Il federalismo può dare credibilità alla politica
di Giacomo Stucchi
Che la politica abbia dei costi non si scopre certo adesso. Altra cosa è però prendere atto che questi costi, oltre ad essere fuori controllo, sono anche inutili quando i politici, di destra o di sinistra che siano, non risolvono i problemi. In altre parole, a mio modo di vedere, ciò che fa più indignare il cittadino non è solo il fatto di “scoprire” l’ammontare dei considerevoli emolumenti dei parlamentari o i rimborsi spese che vengono loro riconosciuti (peraltro pubblicati sui siti internet di Camera e Senato già da qualche anno), ma la constatazione che a questi costi non corrisponde un impegno concreto che almeno provi a mettere a posto ciò che non funziona. Per il contribuente che paga le tasse, e che giustamente pretende che a questa “tangente” fiscale ci sia un corrispettivo da parte dello Stato in termini di servizi offerti, la politica deve quindi essere efficiente. Tutto il contrario, insomma, di quanto sta accadendo nel nostro Paese, in modo particolare, da quando il Governo dell’Unione ha clamorosamente tradito le promesse elettorali. Perché se è vero che sentimenti di antipolitica sono diffusi da tempo, e ne sa qualcosa un movimento come il Carroccio, che in Padania da anni ha saputo leggere, comprendere, interpretare e rappresentare democraticamente le istanze del popolo, è altrettanto vero che nell’ultimo anno, l’esecutivo in carica ha fatto davvero di tutto per far infuriare la gente, costringendola ad assistere ad estenuanti diatribe fra le diverse componenti di una coalizione che, ad eccezione dell’aumento delle tasse, sino ad oggi non è stata in grado di prendere alcuna valida decisione. Tanto meno poi in materia di sicurezza, o di difesa delle tradizioni culturali e religiose. Tutto ciò premesso, faremmo la politica dello struzzo se non ci ponessimo il problema di tagliare pesantemente i costi della politica. A cominciare da quelle dei Palazzi romani. E’ però fuorviante pensare che il dibattito a Montecitorio, che ha preceduto l’approvazione del consuntivo 2006 e del progetto di bilancio del 2007 della Camera dei Deputati, sia stato caratterizzato dal tema dei tagli alle spese solo perché determinate pubblicazioni, o inchieste giornalistiche, hanno fatto breccia nell’attenzione e nel gradimento del pubblico. Così come lo è indurre la pubblica opinione a credere che i costi della politica dipendano solo dagli stipendi dei parlamentari. Non è così. Esistono,infatti, molte altre “voci” che incidono in modo rilevante. Mi riferisco, per esempio, agli stipendi dei dipendenti delle Camere (peraltro anch’essi oggetto di inchieste giornalistiche la scorsa estate); o il ricorso agli affitti degli edifici, strumentali allo svolgimento delle funzioni dei parlamentari e dei dipendenti, che in alcuni casi potrebbero essere dismessi e posti in vendita qualora si tratti di spazi acquisiti anni fa che oggi non risultino più utili per lo svolgimento dell’attività delle Camere. Per non parlare poi della creazione, in deroga al regolamento, di nuovi gruppi parlamentari, assunta in Ufficio di Presidenza dalla maggioranza nel maggio del 2006, o dell’incremento dei rimborsi ai gruppi parlamentari più grandi in misura più cospicua rispetto a quelli più piccoli, per le quali il Carroccio (tanto per essere chiari) ha protestato nell’Aula di Montecitorio. Insomma, l’elenco è lungo ed è per questo che come Lega Nord abbiamo presentato alla Camera alcuni ordini del giorno che vanno nel senso di un risparmio reale (il 30% in 3 anni), di interventi rigorosi e della giusta abolizione dei privilegi rimasti. Concludo con una annotazione che ritengo opportuna: nei giorni scorsi abbiamo assistito, durante la discussione del Bilancio della Camera, a scene paradossali, ad una sorta di fiera dell’ipocrisia, ad un festival in cui si gareggiava a chi la sparasse più grossa contro “Roma ladrona”. La Lega ha sempre fatto della lotta agli sprechi uno dei temi della battaglia politica; individuando nel centralismo romano una della cause della voragine della spesa pubblica: un autentico buco nero che inghiotte tutto. Per questo le forze politiche, anziché scimmiottare il Carroccio, dovrebbero darsi da fare per una rapida approvazione del federalismo, che rimane l’unica strada per risolvere molti problemi da troppo tempo insoluti consentendo ai cittadini di controllare meglio l’operato dei politici e quindi la qualità della spesa pubblica in termini di risultati ottenuti.
