Giacomo Stucchi - Senatore Lega Nord Padania -

PENSIERI E IMMAGINI: vi presento il mio blog. Un modo per tenermi in contatto con gli elettori, con gli amici e con tutti coloro che, anche con opinioni diverse dalle mie, desiderano lasciare un loro commento. Grazie.

giovedì, febbraio 22, 2007

PRODI E L’EFFETTO DOMINO

di Giacomo Stucchi

E’ accaduto quello che era inevitabile accadesse. Già dallo scorso mese di aprile, risultati elettorali alla mano, avevamo pronosticato una rapida fine del Governo Prodi che, per quanto ci riguarda, avrebbe fatto meglio a non nascere neppure. Si è voluto procedere con la farsa di un esecutivo che si reggeva solo grazie ai voti dei senatori a vita e, prima o poi, la frittata doveva pure essere servita. Per cui non siamo sorpresi dalla caduta del Governo Prodi ma piuttosto dal fatto che sia potuto nascere, in primis, e che abbia potuto governare senza avere un effettiva maggioranza, poi. Abbiamo sempre detto in questi mesi, nei nostri interventi su la Padania, che l’Unione, presto o tardi, sarebbe caduta. E così è stato. Non sapevamo né quando né come ma non abbiamo mai avuto dubbi che la resa dei conti parlamentare sarebbe arrivata. Nel vedere in televisione le facce basite del ministro degli Esteri D’Alema, così come le altre dei suoi colleghi, da Mastella alla Turco (subito dopo l’annuncio del risultato del voto da parte del presidente del Senato Marini), abbiamo visto un film già noto: quello del 1998, quando Prodi per una manciata di voti venne sfiduciato dal Parlamento e fu costretto a passare la mano. E’ il destino di questa sinistra che non riesce mai a portare a termine il compito affidatogli dagli elettori. Per la verità nel 2006 questo mandato era già un po’ equivoco, nel senso che il risultato delle ultime Politiche non ha mai legittimato sino in fondo questo governo, anzi. Tuttavia siamo sempre dell’idea che in democrazia anche un voto in più fa la differenza e alla fine determina la maggioranza e la minoranza. E adesso? E’ ciò che ci chiediamo tutti da qualche ora. Perché è inutile essere ipocriti e non ammettere che se, da un lato, si sapeva che prima o poi la rabberciata maggioranza del Professore avrebbe mostrato tutti i suoi limiti, dall’altro lato, in pochi, forse nessuno, a cominciare dai diretti interessati, si pensava che questo sarebbe accaduto mercoledì pomeriggio e per giunta proprio sulla politica estera. E invece è successo tutto proprio come nel gioco del domino: prima la replica di D’Alema, che forse oggi, col senno del poi, difficilmente pronuncerebbe (per lo meno non in quei toni); poi le dichiarazioni dei dissidenti della sinistra radicale (con relativo annuncio di dimissioni di uno di essi); quindi l’astensione di Andreotti e di Pininfarina (due senatori a vita); infine la maggiorana che va sotto; il rientro a Roma di Napolitano, che si trovava a Bologna (dove peraltro Prodi avrebbe dovuto fare gli onori di casa); la salita del presidente del Consiglio al Quirinale per le dimissioni; l’inizio delle consultazioni. Si tratta di una sequenza che negli ultimi mesi abbiamo più volte sperato, immaginato, addirittura invocato. Ora tutto questo è accaduto davvero. Tutte le tessere del domino sono cadute, una dietro l’altra. Ma adesso bisogna andare avanti. Il rinvio di Prodi alle Camere è costituzionalmente corretto ma politicamente folle. Che senso avrebbe infatti continuare con un governo che non ha nulla da dire? Anche se l’esecutivo rimettesse insieme tutti i suoi pezzi, dai senatori a vita ai dissidenti della sinistra radicale (ed è possibile che li ritrovi, sia pur per un singolo voto di fiducia), il problema dell’ingovernabilità, dovuta alle divisioni interne all’ex maggioranza, si ripresenterebbe. Almeno una decina di volte, per limitarci solo alle prossime settimane, ancora sulla politica estera (con il voto sulla missione in Afghanistan) ma anche sui DICO, sulle pensioni e su molto altro ancora. Di nuove maggioranze, magari con stampelle centriste, non si può neppure parlare. A chi lo fa, ricordo che il sistema elettorale, con il quale abbiamo votato l’anno scorso, prevedeva il premio di maggioranza alla coalizione; quindi è del tutto evidente che un eventuale cambio di maggioranza, ancorché con un appoggio esterno, di fatto inficerebbe la volontà dei cittadini, il risultato elettorale e persino la rappresentanza parlamentare. Per cui, premesso che per il Carroccio sarà il segretario federale Umberto Bossi a indicare la via maestra, non resta altro da fare che andare a votare subito.
Tratto da LA PADANIA del 23 febbraio 2007