istanze della gente. D’altra parte, sino a quando si continuerà ad andare nelle piazze delle città della Padania solo durante la campagna elettorale (l’accusa non è del sottoscritto ma del sindaco di Venezia Cacciari), mentre invece servirebbe toccare con mano ogni giorno i problemi, per trovare una soluzione concreta, i risultati non potranno che essere negativi. Ecco perché, da vent’anni, il nostro Segretario federale Umberto Bossi si batte per avere l’indipendenza da quella Roma ladrona nella quale, purtroppo, ancora oggi si decide il futuro del nord. Veltroni si impegni a riconoscere l’autonomia che vogliamo, con un vero federalismo, e allora vedrà che sapremo curare i nostri interessi meglio di chiunque altro. Sarebbe quindi ora di cambiare registro e trovare vere risposte ai problemi del nord. Il segretario del Pd, quindi, anziché avventurarsi in sterili discussioni, farebbe bene a trovare qualcosa di serio da proporre. Anche perché, fra tutte le notizie che poteva dare ai cittadini, ha scelto quella peggiore. “Romano Prodi – ha detto, infatti, Veltroni, durante un comizio - è e resterà il presidente del Pd". Peccato, non c’è stato neppure il tempo di gioire per l'addio definitivo alla politica da parte di Prodi che, nel giorno in cui si sperava che l'ex premier potesse anche non ricoprire più la carica di presidente del Pd, Veltroni ci ha riportato alla dura realtà, tributando nuovamente onori pubblici al Professore, fugando ogni dubbio sul fatto che non sarà più il presidente del partito, e ricordando invece che "e' stato un presidente del Consiglio che ha fatto molto per questo Paese". Sarà, ma a pensarla così sono sicuro siano rimasti veramente in pochi. Del resto, mi sono più volte chiesto, perché l’aspirante premier, se veramente ritiene che il Professore sia stato un buon capo di Governo, non lo porti con sé nei suoi giri elettorali. Se Prodi ha fatto così bene, perché l’“Obamadenoantri” lo tiene ben lontano dai comizi e, sino ad oggi, non lo ha mai fatto salire su un palco, magari al suo fianco? In fondo, è sempre il presidente del Pd. Altro che sondaggi, se Veltroni si portasse in giro per le città il premier uscente, toccherebbe con mano quanta rabbia ed esasperazione c’è nella gente a causa della politica di Romano Prodi e dei suoi ministri. Ancora l’altro giorno, in un’intervista rilasciata in tv, sentivo sproloquiare il presidente del Consiglio e dare improbabili consigli in campo economico. Ma se era un leader così capace, come mai il suo stesso partito non lo ha più candidato e, in questa campagna elettorale, lo costringe ad un isolamento forzato, manco avesse la peste? La verità è che questa sinistra, che si paragona ad altre esperienze europee, e fa polemica con movimenti autenticamente popolari, dai quali è lontana anni luce, non riesce più ad essere credibile.

