Giacomo Stucchi - Senatore Lega Nord Padania -

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giovedì, giugno 07, 2012

LE COSE CHE MONTI NON HA FATTO


di Giacomo Stucchi

Se Monti volesse fare davvero qualcosa di buono per il Paese dovrebbe attivarsi subito almeno su due fronti: quello interno, per far sì che le banche, ora che hanno avuto ampie rassicurazioni dal presidente della Bce Mario Draghi di una liquidità garantita per tutto il 2012, facciano il loro lavoro e diano credito immediato alle famiglie e alle imprese in gravissime difficoltà; quello esterno, spingendo fortemente coi partner europei per una rinegoziazione del fiscal compact, dopo averne rinviato l'approvazione definitiva in Parlamento, che altro non è che un accordo capestro per il Paese e per la sua parte più produttiva. Recepire nel nostro ordinamento un simile accordo significa consegnare definitivamente la nostra sovranità nelle mani della Germania e dei burocrati di Bruxelles. Insomma, una follia pura! Il Nord, poi, non accetterà mai di risanare con il proprio Pil i debiti fatti dagli altri. Ma, lo precisiamo subito, dubitiamo fortemente che il presidente del Consiglio si muoverà seguendo le strade indicate. Monti infatti è a Palazzo Chigi non per tutelare gli interessi dei cittadini ma quelli delle banche (per le quali peraltro ha sempre lavorato) e, quindi, è molto più probabile che egli continui nella dissennata e folle politica di inasprimento della pressione fiscale, e che rinunci definitivamente a tentare di mettere il Paese su un percorso virtuoso. Il Professore ne aveva tutte le possibilità. Monti, avendo a sua disposizione una maggioranza bulgara in Parlamento, che ad eccezione della Lega Nord, quasi per intero gli ha votato la fiducia, e un'ampia popolarità generata dalle tante aspettative della gente comune, avrebbe potuto completare il percorso riformatore già avviato con successo dal governo Berlusconi ma purtroppo interrotto anche a seguito di un tam tam mediatico di certa stampa di sinistra che, come già in occasione della grande riforma costituzionale varata dal centrodestra nel 2006, ha generato sfiducia e false perplessità. Monti avrebbe potuto portare avanti il federalismo fiscale che se completato nel suo iter, anziché essere messo in un cassetto, avrebbe potuto dare già i suoi benefici effetti proprio sul fronte che il commissario straordinario per la spending review, Enrico Bondi, ha individuato come la vera e propria voragine della spesa pubblica, ovvero quello della sanità. Con la nostra riforma, partita peraltro all'inizio dell'attuale legislatura sotto i migliori auspici e con una proficua e fattiva collaborazione anche dell'allora opposizione di sinistra, si sarebbe già resa operativa l'adozione dei costi standard ed eliminato la scandaloso andazzo che attualmente consente al sistema sanitario di pagare la stessa identica siringa con cifra molto differente, a seconda se usata in un ospedale di Reggio Calabria piuttosto che di Bergamo o Mantova. E invece no, si è scelto di spremere i cittadini con una pressione fiscale inaudita, con la diretta ed inevitabile conseguenza di un crollo dei consumi che, già dall'inizio del 2012, ha portato a un minore gettito Iva quantificato dalla Corte dei Conti in 3,4 miliardi di euro.