CON IL JOBS ACT SOLO UN FUOCO DI PAGLIA
di Giacomo Stucchi
Parlando alla Scuola superiore di Polizia il premier Matteo Renzi ha detto,
tra l’altro, che “se l’Italia si rimette in moto è grazie a fattori esterni ed
interni con il Jobs act e la legge di stabiltà”. Vedremo se sarà così, al
momento però l’impressione è che gli unici effetti certi della riforma del
lavoro siano quelli di aver creato un’odiosa disparità tra i lavoratori del
settore pubblico e quelli del privato ma anche l’inesistenza di una sicurezza
del posto di lavoro per i neo assunti. Sul primo punto peraltro c’è da
registrare l’ennesima divisione nella sinistra tra chi pensa che le nuove norme
valgano anche per il pubblico e chi no. Il contratto a tutele crescenti comunque
cancella il diritto al reintegro in caso di licenziamenti per motivi economici
e quindi, al di là delle connotazioni politico-ideologiche che inevitabilmente
hanno accompagnato l’iter del Jobs act, la domanda da porsi è se sia
verosimile che a fronte della cancellazione di un diritto acquisito da parte
dei lavoratori la nuova normativa possa almeno produrre effetti positivi
duraturi sulla nostra economia. La risposta al quesito sta nel combinato
disposto tra l'abolizione dei contributi a carico delle imprese per i primi tre
anni di assunzione e l'abolizione dell'articolo 18, sostituito con gli
indennizzi previsti dal contratto a tutele crescenti, che rende le assunzioni
molto meno impegnative per le aziende rispetto al passato e aumenta però in modo
esponenziale il rischio di licenziamenti a catena. Molte simulazioni mettono in
luce come gli sgravi fiscali previsti dalla legge di stabilità siano di certo
superiori agli indennizzi che le aziende sono obbligate a pagare in caso di
licenziamento di un dipendente assunto con il contratto a tutele crescenti.
L’ancora di salvataggio dei sussidi alla disoccupazione che il governo ha
promesso di estendere a tutti potrebbe poi rivelarsi un rimedio peggiore del
male, soprattutto sotto il profilo della sostenibilità finanziaria. Insomma, con
queste premesse il Job act potrebbe avere sulla nostra economia solo l’effetto
di un fuoco di paglia.
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