RIFORME SI, IMPOSIZIONI NO
di Giacomo Stucchi
Il dibattito a tappe forzate voluto da Renzi per portare avanti le riforme
costituzionali non è stato un bel segnale di democrazia. La strada è stata
sbagliata nel merito, per i contenuti cioè delle riforme stesse che abbiamo più
volte criticato, ma anche nel metodo, per aver trasformato il Parlamento in un
luogo di scontro. La defaillance, della stessa maggioranza,
che prima impone una seduta fiume e poi però non fa nulla per scongiurare la
mancanza del numero legale in Aula alla Camera, è un segnale gravissimo perché
l’oggetto della seduta non è una legge qualunque ma la riforma della
Costituzione, che tutti vogliamo ma nel migliore dei modi. Invece in questa
fase costituente voluta da Renzi registriamo una gran confusione dettata, forse,
da una lettura sbagliata da parte del governo del processo riformatore, che non
può essere una “trattativa” tra le esigenze di Tizio e Caio ma la sintesi di ciò
che è meglio per tutti i cittadini. Noi abbiamo sempre pensato che il ruolo
delle opposizioni fosse quello di migliorare le misure proposte e di trovare nel
Parlamento un luogo dove gli steccati, a maggior ragione poi se in una fase
costituente, vengano abbattuti senza far valere la forza dei numeri. Impegnare
il Parlamento per mesi in una procedura così complessa, qual è appunto quelle
prevista per cambiare la nostra Carta costituzionale, ha inevitabilmente
significato mettere da parte altri importanti provvedimenti, in primis quelli
economici, che invece a nostro avviso avrebbero dovuto avere la priorità.
Tuttavia la Lega Nord, pur non condividendo tempi, modi, e contenuti, non si
chiama fuori dal dibattito costituente e anzi si pone a presidio della nostra
battaglia di sempre a favore del federalismo. A maggior ragione poi se ad essere
in ballo sono i temi per i quali ci siamo sempre battuti, a cominciare dalla
riforma del Titolo V sull’Autonomia finanziaria degli enti territoriali.
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