Giacomo Stucchi - Senatore Lega Nord Padania -

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martedì, novembre 24, 2009

LA RIFORMA DELLA GIUSTIZIA SPETTA AL PARLAMENTO

di Giacomo Stucchi

Che democrazia è quella nella quale il potere giudiziario, anziché occuparsi dei processi, pone al Parlamento dei paletti quasi assurgendo a terza Camera legislativa? L’interrogativo non è fine a sé stesso, perché dalla risposta che si intende dare dipende il modo di porsi rispetto al problema esistente di una crescente conflittualità tra potere giudiziario e legislativo. Chi scrive nutre il massimo rispetto per la magistratura come istituzione, e per tutti quei magistrati che fanno il loro dovere, magari nell’anonimato delle Procure, e di certo tra le mille difficoltà nelle quali versa il sistema giudiziario e che nessuno può disconoscere. Questa situazione non è certo imputabile al Governo Berlusconi, ma ai molti anni di lassismo da parte degli Esecutivi della Prima Repubblica che, tra l’altro, hanno sempre proceduto alle riforme della giustizia con continui stop and go, senza avere mai avuto un quadro d’insieme. Questo modo di procedere ha fatto si che il nostro sistema giudiziario, sia sotto il profilo del processo penale, sia sotto quello dell’amministrazione in generale, assomigliasse sempre più ad un vestito di Arlecchino. I risultati, soprattutto per quanto riguarda la lentezza del procedimento giudiziario, sono oggi sotto gli occhi di tutti, ma ciò non autorizza i giudici ad uno sconfinamento in campi che non sono di loro competenza. Cominciare a porre in essere una vera riforma della giustizia, infatti, non spetta all’Anm, ma al Parlamento. L'obiettivo della riforma sarà quello di incidere sui singoli processi, siano essi del premier o di qualunque altro cittadino, ma anche sul funzionamento del sistema giustizia in generale, per migliorarlo e renderlo più moderno ed efficiente. In una democrazia che si rispetti, le regole del gioco sono queste. Da noi, invece, sta accadendo che potere giudiziario e legislativo, anziché collaborare, e confrontarsi nell’interesse supremo di rendere il miglior servizio possibile al cittadino, si pongono l’uno contro l’altro. C’è poi chi tra le forze politiche di opposizione, mi riferisco all’Idv di Di Pietro, ha fatto della difesa ad oltranza della magistratura la sua stessa ragion d’essere. Il partito guidato dall’ex pm rappresenta a pieno titolo, fuori e dentro il Parlamento, gli interessi dei magistrati e considera quest’ultimi non come dei servitori dello Stato, ma come dei paladini in perenne lotta con gli altri poteri istituzionali per rivendicare non si capisce bene cosa. Una posizione legittima quanto si vuole, ma che inevitabilmente contribuisce ad alterare gli equilibri tra i poteri istituzionali. Tanto più se si considera il fatto che è davvero difficile trovare un altro Paese al mondo ove si riconoscano ai giudici l’autonomia e le prerogative delle quali godono i magistrati di casa nostra. Né servono a migliorare il clima le continue apparizioni in televisione di esponenti togati che, quasi fossero dei predicatori in cerca di proseliti, cercano di perorare la loro causa. Si tratta di una strada sbagliata che non porta a nulla se non ad ulteriori polemiche e lacerazioni delle quali, francamente, nessuno avverte la necessità.