Giacomo Stucchi - Senatore Lega Nord Padania -

PENSIERI E IMMAGINI: vi presento il mio blog. Un modo per tenermi in contatto con gli elettori, con gli amici e con tutti coloro che, anche con opinioni diverse dalle mie, desiderano lasciare un loro commento. Grazie.

giovedì, giugno 21, 2007

Tutti pentiti i detrattori della riforma del Carroccio

di Giacomo Stucchi


Di tanto in tanto torna prepotentemente alla ribalta il dibattito sulle riforme istituzionali e, inevitabilmente, sul referendum popolare del 2006. Tutte le volte che questo succede, il sottoscritto, e come me credo tutto il popolo della Lega Nord, che si è battuto andando in giro quasi porta a porta per convincere i cittadini dell’importanza di votare a favore di quella riforma, non può che provare un forte rammarico per l’occasione mancata. Tanto più poi che, come abbiamo già avuto modo di sottolineare in altri interventi, il risultato della consultazione non è stato omogeneo in tutto il territorio ma, come si dice, a macchia di leopardo. In particolare al nord, poi, sono stati di più i “si”. Pertanto, se fosse dipeso dalla Padania, la riforma costituzionale sarebbe già una realtà. A chi oggi dimostra di avere la memoria corta ricordiamo che quella riforma prevedeva, tra l’altro, una forte riduzione del numero dei parlamentari, la rimodulazione dei poteri del premier, il superamento del bicameralismo perfetto. C’era insomma tanta di quella carne al fuoco da poter cambiare davvero questa Repubblica, e il suo sistema istituzionale, che adesso tutti disconoscono. Però, appena un anno fa (non un secolo addietro!), ricordo perfettamente le parole di Rutelli, Fassino, Bertinotti, D’Alema, Mastella,e compagnia bella, quando sostenevano che se fosse passata quella riforma si sarebbe scardinata la Repubblica e si sarebbe andati verso l’oblio. E adesso? Oggi tutti pronti a dire che la Carta costituzionale è incartapecorita e necessita di una messa a punto. Ma come, sino ad un anno fa veniva considerata quasi un Vangelo e ora è da buttare? Come si può assistere, in un lasso di tempo così ristretto, ad un capovolgimento di fronte così radicale? Tutto questo dà l’idea di che tipo di classe dirigente ci sia nel centrosinistra. Tutti d’accordo a sputare sentenze sulla riforma voluta dal Carroccio, e approvata a suo tempo dalla Cdl in entrambi i rami del parlamento, e poi, dopo nemmeno un anno, tutti pentiti di aver buttato alle ortiche quella straordinaria occasione di cambiamento. Povero Romano Prodi, non lo invidio per nulla. Coi suoi alleati io non prenderei nemmeno un caffè, figuriamoci poi delle decisioni che coinvolgano il destino del popolo. Gìà, il destino del popolo. Non si tratta di una esagerazione ma di un fatto concreto. Aver boicottato nel 2006 la riforma costituzionale, che già oggi avrebbe potuto cominciare ad entrare a regime, significa avere sprecato tempo e risorse dei cittadini. Ai quali bisognerebbe spiegare chi non ha voluto che fosse ridotto il numero di deputati e senatori e, di contro, chi si è battuto per la permanenza dell’attuale elefantiaca e dispendiosa macchina parlamentare. Si tratta di temi sui quali si dibatte ormai da più di quindici anni, durante i quali la storia infinita delle riforme istituzionali è diventata una tela di Penelope: coi conservatori di questo regime, che sono trasversali alle forze politiche, sempre pronti a disfare quanto di buono viene pazientemente costruito da chi invece, come la Lega Nord, da sempre si batte per un reale cambiamento. Altro che lenzuolate di Bersani e referendum di Segni e Guzzetta, se il centrosinistra non avesse boicottato la riforma costituzionale della Cdl, oggi noi avremmo compiuto il più grande passo riformatore della storia repubblicana. L’Unione, oltre al disastroso anno di governo appena passato, ha quindi sulla coscienza anche il niet alle riforme che, se approvate con il referendum, oggi avrebbero aperto nuove prospettive al popolo, innanzi tutto, ma anche alle forze politiche nel loro complesso. E invece no, stiamo qui a parlare di provvedimenti che non hanno futuro perché non ha futuro il Governo che li propone; stiamo qui a discutere di riforma pensionistica, della quale Prodi non conosce però le cifre dato che Palazzo Chigi non è in grado di quantificare neppure a quanto ammonta, in termini economici, l’abolizione tout court dello scalone; ci troviamo insomma in una situazione politica che è diventata surreale, con un Esecutivo incapace di decidere ed una maggioranza che non gli stacca la spina per paura di prendere la scossa, che potrebbe rivelarsi fatale.

Tratto da LA PADANIA del 21 giugno 2007