lunedì, marzo 10, 2008

Il “vento nuovo“ c’è, ma spazzerà via la sinistra

di Giacomo Stucchi



Ci avremmo scommesso sul fatto che Walter “volemosebene” Veltroni avrebbe utilizzato i risultati delle elezioni spagnole e francesi per fare improbabili parallelismi con la situazione politica italiana. L’“Obamadenoatri”, infatti, ha tenuto subito a precisare che si tratta di “due risultati molto importanti, che se vogliamo sommare a quello che succede negli Stati Uniti, dicono che sta spirando un vento nuovo in Europa". Secondo Veltroni, quindi, la vittoria di Zapatero in Spagna, e la sconfitta di Sarkozy in Francia, lascerebbero prevedere una possibile vittoria del Pd in Italia. Pazienza, vorrà dire che gli elettori, dopo le “bufale” sui sondaggi elettorali, adesso dovranno sorbirsi quella sul “vento nuovo” che, secondo il candidato premier del Pd, spirerebbe a suo favore. Ebbene, al di là della propaganda, questa tesi può far breccia nell’elettorato? Assolutamente no, almeno per un paio di motivi. In primo luogo, perché né in Francia né in Spagna hanno avuto un presidente del Consiglio come Romano Prodi. Anche se non condividiamo del tutto il tentativo degli ex alleati del Professore, di farlo passare come capro espiatorio di tutti i disastri del centrosinistra al Governo, non c’è dubbio che alcune responsabilità gli siano direttamente imputabili. Prima fra tutte quella di non aver fatto nulla, già dalla famigerata notte del 10 aprile 2006, quando dai primi risultati elettorali fu subito evidente che l’Unione non avrebbe potuto contare su una maggioranza al Senato, per avviare un dialogo con il capo dell’opposizione Silvio Berlsuconi. Anzi, a cominciare da quella notte, Prodi andò nella direzione esattamente opposta, incoraggiando i dirigenti del centrosinistra ad occupare tutte le poltrone istituzionali. Naturalmente, dal nostro punto di vista, non si trattava di avere questa o quell’altra carica, ma di instaurare, quello si, un clima di dialogo che, forse, avrebbe potuto portare in questi due anni a risultati diversi, da quelli disastrosi del Governo dell’Unione, che oggi tutti noi conosciamo. Invece, durante i venti mesi a Palazzo Chigi, Prodi ha pensato che più si acuiva lo scontro con il Cavaliere, più possibilità aveva di restare in sella. I fatti hanno poi dimostrato che le cose non stavano così, anche perchè le contraddizioni all’interno della maggioranza, sono sempre state talmente profonde da farla implodere. La seconda ragione per cui non si possono fare paragoni tra la vittoria di Zapatero, e la presunta rimonta del Partito democratico, sta nel fatto che il socialismo spagnolo non ha niente a che vedere con il centrosinistra italiano e con la sua esperienza di Governo. Non è un caso, infatti, se il Pd, in questa campagna elettorale, sta cercando di rimuoverne persino il ricordo, salvo poi ripresentare nelle liste di Camera e Senato il settanta per cento dei ministri e sottosegretari del Governo uscente. Anche in questo caso si tratta di una contraddizione che, nonostante i tentativi per dissimularla, sarà impossibile che passi inosservata. Inoltre, sarà molto difficile che la gente possa dimenticare l’aumento delle tasse, le risse tra sinistra radicale e Ulivo, i ministri in piazza per protestare contro il loro stesso presidente del Consiglio o l’irresponsabilità con la quale si è permesso, a migliaia di immigrati delinquenti, di fare quello che gli pare in casa nostra. La verità è che un “vento nuovo” sta soffiando in Italia, ma servirà a spazzare via il centrosinistra.