Che la politica abbia dei costi non si scopre certo adesso. Altra cosa è però prendere atto che questi costi, oltre ad essere fuori controllo, sono anche inutili quando i politici, di destra o di sinistra che siano, non risolvono i problemi. In altre parole, a mio modo di vedere, ciò che fa più indignare il cittadino non è solo il fatto di “scoprire” l’ammontare dei considerevoli emolumenti dei parlamentari o i rimborsi spese che vengono loro riconosciuti (peraltro pubblicati sui siti internet di Camera e Senato già da qualche anno), ma la constatazione che a questi costi non corrisponde un impegno concreto che almeno provi a mettere a posto ciò che non funziona. Per il contribuente che paga le tasse, e che giustamente pretende che a questa “tangente” fiscale ci sia un corrispettivo da parte dello Stato in termini di servizi offerti, la politica deve quindi essere efficiente. Tutto il contrario, insomma, di quanto sta accadendo nel nostro Paese, in modo particolare, da quando il Governo dell’Unione ha clamorosamente tradito le promesse elettorali. Perché se è vero che sentimenti di antipolitica sono diffusi da tempo, e ne sa qualcosa un movimento come il Carroccio, che in Padania da anni ha saputo leggere, comprendere, interpretare e rappresentare democraticamente le istanze del popolo, è altrettanto vero che nell’ultimo anno, l’esecutivo in carica ha fatto davvero di tutto per far infuriare la gente, costringendola ad assistere ad estenuanti diatribe fra le diverse componenti di una coalizione che, ad eccezione dell’aumento delle tasse, sino ad oggi non è stata in grado di prendere alcuna valida decisione. Tanto meno poi in materia di sicurezza, o di difesa delle tradizioni culturali e religiose. Tutto ciò premesso, faremmo la politica dello struzzo se non ci ponessimo il problema di tagliare pesantemente i costi della politica. A cominciare da quelle dei Palazzi romani. E’ però fuorviante pensare che il dibattito a Montecitorio, che ha preceduto l’approvazione del consuntivo 2006 e del progetto di bilancio del 2007 della Camera dei Deputati, sia stato caratterizzato dal tema dei tagli alle spese solo perché determinate pubblicazioni, o inchieste giornalistiche, hanno fatto breccia nell’attenzione e nel gradimento del pubblico. Così come lo è indurre la pubblica opinione a credere che i costi della politica dipendano solo dagli stipendi dei parlamentari. Non è così. Esistono,infatti, molte altre “voci” che incidono in modo rilevante. Mi riferisco, per esempio, agli stipendi dei dipendenti delle Camere (peraltro anch’essi oggetto di inchieste giornalistiche la scorsa estate); o il ricorso agli affitti degli edifici, strumentali allo svolgimento delle funzioni dei parlamentari e dei dipendenti, che in alcuni casi potrebbero essere dismessi e posti in vendita qualora si tratti di spazi acquisiti anni fa che oggi non risultino più utili per lo svolgimento dell’attività delle Camere. Per non parlare poi della creazione, in deroga al regolamento, di nuovi gruppi parlamentari, assunta in Ufficio di Presidenza dalla maggioranza nel maggio del 2006, o dell’incremento dei rimborsi ai gruppi parlamentari più grandi in misura più cospicua rispetto a quelli più piccoli, per le quali il Carroccio (tanto per essere chiari) ha protestato nell’Aula di Montecitorio. Insomma, l’elenco è lungo ed è per questo che come Lega Nord abbiamo presentato alla Camera alcuni ordini del giorno che vanno nel senso di un risparmio reale (il 30% in 3 anni), di interventi rigorosi e della giusta abolizione dei privilegi rimasti. Concludo con una annotazione che ritengo opportuna: nei giorni scorsi abbiamo assistito, durante la discussione del Bilancio della Camera, a scene paradossali, ad una sorta di fiera dell’ipocrisia, ad un festival in cui si gareggiava a chi la sparasse più grossa contro “Roma ladrona”. La Lega ha sempre fatto della lotta agli sprechi uno dei temi della battaglia politica; individuando nel centralismo romano una della cause della voragine della spesa pubblica: un autentico buco nero che inghiotte tutto. Per questo le forze politiche, anziché scimmiottare il Carroccio, dovrebbero darsi da fare per una rapida approvazione del federalismo, che rimane l’unica strada per risolvere molti problemi da troppo tempo insoluti consentendo ai cittadini di controllare meglio l’operato dei politici e quindi la qualità della spesa pubblica in termini di risultati ottenuti.
Tratto da LA VOCE di Bergamo - settimanale - 5 ottobre 2007
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