Giacomo Stucchi - Senatore Lega Nord Padania -

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giovedì, luglio 28, 2016

SE PIL VA GIU' NON E' SOLO PER COLPA DELLA BREXIT

di Giacomo Stucchi
Dire che il governo si trova in una fase di stallo è quasi un eufemismo. Dalle amministrative in poi, quando Renzi ha visto ridimensionati i suoi sogni di gloria elettorali, tutto è cambiato sulla scena politica. Sia che il premier parli di referendum (anche se ultimamente non la fa quasi più) sia che parli di economia o di politica estera, l’opinione pubblica sembra intenzionata a dargli sempre meno credito. Persino nel bilaterale con la neo premier inglese Theresa May è apparso evidente l’abisso esistente tra le due leadership: la prima, la nuova inquilina di Downing Street, impegnata nell’avviare un processo che, piaccia o meno, sarà storico sia per il Regno Unito sia per l’Unione europea; la seconda, invece, molto più modestamente, affaccendata nel tirare a campare il più possibile per rimanere incollata alla poltrona in attesa di un responso elettorale, quello sul referendum costituzionale, che verosimilmente determinerà il suo destino. Il punto è che, nel frattempo, tutte le questioni sul tappeto rimangono irrisolte e né il governo né la maggioranza parlamentare sembrano avere la capacità di venirne a capo. Anzi, dal referendum sulla Brexit in poi, la nuova tendenza di Palazzo Chigi e del Tesoro è quella di attribuire i pessimi risultati dell’economia italiana non certo all’incapacità del governo, che non ne ha azzeccata una, ma all’incertezza determinata proprio dall’uscita del Regno Unito dall’Europa sancita con il referendum di giugno. Per giustificare la revisione al ribasso dei parametri economici il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan ha infatti tirato in ballo la debolezza delle economie dei mercati emergenti e il nervosismo pre e post Brexit. Insomma, tentano di scaricare su fattori congiunturali, che pur esistono ma che di certo si faranno sentire ancor di più nei prossimi mesi, la loro incapacità a far uscire il Paese dalla crisi. Secondo le stime più accreditate, infatti, quest’anno la crescita del Pil si fermerà sotto la soglia dell’1%, due o tre decimali in meno di quanto previsto dal governo nel Def dello scorso aprile.