ALTRO CHE IUS SOLI, PENSINO PIUTTOSTO A CHI NON HA UN LAVORO
di Giacomo Stucchi
“Lasciamo il Pd, ma daremo battaglia”, ha detto in televisione Pier
Luigi Bersani; ma a cosa esattamente si intendesse riferire non è dato
sapere. In realtà la nascita del nuovo partito di sinistra (l’ennesimo!), ma
soprattutto del gruppo che potrebbe rappresentarlo in Parlamento, a noi
sembra un trasformismo in piena regola.
Ne è una prova il fatto che gli esponenti che dovrebbero fuoriuscire dal Pd
hanno già precisato, prima ancora di abbandonare la casa madre, di voler
appoggiare il governo in carica; condizionandolo, però, su alcune scelte. Cosa
farebbe, allora, questo nuovo gruppo parlamentare qualora il governo non
ascoltasse le sue richieste? La logica vorrebbe che facesse di tutto per
buttarlo giù ma, trattandosi di esponenti della sinistra, il condizionale è
d’obbligo.
Eppure, per chi avesse davvero a cuore le sorti del Paese, i motivi per
mandare a casa Paolo Gentiloni sarebbero
tanti.Basti pensare, per esempio, all’incremento del numero di assunzioni a
termine. Ovvero a quella tipologia di contratti che dovevano scomparire con
l'introduzione del Jobs Act e che, invece, secondo i dati dell’Inps, sono in
costante crescita. Un gravissimo problema che, però, non preoccupa il
presidente e segretario reggente del Pd, Matteo Orfini, per il
quale invece è prioritaria l’approvazione dello ius soli.
E poi ancora, economia ferma al palo, conti pubblici fuori controllo, sistema
bancario allo stremo, mancanza totale di sicurezza, zone terremotate
abbandonate, sono solo alcuni dei tanti problemi non risolti da un esecutivo
che si è ormai specializzato nel tirare a campare. Una “missione” che appare,
però, sempre più imbarazzante per il presidente del Consiglio e i suoi
ministri, tenuti a galla solo dalla volontà diffusa e trasversale, nei gruppi
parlamentari di maggioranza, di non andare al voto; e da un congresso del Pd che
tiene ormai in ostaggio il Paese e sul cui epilogo, francamente, non ci importa
proprio nulla.
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