Giacomo Stucchi - Senatore Lega Nord Padania -

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giovedì, giugno 14, 2012

MONTI SEMPRE PIU' SOLO

di Giacomo Stucchi

Lo scorso novembre giurava il governo Monti. "Sarà una corsa", diceva il professore non appena insediatosi a Palazzo Chigi e orgoglioso di essere riuscito a mettere su una squadra di soli tecnici. Addirittura a uno di loro, Passera, venne dato un superdicastero con Sviluppo e Infrastrutture. Ai cittadini, per giustificare il fatto che un governo legittimamente eletto dal popolo veniva estromesso con una manovra di palazzo, fu detto che l'assenza di politici nell'esecutivo avrebbe agevolato in positivo l'azione di governo. Il che, implicitamente, equivaleva a scaricare le responsabilità di tutto ciò che non andava, dalla crisi dell'euro alle speculazioni finanziarie internazionali, per non parlare poi della crisi economica, ai partiti che sino a quel momento avevano sostenuto un governo eletto democraticamente. Ebbene dopo sette mesi la verità emerge. Soprattutto risulta ormai evidente come la crisi finanziaria, con appresso quella economica, non c'entravano nulla con il governo di centrodestra ma erano una diretta conseguenza di politiche economiche europee sbagliate. Il governo dei tecnici poi, da quando è entrato nella stanza dei bottoni, ci ha messo del suo per complicare la situazione: portando avanti una politica economica recessiva, tutta improntata all'incremento della tassazione; creando uno Stato di polizia fiscale, secondo il presupposto che il cittadino deve temere l'azione del fisco; e tenendosi alla larga da tutte quelle riforme che, invece, avrebbero potuto contribuire a liberare risorse e far ripartire l'economia. La stessa riforma del lavoro, che come i gamberi fa un passo avanti e quattro indietro, non sembra proprio essere fatta per liberalizzare il mercato del lavoro ma, al contrario, per ingessarlo ancora di più e per mettere soprattutto i lavoratori autonomi, titolari di partite iva, nelle peggiori condizioni possibili per trovare lavoro e svolgerlo al meglio. Quanto alla credibilità personale di Monti sono i numeri a parlare: quelli dei sondaggi sulla sua popolarità, che indicano una caduta libera del gradimento nei cittadini del suo operato; ma anche quelli dello spread, ritornato a livelli dello scorso anno, che dicono chiaramente come persino i mercati internazionali non credono più di tanto nella capacità del professore di potere risalire la china. Né le ultime dichiarazioni sulla vendita del patrimonio pubblico per fare cassa, ed evitare quindi a breve un'altra manovra, sono servite a fare una breccia nel muro di scetticismo e sfiducia che ormai circonda il presidente del Consiglio. Del resto il fallimento di Monti e del suo governo è reso evidente anche dal fatto che nemmeno l'accorrere al suo capezzale di chi lo ha fortemente voluto, Alfano-Bersani-Casini, nelle ormai inutili riunioni tra gli alleati e il premier, è sufficiente a rilanciarne l'azione. Gli stessi toni degli interventi dei tre segretari di partito della maggioranza, in occasioni dei voti di fiducia alla Camera sul Ddl corruzione, la dicono lunga su quale sia lo stato di salute del governo tecnico.