Giacomo Stucchi - Senatore Lega Nord Padania -

PENSIERI E IMMAGINI: vi presento il mio blog. Un modo per tenermi in contatto con gli elettori, con gli amici e con tutti coloro che, anche con opinioni diverse dalle mie, desiderano lasciare un loro commento. Grazie.

mercoledì, luglio 18, 2007

Prodi KO, ma l’arbitro lo tiene in piedi

di Giacomo Stucchi

Se la politica fosse un ring e il presidente del Consiglio in carica uno dei due pugili, l’arbitro avrebbe dovuto già da tempo decretare il ko tecnico. Ma, purtroppo, al Professore viene concesso di continuare sino alle estreme conseguenza. Tra gli ultimi “ganci”, che avrebbero steso qualunque capo di Governo, con un minimo di scrupolo e coscienza, i moniti del governatore della Banca d’Italia, Mario Draghi, che ha detto che “il tesoretto” non va speso ma utilizzato per la riduzione del debito, e quello dell’Istat sui conti pubblici. In occasione dell’audizione sul Dpef il presidente dell’istituto di statistica, Luigi Biggeri, ha infatti sottolineato il trend negativo della spesa pubblica che, nel 2006, ha superato la soglia del 50 per cento del PIL, per la prima volta in dieci anni. In particolare, l’anno scorso (ovvero quello che ha segnato il ritorno di Prodi a Palazzo Chigi) “la spesa pubblica complessiva è cresciuta del 7,9 per cento rispetto all’anno precedente”. Tutti questi numeri servono a confermare, qualora a qualcuno non fosse ancora chiaro, che l’avvento al Governo del centrosinistra comporta, come del resto anche la storia ci insegna, un aumento quasi automatico dello sperpero del denaro pubblico. Perché dire che la spesa pubblica è aumentata oltre il 50 per cento del PIL, potrebbe anche essere una buona notizia se però, parallelamente, migliorassero i servizi pubblici. Ma, da qualche mese a questa parte, non si vede nemmeno l’ombra di un miglioramento nei trasporti, nella sanità, nella qualità delle utenze. Anzi, ci sono intere regioni (come la Campania, la Puglia e la Calabria), anche quelle purtroppo nelle mani di amministratori di centrosinistra, dove la spazzatura arriva ai primi piani dei palazzi, le città sono nelle mani dei delinquenti e i giovani hanno ripreso ad andare via dalla loro terra. Un po’ diverso, invece, il caso della Padania. Che vorrebbe avere le mani libere per risolvere i problemi da sè, visto che Roma pensa solo a scialacquare, ma non gli viene consentito da un Governo accentratore e statalista che ormai ha perso il controllo sul suo territorio. Continuare a tenere in piedi questo Esecutivo potrebbe significare, infatti, decretare al più presto la rottura degli equilibri democratici e isituzionali che, sino ad oggi, hanno retto grazie al grande senso di responsabilità di tutti i cittadini. In altre parole, Prodi non può continuare a fare orecchie da mercante e dire che non è successo niente quanto tutte le maggiori istituzioni, dall’Istat alla Banca d’Italia, dalla Corte dei Conti a l’Unione europea, continuano a bocciare senza tregua la politica economica del suo Governo. Ma che aspetta a passare la mano? Che la gente scenda in piazza con i forconi? Persino la ministro Bonino ha detto che così non si può andare avanti e che Prodi deve scegliere tra la politica statalista e comunista, della sinistra radicale, o quella più moderata e liberale dell’ala riformista della coalizione. Ma lui, come al solito, non ha fatto niente. Si è limitato a tessere le lodi della Bonino, come se questa avesse posto un problema di carattere personale. Non è finita. Abbiamo appreso che, forse, sulla tanto contesa riforma delle pensioni (che ha portato alle finte dimissioni dell’esponente radicale) ci sarà una proposta del presidente del Consiglio. Tutti ne parlano, tutti ipotizzano cifre, quote, coefficienti, ma di sicuro non c’è nulla. Qualunque sia la proposta di Prodi, gli intimiamo comunque due avvertimenti: il primo, di natura politica, di non blindare la riforma senza dare la possibilità al Parlamento di assolvere al suo ruolo di ratifica delle leggi; il secondo, di natura finanziaria, di assolvere una volta per tutte al dovere che ha di fare chiarezza sui conti dello Stato. Perché, come è ormai diventata un’abitudine con questo sciagurato Governo, i conti pubblici sono diventati una specie di altalena che sale e che scende a seconda di chi la spinge. Oggi ci sono i soldi per abolire lo scalone, domani quelli per le pensioni minime, dopodomani, invece, scompaiono sia per l’uno che per l’altro provvedimento.