Giacomo Stucchi - Senatore Lega Nord Padania -

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martedì, dicembre 11, 2007

Il Governo in un vicolo cieco

di Giacomo Stucchi

Qualcuno si illudeva che un dialogo sulle riforme potesse essere condotto senza contraccolpi. Ciò che il segretario del Partito Democratico Veltroni aveva in animo qualche settimana fa era, probabilmente, di mettere a riparo l’Esecutivo dalle continue tensioni nella maggioranza, giocando la partita su un doppio livello: quello delle riforme, compresa la legge elettorale, e quello della gestione degli affari correnti del Governo. Ma cosi non è. Perché per poter fare questo occorrerebbe una maggioranza coesa, decisa sulle cose da fare e, soprattutto, coi numeri in Parlamento. Per sfortuna di Prodi, ma direi soprattutto dei cittadini che alla fine ne patiscono le conseguenze, non esiste nessuna di queste condizioni. Sicché oggi siamo in un vicolo cieco sia sul fronte delle riforme istituzionali, con la celebrazione del referendum sulla nuova legge elettorale alle porte, sia su quello dell’azione di Governo, che ancora una volta è sottoposta a vere e proprie sollecitazioni telluriche da parte della sinistra radicale. Il giudizio negativo che il presidente delle Camera ha dato sull’operato di Palazzo Chigi è, infatti, senza prova d’appello. Le dichiarazioni rilasciate da Fausto Bertinotti nella sua intervista a Repubblica, "il progetto di governo è fallito", dovrebbero quindi porre una pietra tombale su qualsiasi ipotesi di prosecuzione dell’esperienza di Governo. Ma possiamo mettere la mano sul fuoco che alla fine questo accadrà? Crediamo di no. Il fatto è che nessuno può ipotizzare certezze sull’immediato futuro, tanto meno poi quando ad avere in mano le redini del potere sono forze politiche spregiudicate il cui unico obiettivo è quello di rimanere il più a lungo possibile incollati alle loro poltrone istituzionali. L’unica cosa indiscussa è la rabbia della gente. Come quella manifestata dai cittadini scesi in piazza a Bergamo lo scorso fine settimana per stringersi attorno al segretario federale della Lega Nord Umberto Bossi e ai sindaci leghisti, ultimi presidi di legalità, impegnati ad adempiere al loro dovere, nel rispetto del mandato ricevuto dal popolo e per questo malvisti da un Governo centralista e vessatore. Ma la protesta è generale. Non c’è categoria che negli ultimi diciotto mesi non abbia incrociato le braccia per difendere i propri legittimi interessi; non c’è città, da nord a sud, che non sia stata abbandonata al proprio destino contro un’immigrazione incontrollata, costituita spesso da gente dedita alla delinquenza; non c’è uomo, donna, giovane o anziano che guardi oggi al futuro con maggiore ottimismo di un anno fa. Dinanzi a questo stato di cose, se è vero che il destino del Governo non può che essere legato a ciò che accadrà in Parlamento, è altrettanto vero che le forze politiche di maggioranza non potranno continuare a lungo ad ignorare una protesta che monta sempre di più. Chi ricopre i più alti incarichi istituzionali non dovrebbe prendere sotto gamba i segnali di profondo malessere. Soprattutto al Nord, più che altrove, i cittadini pagano sulla loro pelle i disastri della politica sin qui condotta dal centro Sinistra e sale la rabbia per l’incoscienza di chi tira le fila a Roma. La Lega Nord ha la presunzione, confortata dal consenso, di saper interpretare gli umori del suo popolo ed è per questo che definire l’attuale situazione politica, sociale ed economica da “codice rosso” non è per niente un’esagerazione. Mai come in questo periodo, infatti, le massime istituzioni della Repubblica sono state così lontane dalle esigenze della gente, e così poco rappresentative dei loro interessi. Se ci fosse, infatti, un minimo di corrispondenza tra volontà popolare e istituzionale si dovrebbe andare a votare domani mattina; invece si accampano mille scuse per impedire che questo accada: la riforma elettorale, quelle istituzionali, la Finanziaria, la stabilità, e chi più ne ha più ne metta. Difficile immaginare cos’altro deve ancora accadere affinché sia chiaro che la misura è colma!