CON L'APE ARRIVA L'ENNESIMA FREGATURA
di Giacomo Stucchi
Quando si osserva la politica degli annunci del presidente del
Consiglio è inevitabile pensare al proverbio “il lupo perde il pelo ma non il
vizio”. Dopo due anni di dichiarazioni a effetto, alle quali poi però non sono
seguite misure efficaci per superare davvero la crisi economica e far risalire
la china al Paese, ecco spuntare l'ennesima comunicazione via twitter del
premier. Questa volta si tratta della flessibilità in uscita per accedere alla
pensione e si chiama Ape, che sta per Anticipo Pensionistico. Ma più che una
soluzione ai drammi sociali, provocati dall’introduzione dello sciagurato
scalone della Legge Fornero, a noi sembra una vera e propria fregatura ai danni
dei cittadini. In sostanza a coloro i quali si trovano al massimo a tre anni
dall’età pensionabile, il presidente del Consiglio “offre” una soluzione che
appare già come una beffa, perchè prevede per ogni anno di anticipo un taglio
dell’assegno del 4% ma con una soglia variabile in base al reddito che potrà
diventare più pesante per gli assegni più alti e più leggera per quelli più
bassi. In alcuni casi, con tre anni di anticipo, il taglio complessivo potrebbe
quindi aggirarsi intorno al 25/30%. Ma si tratterebbe di una misura da far valer
solo per un certo periodo di tempo per permettere ai nati nel ’51-’53, quelli
che Renzi definisce “più sfigati” per aver visto sfumare l’opportunità di andare
in pensione con le vecchie norme, di ottenere l’assegno pensionistico già a
partire dal prossimo anno. Il pensionato “flessibile”, quindi, lascerebbe il
lavoro prima della scadenza prevista dalla Legge Fornero, 66 anni e sette mesi,
per incassare però un anticipo dell’assegno più basso rispetto alla pensione
normale secondo le suddette regole del 4%. L’anticipo lo restituirà poi in
piccole rate che verranno trattenute dal momento in cui decorre la pensione
normale. Quindi, anziché cambiare la Legge Fornero, che blocca la ripresa
economica del Paese perchè impedisce ai sessantacinquenni di andare in pensione
e ai venticinquenni di trovare un lavoro, il governo propone ai pensionandi una
soluzione peggiore del male e nega ai futuri pensionati la speranza di una
revisione dell’attuale assurda normativa sulle pensioni. Infine un’amara
constatazione: se il governo non avesse utilizzato i miliardi di euro che ha
speso per elargire bonus, di certo graditi da parte di chi li ha ricevuti ma
non in grado di rilanciare i consumi e l’economia, o finanziare provvedimenti
fine a se stessi, forse oggi non sarebbe necessario costringere la gente a
tagliarsi l’assegno previdenziale per avere riconosciuto il sacrosanto diritto di andare in pensione.
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