LE TRAME DI RENZI CI PORTANO ALLO SFACIO
di Giacomo Stucchi
In Gran Bretagna il premier David Cameron si è dimesso un istante dopo
l'esito a lui sfavorevole del referendum sulla Brexit, dando un esempio di che
cosa significhi il rispetto della democrazia. Nel nostro Paese, invece, l’ex
presidente del Consiglio e attuale segretario del Pd Matteo Renzi, che in un
centinaio di occasioni pubbliche aveva annunciato il suo ritiro dalla scena politica
in caso di sconfitta al referendum costituzionale, ha fatto solo finta di
sloggiare dal Palazzo. Perché, ancorché sfiduciato dal voto di 20 milioni di
cittadini, non solo non sparisce dalla politica ma trama e tesse le fila, prima
per insediare un governo fotocopia dell’uscente e poi per condizionarlo in modo
subdolo. La cosa più preoccupante, però, è che dopo aver messo il Paese in una
situazione di stallo, senza neppure una legge elettorale omogenea tra le due
Camere, le trame di Renzi per cercare di tornare a Palazzo Chigi potrebbero
avere ulteriori conseguenze negative per il Paese. Come dimostra la
dichiarazione di un ministro uscente e rientrante, quello del Lavoro Giuliano
Poletti, circa la data in cui svolgere il referendum sul Jobs Act. "Se si
vota prima del referendum – ha detto infatti il ministro - il problema non si
pone. Ed è questo, con un governo che fa la legge elettorale e poi lascia il
campo, lo scenario più probabile". Parole sconsiderate che fanno capire
come l’intenzione di Renzi sia solo quella di tirare a campare condizionando il
governo Gentiloni e poi, tra qualche mese, portare il Paese alle urne per
impedire ai cittadini di esprimersi sul Jobs Act. Il voto per le Politiche a
giugno, infatti, farebbe slittare di un anno quello referendario. E’ evidente
che ormai la semplice parola referendum fa tremare dalla paura i renziani, ma
ammettere di volere il voto politico solo per evitare una nuova batosta
referendaria è inammissibile. Anche perchè le richieste relative a tre referendum
abrogativi del Jobs Act, proposti dalla Cgil, sulle quali la consulta si
esprimerà a partire dal prossimo 11 gennaio sono sottoscritti da 3 milioni di
cittadini; e ignorarli, più che una caduta di stile, a noi sembra davvero
l’ultima spiaggia del renzismo. La verità è che Renzi considera una vera e
propria sciagura un eventuale referendum sulla riforma del lavoro perchè
solleverebbe il vaso di Pandora su un’altra delle sue “perle” legislative che,
tra modifica dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori e introduzione dei
voucher, più che modificare il mercato del lavoro lo ha ridotto ad un suk; nel
quale peraltro ad avere la peggio è sempre il lavoratore. Ecco perchè, per
quanto ci riguarda, la soluzione migliore per uscire da questa situazione rimane
quella di andare a votare subito, con qualsiasi sistema elettorale.
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