Giacomo Stucchi - Senatore Lega Nord Padania -

PENSIERI E IMMAGINI: vi presento il mio blog. Un modo per tenermi in contatto con gli elettori, con gli amici e con tutti coloro che, anche con opinioni diverse dalle mie, desiderano lasciare un loro commento. Grazie.

mercoledì, maggio 09, 2007

L’attivismo di Sarkozy e il buco nero di Prodi

di Giacomo Stucchi

«È suggestivo - ha fatto notare il vulcanico Giuliano Ferrara intervenendo nel salotto televisivo di Bruno Vespa - che là dove in Francia finisce la campagna elettorale per le presidenziali, con la vittoria... ...della destra e di Nicolas Sarkozy, in Italia ne cominci un’altra» con le forze politiche di destra e di sinistra che si accapigliano nell’interpretare a proprio uso e consumo le ragioni del voto francese. Da un lato, infatti, Forza Italia, Alleanza Nazionale e Udc (sia pur con sfumature diverse) plaudono alla capacità del neo Presidente di essere riuscito a segnare una svolta nel gollismo francese; dall’altro lato, invece, i soci fondatori del Partito Democratico, Fassino e Rutelli, intravedono, nella sconfitta di Ségolène Royal, la prova della validità del loro progetto, ovvero che non si vince coi soli voti della sinistra ma con la conquista di quelli di centro. In realtà la sponda sinistra dello schieramento politico italiano guarda all’esperienza d’Oltralpe nell’improbabile speranza di trarne qualche ispirazione per uscire dall’impasse nella quale si è cacciata. Anche perché se il Presidente Sarkozy è noto per essere l’uomo del fare, che adotta decisioni per risolvere i problemi, e non per dilazionare nel tempo la loro soluzione, al solo scopo di restare al potere, di contro il Presidente del Consiglio italiano si distingue per la capacità opposta.Col ritorno di Romano Prodi al Governo, dodici mesi fa, è infatti cominciato un periodo di immobilismo politico e istituzionale che forse ha pochi precedenti nella storia repubblicana. In pratica il Professore ha intuito, direi da subito, che se voleva restare più di una primavera nella stanza dei bottoni avrebbe dovuto fare tutto tranne che usarli.In altre parole, Prodi, che si limita ad intervenire solo quando si tratta di piazzare suoi uomini nei gangli vitali dell’Amministrazione dello Stato, o di influenzare le grosse operazioni economiche, ha perfettamente capito che tirare a campare è l’unica arma che ha per restare dov’è il più a lungo possibile. Solo così infatti egli può sperare, da un lato, di non toccare i precari equilibri sui quali si regge la sua risicata maggioranza e, dall’altro lato, aggirare i mille lacci e laccioli coi quali i suoi alleati credono di imbrigliarlo.Si spiega così il giochetto degli ultimi mesi su Dico, riforma delle pensioni, riforma del sistema radiotelevisivo e, da ultimo, blind trust (nuova legge sul conflitto di interessi), che consiste nell’annunciare un provvedimento governativo (magari approvarlo con un decreto, come è stato per le cosiddette liberalizzazioni di Bersani) salvo lasciarlo poi al suo destino in Parlamento. Dove peraltro, non avendo i numeri a sufficienza per portare avanti e difendere un qualsiasi programma di Governo, evita diligentemente di misurarsi.È come se ad un certo momento l’attività di Governo, che si estrinseca in tutta una serie di attività, in Parlamento, nelle riunioni del Consiglio dei Ministri, nei rapporti coi partiti, tanto di maggioranza quanto di opposizione, nelle trattative coi sindacati, nei rapporti con la Chiesa e in tutte le altre relazioni internazionali, finisse in un enorme buco nero. Tutto viene risucchiato in quel centro gravitazionale di potere, che è diventato Palazzo Chigi, dove il Presidente del Consiglio, e i suoi “prodi”, fanno e disfanno come meglio credono, mentre nessuno si cura di trovare delle soluzioni ai mille problemi da risolvere. Anzi, come avveniva ai tempi della vecchia Democrazia Cristiana (della quale Prodi è un epigono), più confusione si crea più è probabile che si resti in sella.Se i latini seguivano il motto “dividi e impera”, Prodi invece spariglia in continuazione il gioco pur di rimanere dov’è. Col risultato che i primi a non capirci più nulla sono proprio i suoi alleati che, ripetutamente, vengono mandati allo sbaraglio. Come è accaduto con la proposta di eliminare l’Ici sulla prima casa, sulla quale il Presidente del Consiglio prima ha mandato in avanscoperta Rutelli salvo poi, quando si trattava di fare sul serio, smentire il suo stesso Vice. Ma il capo del Governo sembra non preoccuparsene più di tanto perché l’importante non è fare qualcosa per i cittadini ma fare di tutto per restare a Palazzo Chigi.
Tratto da LA PADANIA [Data pubblicazione: 09/05/2007]