SOLITE LITI E VANE PROMESSE CON RENZI IN TV
di Giacomo Stucchi
L’ex premier e segretario del Pd, Matteo Renzi, di ritorno
dal suo viaggio in California, ha cominciato la sua campagna elettorale per il
congresso. Il leitmotiv è lo sconto con gli scissionisti del Pd. Neppure il
tempo di comunicare il nome del nuovo partitino della sinistra, infatti, e
subito botte da orbi tra i vecchi compagni di partito. Una rissa verbale alla
quale il ritorno di Renzi in televisione, in una trasmissione
del servizio pubblico, ha dato di certo il suo contributo.
Ma l’apparizione in tv dell’ex premier ha avuto anche lo scopo di proporre
l’introduzione del reddito di lavoro. Un’idea che serve a schiacciare l’occhio
alla sinistra, ma anche a conquistare quel voto giovanile che l’ex premier ha
perso al referendum dello scorso 4 dicembre.
Ma non bisogna farsi ingannare. Perché se è già difficile capire in cosa
consista esattamente la proposta, lo è ancor di più spiegare come la stessa
possa poi concretizzare e con quali risorse. Un dato, però, è certo: l’ex
inquilino di Palazzo Chigi non rinuncia alla propaganda e, soprattutto, non
impara dagli errori commessi.
La sua idea, se capiamo bene, è quella di distribuire lavoro anziché crearlo.
Dopo il Jobs Act, quindi, che non ha portato occupazione stabile ma ha solo
drogato il mercato del lavoro con il meccanismo degli sgravi contributivi per le
aziende che assumevano, si continua così con l’idea che si possa creare
occupazione per legge. Quando, invece, bisognerebbe guardare ad altro per
rimettere in moto l'economia. Penso, per esempio, alla diminuzione (vera!) della
pressione fiscale, alla semplificazione delle procedure burocratiche o alla
razionalizzazione della spesa pubblica.
Insomma, tutte cose delle quali Renzi si è sempre
disinteressato. Sulla sua proposta, peraltro, sarebbe interessante conoscere il
parere del premier, Paolo Gentiloni, e del ministro
dell’Economia, Pier Carlo Padoan, che sull’argomento non hanno
detto la loro. Lo stesso silenzio governativo che aleggia sul tema della
correzione dei conti pubblici chiesta da Bruxelles e che, a tutt’oggi, rimane
inevasa.
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