Giacomo Stucchi - Senatore Lega Nord Padania -

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venerdì, novembre 17, 2017

LA BATOSTA DEL VOTO SICILIANO HA LASCIATO IL SEGNO NEL PD



di Giacomo Stucchi

All’ennesima reprimenda dell’Unione europea, che con il vice presidente della Commissione europea Jyrki Katainen ha accusato il governo di non dire la verità sui conti pubblici, ha provato a rispondere il premier Paolo Gentiloni, sostenendo che il nostro Paese non è più il “fanalino di coda dell’Ue”. Ma il giudizio negativo di Bruxelles, che deriva certo dall’insoddisfazione per i numeri in senso stretto della nostra economia che procede sempre a passo di lumaca, chiama in causa anche l’inefficacia delle politiche economiche portate avanti da Palazzo Chigi negli ultimi anni. Politiche che, peraltro, sono messe in discussione dalla stessa variegata galassia di partiti e partitini che ruotano intorno al Pd e ai quali un Renzi ormai disperato cerca di ammiccare in tutti i modi, avvalendosi anche dell’emissario Piero Fassino. Insomma, un cambio di strategia evidente da parte dell’ex premier che, come se nulla fosse, è passato dalla teoria del partito autosufficiente a quella della coalizione a tutti i costi. Segno evidente che la batosta del voto siciliano ha lasciato il segno al Nazareno, dove sono ormai ben consapevoli che il voto nazionale darà loro il colpo di grazia. L’affannarsi dei dirigenti Dem nelle infinite ed estenuanti contrattazioni, con ipotetici alleati, sulla leadership ma anche su provvedimenti legislativi dell’ultima ora da approvare ai tempi supplementari della legislatura, la dice lunga sul clima da allarme rosso che si respira nel Pd. Ma sul piano concreto si tratta solo di aria fritta, anche perché il fallimento totale di Renzi è nei fatti e a poco serve, oggi, cercare di raddrizzare provvedimenti, come quello sul lavoro, che non ha certo risolto il dramma della disoccupazione, soprattutto tra i giovani. Checche’ ne dica la narrazione renziana, la verità è che famiglie e imprese continuano ad arrancare e il governo utilizza la manovra economica per fare campagna elettorale anziché guardare alle soluzioni strutturali. Ma anche i nostri partner europei, ormai, conoscono bene le costose politiche dei bonus del Pd, che non portano a un’effettiva crescita ma solo a vantaggi effimeri per questa o quell’altra categoria; e per questo mettono le mani avanti ed esprimono tutti i loro dubbi. Il timore, più che concreto, è che il governo stia agendo nella speranza che i beneficiari di determinate misure se ne ricordino nel segreto dell’urna quando andranno a votare nel 2018.