venerdì, marzo 07, 2008

Nel Pd i problemi non finiscono mai

di Giacomo Stucchi



Comincia ora la vera campagna elettorale. Quella vissuta sino ad oggi, infatti, è stata solo una fase, per così dire, propedeutica allo scontro vero e proprio, mentre le prossime settimane saranno quelle decisive. Andando in giro tra le gente, la preoccupazione per il futuro, oltre che l’avversione al Governo Prodi per i guai provocati negli ultimi mesi, sono i sentimenti preponderanti. Tuttavia, sbaglia chi ritenesse già in tasca la vittoria che, invece, bisognerà conquistare sino all’ultimo voto. Intanto, è passato poco più di un mese dallo scioglimento delle Camere, ma ne abbiamo già viste di tutti i colori. Soprattutto nel Partito democratico che, anche a seguito della “strategia d’attacco” del suo segretario Valter “volemosobene” Veltroni, sembra essere già logorato dalle tante, forse troppe, polemiche sugli accordi e sulle candidature. In effetti non deve essere stato facile, nemmeno per l’ “Obamadenoatri”, dirimere le tante controversie che hanno accompagnato il suo cammino di candidato premier: dalle estenuanti trattative con il leader dell’Italia dei Valori, Antonio Di Pietro, alla disputa sul voto cattolico; dal mercato delle vacche con i radicali (una mera questione di interessi) allo scontro tra l’ex presidente di Federmeccanica Calearo e il ministro Parisi. Insomma, se è vero che ogni giorno ha le sue pene, per Veltroni questa vigilia di campagna elettorale si è rivelata un vero e proprio calvario. Nell’ultimo mese, infatti, non è passato un solo giorno senza l’aprirsi, o l’acuirsi, di nuove o vecchie polemiche. Quella sulla candidatura negata, e poi concessa in extremis, a seguito delle proteste di tanti elettori del centrosinistra siciliano, all’ex presidente della Commissione antimafia Giuseppe Lumia, è forse la più significativa. Perché dà l’idea, se non altro, dello scollamento esistente tra il vertice del Pd e la sua base. Infine, c’è un’altra rogna che riguarda proprio quel Nord-Est nel quale il Pd vorrebbe recuperare un po’ di consensi. Veltroni, va in Veneto ma il sindaco di Venezia, Massimo Cacciari, manifesta tutto il suo malumore e spiega anche il motivo:”Non e' che si può fare lo spot, venire qui una volta ogni tanto prima delle elezioni e poi ricominciare con gli errori di sempre". Parole che non lasciano spazio agli equivoci e che costringono, ancora una volta, il candidato premier del Pd, a passare più tempo a dirimere le controversie interne al suo partito che non a fare campagna elettorale. Tutto questo, certo, fa ben sperare per la Federazione della Libertà. Ma le previsioni favorevoli, sull’esito finale del voto, non devono portare, per nessun motivo, ad abbassare la guardia in questa campagna elettorale. Nella quale, peraltro, è giusto che il nostro candidato premier, Silvio Berlusconi, non faccia promesse irrealizzabili e mantenga un atteggiamento prudente sulle cose da fare, una volta che si dovesse tornare a Palazzo Chigi. I vincoli europei, contro i quali la Lega Nord continuerà a combattere anche nella prossima legislatura, così come le ristrettezze di bilancio che Prodi lascerà al suo successore, non permetteranno certo al prossimo Governo, e al futuro presidente del Consiglio, di scialacquare. Tuttavia, per quanto ci riguarda, ciò non deve tradursi in equivoci sulle priorità del programma, che peraltro ci distingue dai nostri avversari. Mi riferisco, per esempio, al federalismo, del quale non c’è traccia nel programma elettorale del Pd, è che invece costituisce una delle priorità per il centrodestra. Realizzarlo è, per la Lega Nord, non solo un impegno ma un imperativo categorico.


giovedì, marzo 06, 2008

Walter spera nel pareggio ma sarà smentito dai fatti

di Giacomo Stucchi



Chi si era illuso che il Partito democratico potesse rappresentare una svolta, rispetto all’esperienza del Governo Prodi, deve essere rimasto profondamente deluso da queste prime settimane di campagna elettorale. Il fatto è che le risse e il clima da torre di Babele, al quale abbiamo assistito nei mesi scorsi, si sono trasferite da Palazzo Chigi al quartier generale del Pd (dove, negli ultimi giorni, se ne sono viste di cotte e di crude), e la menzogna continua a farla da padrone nella campagna elettorale del centrosinistra. Una vera e propria simulazione di ciò che potrebbe accadere se questo partito, dalla variegata composizione, dovesse malauguratamente vincere le elezioni. Dei problemi causati dalla faciloneria con la quale il Pd ha voluto chiudere anzitempo le liste di Camera e Senato si è già discusso, ma Walter “volemosebene” Veltroni, si sa, è fatto così, vuole essere sempre il primo della classe e, quindi, non gli deve essere sembrato vero di consegnare per primo il compitino. Il segretario del Pd, tra l’altro, si è vantato di aver “svecchiato” la rappresentanza politica, mettendo in lista giovani uomini e donne che si sono subito dichiarati entusiasti di portare in Parlamento la loro “totale inesperienza”. Può darsi che a noi sfugga il valore della radicale operazione di rinnovamento veltroniano, ma la nostra idea di chi portare e, soprattutto, di cosa fare, nella prossima legislatura è molto diversa dal centrosinistra. Certo, l’entusiasmo dei giovani è importante (lo sa bene la Lega Nord, che da anni ha la rappresentanza parlamentare più giovane), ma bisogna anche considerare che, subito dopo le elezioni ci sarà da serrare i ranghi e lavorare sodo per rimettere a posto le cose, dopo i disastri del Professore, potendo contare fin da subito su un gruppo importante di parlamentari rodati. Intanto, a furia di “svecchiare”, nel Pd è rimasto escluso il vicepresidente della commissione parlamentare antimafia, Giuseppe Lumia, al quale è toccato ad Antonio Di Pietro offrire una candidatura. Le grane, però, per Veltroni sembrano non finire mai. Così, dopo la querelle con Pannella (nella quale, comunque vada, l’unica cosa che i cittadini hanno capito è che si tratta di una questione di “posti” in lista, di soldi e di candidature “sicure”), scoppia il caso Calearo. Dopo l’intervento a Ballarò dell’ex presidente di Federmeccanica, nonché capolista del Pd in Veneto, per la Camera dei Deputati, divampa infatti la polemica con il ministro Parisi. Anche in questo caso il Pd, per salvare la faccia, smentisce, rettifica, e non ci pensa due volte a fare dietrofront. Né più né meno delle risse alle quali abbiamo assistito in venti mesi di Governo dell’Unione. Insomma, per farla breve, siamo alle solite. Questi personaggi si illudono poter vincere le elezioni e già litigano, non si capiscono e non sanno nemmeno cosa vogliono. Ogni giorno, infatti, il loro candidato premier, una sorta di “Obamadenoatri” va in giro per le città e ne spara una delle sue. Così, dopo aver annunciato sondaggi inverosimili, Veltroni ora si rifà alla sindrome del pareggio. “Il risultato di questa campagna elettorale – ha infatti pronosticato - sarà un testa a testa e alla fine il pari è assai probabile. Il Senato quindi non avrà una maggioranza per fare le riforme che servono al paese". Un motivo in più, allora, per dare la propria preferenza alla Lega Nord e assicurarsi un vero cambiamento.




