UNA MANOVRA ACCHIAPPA-VOTI
di Giacomo Stucchi
La manovra economica del Governo si caratterizza più per la solita politica
dei bonus che non per interventi efficaci, in grado cioè di aiutare davvero le
imprese a crescere e le famiglie ad affrontare le mille difficoltà che uno
Stato, fin troppo distratto nei loro confronti, non fa nulla per alleviare. In
particolare viene ampliata la platea dei beneficiari del bonus Irpef, gli 80
euro di renziana memoria. Una politica che si è già rivelata poco efficace per quanto
riguarda i suoi riflessi sul fronte dei consumi, considerato che le famiglie che
ne usufruiscono preferiscono pagare una bolletta anziché comprare un capo
d'abbigliamento, e che ci riporta indietro di quasi quattro anni quando il
bonus fu voluto dall'allora presidente del Consiglio, Matteo
Renzi, per accattivarsi le simpatie degli elettori alle consultazioni
Europee. Dopo quasi quattro anni la modalità è la medesima e si continua ad
ammiccare all'elettorato con queste elargizioni. Nel frattempo però altri
settori vengono lasciati nel limbo dell’incertezza. Penso, per esempio, a quello
immobiliare. Con la proroga di due anni, anziché la stabilizzazione, della
cedolare secca al dieci per cento sui contratti di affitto concordato; dai
quali peraltro rimangono esclusi uffici e negozi. Una misura che se fosse stata
stabilizzata avrebbe di sicuro dato slancio e ossigeno a un mercato penalizzato
dalla tassazione e avrebbe di certo, come dimostrano tutte le statistiche e i
dati, contribuito a far emergere il nero. Ancora bonus, poi, per i primi tre
anni di assunzione di under 30; uno sconto contributivo che per il solo 2018
vale anche per stabilizzare chi non ha ancora compiuto 35 anni. Si tratta di
misure che si sono già rilevate un palliativo, come dimostrano del resto i dati
Istat che certificano in crescita il tasso di disoccupazione giovanile (relativo
alla fascia di età 15-24 anni), che a settembre risale al 35,7%, con un aumento
di 0,6 punti percentuali su base mensile. Si continua a cercare di creare
lavoro con provvedimenti legislativi, molto costosi per lo Stato, mentre si
trascura la possibilità di abbassare le tasse alle imprese per metterle nelle
migliori condizioni per creare sviluppo e occupazione. Insomma, siamo alle
solite misure che non hanno nulla di strutturale e che non guardano alla
soluzione dei problemi alla loro radice. Perché l’obiettivo è quello di far
contenti gli elettori, in vista della consultazione elettorale della prossima
primavera, nella speranza che certe elargizioni bastino ad accattivarsi le loro
simpatie.
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