Giacomo Stucchi - Senatore Lega Nord Padania -

PENSIERI E IMMAGINI: vi presento il mio blog. Un modo per tenermi in contatto con gli elettori, con gli amici e con tutti coloro che, anche con opinioni diverse dalle mie, desiderano lasciare un loro commento. Grazie.

lunedì, giugno 04, 2007

Le bugie di Prodi sono come il Watergate

di Giacomo Stucchi


La discussione e il voto al Senato della mozione sul ritiro delle deleghe al vice ministro Visco, durante la quale è facile prevedere un dibattito tanto sui risvolti dell’improvvido trasferimento degli ufficiali della Guardia di Finanza, quanto sul siluramento del generale Speciale, ricordano un po’ il caso Watergate. In entrambi i casi infatti è la credibilità dei massimi vertici delle istituzioni democratiche ad essere messa in discussione. A differenza dello scandalo politico scoppiato negli Stati Uniti nel 1972, che portò alla richiesta di impeachment e alle dimissioni dell'allora presidente Richard Nixon, la vicenda di casa nostra rischia però di finire a tarallucci e vino. Nel nostro sistema istituzionale infatti non esiste la procedura di impeachment ma la sfiducia in Parlamento del Governo, o di un suo componente. Ma è proprio quello che da più di un anno i senatori a vita impediscono che accada a Palazzo Madama dove, se non ci fossero stati i loro voti a soccorrere l’Esecutivo, Prodi e compagni sarebbero già caduti da tempo. Ecco perchè, per quanto ci riguarda, è giunto il momento che il Professore se ne vada, ed è auspicabile che il capo dello Stato Napolitano, come ha chiesto a Pontida il nostro segretario federale Umberto Bossi, sciolga le Camere e indica nuove elezioni. Il dibattito al Senato sul caso Visco è un’occasione per far sapere al popolo a) come sono andate le cose nella vicenda Guardia di Finanza - Unipol b) se il presidente del Consiglio ha mentito. Nelle more che questo venga accertato, e non ci illudiamo certo che la discussione nella Camera Alta del Parlamento sia risolutiva, Prodi non può restare al suo posto come se nulla fosse. Almeno in una democrazia degna di questo nome. Il fatto è che, quando si parla di crisi della politica, bisognerebbe riconoscere che se c’è una persona che al momento in Italia contribuisce più di tutti ad alimentarla, quella è proprio Romano Prodi. Il caso Visco infatti segue di qualche mese un'altra intricata, e poco chiara, vicenda: quella del piano di dismissione di Telecom. Secondo Tronchetti Provera, Prodi sapeva e come dell’esistenza del piano. Tanto è vero che il suo braccio destro, Angelo Rovati, ovvero il consigliere più ascoltato per le questioni economiche, aveva inviato alla presidenza di Telecom, su carta intestata di Palazzo Chigi, un vero e proprio piano di dismissione. Ma Prodi ha continuato a dire di non sapere e, pur di salvare la poltrona (conquistata peraltro a seguito di risultati elettorali rocamboleschi e tuttora incerti), ha silurato il suo consigliere. La stessa sorte, almeno in parte, è toccata per ora al vice ministro dell’Economia. Ma tra un siluramento e l’altro, Prodi continua a dire le bugie su molte altre cose. Come quando afferma di voler aiutare le famiglie, salvo poi stangarle con nuove tasse; o quando dichiara di volere le liberalizzazioni e invece prende di mira soltanto alcune categorie (come i tassisti, i farmacisti, gli avvocati e i notai); o come quando in campagna elettorale ha promesso che non ci sarebbe stata alcuna base militare Usa a Vicenza quando, invece, sapeva benissimo che da quella decisione, ormai assunta da tempo, non si poteva più tornare indietro. Insomma, sono innumerevoli le occasioni nelle quali il presidente del Consiglio ha fatto marcia indietro, rimangiandosi gli impegni presi coi cittadini. I quali peraltro lo hanno già capito da un bel po’ e non perdono occasione per ricordarglielo. Al Festival dell’Economia di Trento, solo per citare l’ultimo caso, una elettrice dell’Unione è salita sul palco e gliele ha gridate di santa ragione. Così come a Roma, solo un giorno prima, durante la parata militare per la Festa della Repubblica, centinaia di cittadini lo hanno sonoramente contestato, con bordate di fischi, e invitato a mettersi da parte. Si, perché il punto è proprio questo: il popolo non vuole che Prodi rimanga un minuto di più al Governo. Chi ascolta la gente, come fanno gli uomini e le donne della Lega Nord, non solo in campagna elettorale, sa che il rapporto tra il capo del Governo e il popolo è ormai talmente logorato da non richiedere più alcun tipo di indugio. E’ impossibile che il presidente del Consiglio non avverta questo clima, unitamente alla sfiducia e all’ostilità che ormai lo circonda anche tra i suoi alleati, e non senta l’obbligo morale e istituzionale di passare la mano.