mercoledì, marzo 05, 2008

Veltroni dà i numeri, ma sono i fatti a smentirlo

di Giacomo Stucchi

Sarà per i troppi chilometri fatti a bordo del suo pullman elettorale, oppure per qualche indigesto causato dai numerosi pranzi nelle famiglie dei suoi elettori, fatto sta che Walter “volemose bene” Veltroni sta dando davvero i numeri. Che i sondaggi condizionino le scelte dei leader politici è cosa nota, ma che debbano essere utilizzati come una clava mediatica, per fare il lavaggio del cervello agli elettori, è tutta un'altra cosa. Il fatto è che il segretario del Pd, per quanto nuovo voglia sembrare, proviene sempre dalla vecchia scuola comunista, dove una delle prime cose che si impara è l’arte della bugia. Una menzogna ripetuta mille volte, era una delle tesi della vecchia scuola con falce e martello, prima o poi, diventa realtà agli occhi dell’opinione pubblica. Più o meno la stessa cosa sta facendo Veltroni diffondendo sondaggi a gogò che, manco a dirlo, sono tutti favorevoli al suo partito. Una circostanza che già da sola, dal punto di vista statistico, la dice lunga sulla loro attendibilità. L’ex sindaco di Roma annuncia numeri e percentuali, la cui provenienza conosce solo lui, secondo i quali l’iniziale distacco, di più di dieci punti, tra il la Federazione della Libertà e il Pd, più il partito di Antonio Di Pietro, si sarebbe ora ridotto a soltanto quattro punti percentuali! Un dato che si contraddice persino come le più pessimistiche previsioni per il centrodestra che, comunque, in tutte le rilevazioni fatte sino ad oggi, attribuiscono al Pdl, più Lega Nord e Mpa, un vantaggio sul Pd che oscilla tra gli otto e i nove punti e mezzo percentuali. Quindi, come fa Veltroni a dire di essere indietro solo di quattro punti? Qui siamo al “terrorismo psicologico” e chi lo pratica, a risultati elettorali acquisiti, dovrà renderne conto. Prima di tutto ai suoi stessi elettori e, poi, all’establishment del suo partito che, raccontano alcuni resoconti giornalistici, bene informati sulle cose che si dicono nel loft di Piazza Sant’Anastasia, pare non gradiscano per niente la politica “azzardosa” del candidato premier. Per ora lo lasciano fare, ma se dovesse andare male è certo che non gli faranno nessuno sconto. “Guai ai vinti”, verrebbe quindi da dire, ma qui si tratta di vicende interne al Pd della quali, francamente, non ci importa più di tanto. Ci importa invece, e anche parecchio, della scorrettezza istituzionale e politica di Veltroni, quando, sfruttando l’attenzione mediatica che in questo momento lo riguarda, dà letteralmente i numeri. A smentirlo, tra l’altro, sono anche i sondaggi di SKY (una televisione che, sino ad oggi, sta fornendo un informazione abbastanza equilibrata), pubblicati anche su Repubblica, che dicono che non solo lo scarto non si è ridotto ma che, addirittura, il Pd nell’ultima settimana ha perso un punto percentuale. Forse perché, aggiungiamo noi, la gente non ne può più di essere presa per i fondelli? Da ricordare, infine, che questa rivelazione non tiene ancora conto dell’effetto boomerang dei radicali. L’ira di Marco Pannella, che ha annunciato l’inizio dello sciopero della sete, per il mancato rispetto dei patti siglati tra radicali e Partito democratico sul numero dei “posti” sicuri, non tarderà a farsi sentire anche in termini elettorali. Insomma, altro che soli quattro punti, per Veltroni le cose si mettono davvero male.

