MA QUALI IDEALI, NEL PD SI DIVIDONO SOLO PER LA POLTRONA
di Giacomo Stucchi
I venti di scissione che agitano il Pd non devono trarre in inganno.
Sbaglierebbe di grosso, infatti, chi immaginasse dietro a questo scontro una
lotta per gli ideali. Dal tono e dai contenuti delle argomentazioni portate
avanti dai contendenti la sensazione, invece, è che alla base della divisione
ci siano solo delle ragioni di mera sopravvivenza politica. La legge elettorale
con la quale si andrà a votare (speriamo quanto prima possibile) alle prossime
elezioni politiche sarà infatti, al netto del lavoro che si riuscirà a fare in
Parlamento, verosimilmente più vicina al sistema proporzionale. Questo significa
che il Pd a vocazione maggioritaria, con tutti dentro pur guardandosi in
cagnesco, non ha più nessuna ragione di esistere. I bersaniani, infatti, sanno
perfettamente che un Renzi vincitore del prossimo congresso molto difficilmente
li rimetterebbe nelle condizioni di essere eletti; e comunque, anche nel caso in
cui lo volesse fare, non ci sarebbero più i posti per accontentare tutti. Ecco
spiegato il motivo per cui la minoranza, prima di essere estromessa, cercherà
probabilmente di crearsi un piccolo partito di sinistra che serva alla bisogna.
Degli interessi del Paese, che nonostante tutto continua ad essere guidato
da un presidente del Consiglio del Pd, al quale adesso comincia a traballare la
poltrona per il timore che gli possano mancare i numeri parlamentari, alla
futura forza politica di sinistra non può importare di meno. Ciò che conta,
per loro, è la mera sopravvivenza politica. Al governo Gentiloni, quindi, che
non aveva abbastanza credibilità politica già prima, figuriamoci adesso che il
più grande partito della sua maggioranza guarda alla scissione, non resta che
trarne le dovute conclusioni. Continuare a rimanere asserragliati a Palazzo
Chigi può forse servire a lor signori a mantenere la cadrega ancora per un po’,
ma non certo a fare l'interesse del Paese.
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