Giacomo Stucchi - Senatore Lega Nord Padania -

PENSIERI E IMMAGINI: vi presento il mio blog. Un modo per tenermi in contatto con gli elettori, con gli amici e con tutti coloro che, anche con opinioni diverse dalle mie, desiderano lasciare un loro commento. Grazie.

martedì, luglio 10, 2007

Le strategie per tirare a campà...



di Giacomo Stucchi

Parlare a nuora affinché suocera intenda. E’ quanto stanno facendo da un po’ di tempo alcuni mass-media che, sino a qualche mese fa, erano fiancheggiatori di Prodi e del centrosinistra. Quest’ultimi, capito ormai da tempo che il Governo in carica ha il fiato corto, e che né il Professore né altri possono allungargli più di tanto la vita, sono quindi corsi ai ripari. In che modo? In primo luogo, contribuendo a tirare fuori “l’asso nella manica”, ovvero il sindaco di Roma Walter Veltroni, sul quale tra l’altro (da quando il nostro ha deciso di competere come leader del Pd) sono state pubblicate pagine piene di amenità; in secondo luogo, mettendo in atto una strategia di comunicazione che serva a preparare, al probabile futuro candidato premier, il terreno. Come? Semplice, basta far dire ad un opinionista o ad un grand commis di Stato, al di sopra delle parti politiche, ciò che invece nessun leader del centrosinistra (da Prodi a Veltroni) può dire senza creare il cataclisma nell’eterogenea alleanza. In altre parole, certe dichiarazioni servono a far capire alla sinistra massimalista che, prima o poi, con Prodi o con Veltroni, alcune decisioni (come quelle di ammettere le cose buone fatte dalla Cdl) vanno prese. Si spiegano così il “clamoroso”, nonché tardivo, riconoscimento della validità della riforma Maroni e, da ultimo, l’intervista pubblicata su “Repubblica”, al rappresentante italiano nel Consiglio della Banca Centrale Europea, Lorenzo Bini Smaghi. ”Sul deficit e le pensioni – si legge tra l’altro nell’articolo pubblicato dal quotidiano - non è in gioco solo il bilancio, ma la credibilità dell’intero impianto di politica economica europea. L’Italia è già in coda alle classifiche Ue sulla rigidità dei mercati, l’ingerenza pubblica nell’economia, la ricerca e lo sviluppo, le infrastrutture, la corruzione, il funzionamento della giustizia. Forse – continua Bini Smaghi – l’unica eccezione è il mercato del lavoro, dove negli ultimi anni sono state fatte riforme che hanno ridotto il tasso di disoccupazione sotto la media europea”. Ora, per quanto ci riguarda, da anni andiamo dicendo che Bruxelles in alcun modo può limitare le libertà politiche, economiche e sociali dei singoli Stati membri, e quindi il fatto di essere in coda alle classifiche Ue non è, di per sé, rilevante. Tuttavia le affermazioni di Bini Smaghi meritano attenzione perché denunciano l’ingerenza pubblica nell’economia, la mancanza di infrastrutture, il cattivo funzionamento della giustizia. Bini Smaghi però non è un politico e quindi si limita ad una analisi di ciò che non funziona; ma fatta la diagnosi, spetta poi alla politica trovare la cura. Una cura che i Governi Berlusconi, con l’azione determinante della Lega Nord, nella passata legislatura avevano già cominciato a somministrare: all’economia, con l’introduzione della scalone nelle pensioni; alla politica e alle istituzioni in generale, con la riforma costituzionale; alla giustizia, con la riforma Castelli; alla sicurezza, con la Bossi-Fini; al mercato del lavoro; con la legge Biagi. Certo, si è trattato di fare scelte difficili (alcune anche impopolari), impegnative per lo Stato e per i cittadini, ma il vantaggio era quello di vedere una luce in fondo al tunnel, di uscire una volta per tutte da questa perenne transizione della quale non ne può più nessuno. Poi è arrivato quel maledetto aprile 2006, la vittoria sul filo di lana (ammesso che di vittoria si possa parlare) dell’Unione, l’insediamento a Palazzo Chigi dell’armata Brancaleone guidata (si fa per dire!) da Romano Prodi e tutti siamo ritornati nel buio pesto. Oggi, da un lato, è ormai conclamato che il centrosinistra, a prescindere da chi lo guida, non è in grado di governare a causa della variegata galassia di partiti e di movimenti che lo costituiscono; dall’altro lato, nessuno, tra gli alleati di Prodi, si assume la responsabilità di buttarlo giù dalla torre per il timore, direi quasi certezza, di non essere più rieletti. Allora, avranno pensato gli strateghi dell’Unione, meglio pensarci prima e preparare da subito l’elettorato (ma anche gli stessi partiti) all’ineluttabilità di alcune decisioni. Un lavoro difficile, complicato, ma probabilmente studiato a tavolino; che la dice lunga su come, dalle parti del centrosinistra, si sia veramente arrivati alla frutta. Tutti, da Bertinotti a D’Alema, sono infatti più o meno consapevoli che se fallisce Walter, l’artefice delle “notti bianche” romane e nulla più, tutto andrà a carte quarantotto.
Tratto da LA PADANIA del 10 luglio 2007