martedì, marzo 04, 2008

Questa volta si cambia davvero

di Giacomo Stucchi

La proposta della Lega Nord di dare massima priorità al federalismo fiscale, inserendolo tra le prime cose da fare nell’agenda di governo della Federazione della Libertà, ha colto nel segno. Perché è servita a far venire allo scoperto, prima del voto, i soliti atteggiamenti gattopardeschi di coloro che dicono di voler cambiare tutto per poi non cambiare nulla. Chi grida allo scandalo perché al Parlamento del Nord, convocato a Vicenza, si è avanzata la proposta di far si che nei prossimi anni il novanta per cento delle tasse pagate dei contribuenti padani rimanga al nord, dimostra di non sapere un bel nulla della questione settentrionale ma anche di non aver capito niente della politica della Lega. Il Carroccio è l’unico Movimento popolare, presente in Parlamento, che non ha mai avuto bisogno di cambiare né etichetta né programma. Il nostro obiettivo, il federalismo, è lo stesso da sempre e sarebbe, quindi, surreale, oltre che incomprensibile per i nostri sostenitori, che nel momento in cui si vengono a creare le condizioni per tornare a Palazzo Chigi, si decida invece di cambiare rotta. Non è un caso del resto se, oltre a quello dell’Mpa di Raffele Lombardo nel Mezzogiorno, il nostro simbolo è il solo ad avere ottenuto l’apparentamento con il Pdl. I nostri alleati sanno perfettamente quali sono i nostri programmi, come e con quali tempi intendiamo realizzarli. Da molti anni la Lega rappresenta gli interessi della Padania in tutte le istituzioni, i suoi parlamentari hanno combattuto i governi centralisti, della prima e della seconda Repubblica, e sono stati i primi a portare a termine una riforma costituzionale federalista dello Stato, che però i partiti della sinistra hanno boicottato. Ma c’è di più. Sotto la guida del nostro segretario federale, Umberto Bossi, si è formata una classe dirigente di giovani, che amministra con successo in tanti Comuni, ed è l’unica che, con coerenza, crede ad un progetto riformatore, senza averlo mai rinnegato. Chi altri può vantare un simile patrimonio? Nessuno, solo la Lega Nord. Così come solo il Carroccio ha la credibilità per parlare alla propria gente, perché ne conosce davvero i problemi e si è sempre battuto per la loro risoluzione. Noi della Lega, non siamo né affabulatori né prestigiatori, ma badiamo alle cose concrete. Non facciamo come Walter “volemose bene” Veltroni, che, pescando nel nord qualche candidato qua e là, crede di convincere tutti a votarlo. Ma con chi crede di avere a che fare il segretario del Pd? Oltre tutto, Veltroni non è nemmeno originale perché prima di lui ci hanno già provato in tanti, a partite da Bettino Craxi, che nel 1990 venne persino a Pontida, a carpire i voti del nord. Ma certe lusinghe interessate sono sempre state rispedite al mittente. A quella “Roma ladrona” che era, e rimane, il luogo simbolo della vessazione tributaria e dell’inefficienza governativa centralista. Contro tutto questo ci siamo sempre battuti e continueremo a farlo. Ecco perché, non solo abbiamo proposto che i soldi della tasse dei padani rimangano a casa loro, ma ne abbiamo indicato anche i tempi. Se vinceremo le elezioni il Consiglio dei ministri, entro il prossimo giugno, dovrà approvare un provvedimento che attui davvero il federalismo fiscale, per dare alla gente quelle risposte concrete che sono attese da troppo tempo.

