SULLA LEGGE DI STABILITA' I PRIMI NODI VENGONO AL PETTINE
di Giacomo Stucchi
Non comincia nel migliore dei modi il cammino della Legge di Stabilità. Nel
senso che tutti i nodi vengono al pettine e le bugie del presidente del
Consiglio Renzi a galla. Da registrare, in primis, le critiche della Corte dei
conti, secondo la quale la manovra “lascia nodi irrisolti e l’aumento dell’Iva
andava rimodulato non cancellato”. Ma c’è di più. Secondo i tecnici del Servizio
Bilancio il taglio complessivo ai fondi regionali ammonta in tre anni,
2017-2019, a circa 17 miliardi. Imputando di fatto, come ha fatto notare il
dimissionario presidente della Conferenza delle Regioni, Sergio Chiamparino,
uomo non certo vicino al centrodestra, “due terzi dell’intera spending review a
carico delle Regioni”. In pratica la stretta nella spesa pubblica viene
concentrata per lo più a livello periferico, favorendo invece quella a livello
centrale. Stessa musica se si passa dalle regioni ai comuni. Sull’abolizione
della Tasi, e sulla manovra compiuta dal governo per compensare il mancato
gettito per i sindaci, i tecnici del Sevizio Bilancio evidenziano infatti come
il fondo che compensa la perdita del gettito della tassa sulla prima casa sia
“rigido” e “limiti la manovra dei Comuni”. Con quali conseguenze, aggiungiamo
noi, sulla qualità dei servizi i cittadini lo potrebbero scoprire molto presto
sulla loro pelle. Come se non bastasse, i tecnici rilevano, poi, problemi di
calcolo anche per quanto riguarda la sterilizzazione della clausola di
salvaguardia che avrebbe fatto aumentare l’Iva nel 2016. Insomma, i conti di
questa manovra, così come le promesse del governo, sono tutti da verificare.
Basti pensare che secondo il presidente dell’Inps, Tito Boeri, non sono
verosimili le previsioni del governo quando considera chiuso il capitolo
esodati. Secondo Boeri, infatti, i fondi stanziati dal governo in Stabilità
non sono abbastanza per chiudere definitivamente questa vicenda. Un dramma
sociale, creato dall’ex ministro Fornero e dal Pd che ha fortemente appoggiato
il governo Monti, rispetto al quale oggi Renzi vorrebbe mettere l’ennesima
pezza.
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