sabato, marzo 01, 2008

Bassolino, Prodi, Veltroni, un trio da dimenticare

di Giacomo Stucchi

Un imprenditore di qua, un operaio di là, e il gioco è fatto. Sarebbe questa la strategia “vincente” del candidato premier del Partito democratico, che continua a sfornare candidature a sorpresa, manco fossero i numeri dell’Enalotto! Ma per favore, un po’ di serietà. Il segretario del Pd propone nomi ad effetto, ma anche i più inesperti di politica capiscono che si tratta soltanto di un tentativo disperato per risalire la china. Verrebbe da chiedere a Walter “volemose bene” Veltroni del perché, invece di continuare a gettare nella mischia personaggi vari, con tutto il rispetto per gli interessati, utili solo come specchietti per le allodole, non eserciti veramente il suo ruolo facendo dimettere immediatamente l’artefice del disastro di Napoli? “Stiamo rimontando”, continua ad affermare Veltroni nei suoi comizi, ma è evidente che si tratta più di una pia speranza che non di un dato concreto. La verità è che alla pessima reputazione del Governo Prodi, del quale il partito guidato dall’ex Sindaco di Roma è il principale azionista, si è aggiunta adesso anche quella di Antonio Bassolino che, rimanendo incollato alla sua poltrona di Presidente della Regione Campania, sta dimostrando di avere una straordinaria faccia tosta. A difenderlo, forse non a caso, visto che nel 1998 lo volle ministro del Lavoro, è rimasto il responsabile degli Esteri Massimo D'Alema, quasi una conferma di quanto sia difficile recidere certi legami. Di sicuro, però, per Walter Veltroni non deve essere una cosa facile andare in giro a chiedere i voti, sostenendo tra l’altro di rappresentare il nuovo in politica, quando poi non riesce nemmeno a liberarsi dei responsabili della immondizia per le strade delle città campane. Il fatto è che Bassolino sta al Pd, almeno quanto Prodi sta a Veltroni. Tra questi tre personaggi c’è, infatti, un legame indissolubile. Non si spiegherebbe, altrimenti, come il Professore, che certo tutto può rappresentare fuorché il nuovo, sia il presidente “ad honorem” del Partito democratico. Chi pensa che con Veltroni a Palazzo Chigi, ci si possa sbarazzare per sempre di Romano Prodi, commette un errore enorme. Il presidente del Consiglio, infatti, continuerà a proiettare la sua sinistra ombra politica tanto sul Pd quanto su un eventuale Governo, che sia espressione diretta del centrosinistra. Così come lo ha sempre fatto il governatore campano che, oltre a non volerne sapere di mollare la poltrona, ha già mandato a dire al candidato premier del Pd che senza di lui non si va da nessuna parte. In effetti, nel recente passato i voti a favore del centrosinistra, a Napoli e in buona parte della Campania, hanno fatto la differenza. Ma oggi, alla luce dei fatti sciagurati degli ultimi mesi, che hanno anche portato al rinvio a giudizio dello stesso Bassolino e di altre 27 persone, crediamo che il consenso elettorale del Pd si stia sciogliendo come neve al sole, anche nell’ultima roccaforte del Mezzogiorno. Per quanto ci riguarda, ci siamo sempre tenuti lontani dalle tentazioni giustizialiste, e continueremo a farlo anche in questa circostanza, tenendo sempre presente il principio che si è sempre innocenti sino a prova contraria. Onestamente, però, nel caso in questione, è molto difficile non aspettarsi, se non un ammissione di colpevolezza, quanto meno un atto di dignità con immediate dimissioni.


TRATTO DA LA PADANIA DEL 4 MARZO 2008