Giacomo Stucchi - Senatore Lega Nord Padania -

PENSIERI E IMMAGINI: vi presento il mio blog. Un modo per tenermi in contatto con gli elettori, con gli amici e con tutti coloro che, anche con opinioni diverse dalle mie, desiderano lasciare un loro commento. Grazie.

giovedì, luglio 28, 2011

QUEI SILENZI ASSORDANTI DEL PD

di Giacomo Stucchi



L’annuncio di ricorrere ad una class action da parte degli iscritti del Pd per reagire alle notizie sulle inchieste giudiziarie pubblicate da alcuni giornali, la dice lunga sullo stato confusionale nel quale versa il principale partito di opposizione. Torniamo sull’argomento, dopo essercene già occupati nell’ultimo nostro intervento su La Padania, perché lo riteniamo sintomatico di uno stato d’animo che alberga in una parte della classe dirigente del Pd che anziché assumersi le proprie responsabilità continua a fare della morale agli altri, soprattutto sui provvedimenti governativi che riguardano la giustizia. In tema di giustizia diciamo subito che la nomina del nuovo Guardasigilli Francesco Nitto Palma è una buona notizia. Non perché il suo predecessore non sia stato all’altezza della situazione, anzi è vero esattamente il contrario, ma perché una volta deciso nel Pdl di eleggere Alfano segretario di quel partito era giusto e doveroso che fosse messo nelle condizioni di farlo a tempo pieno. Al neo responsabile di via Arenula ci sentiamo peraltro di rivolgere, oltre agli auguri di buon lavoro, un invito a guardare alle riforme della giustizia, che in passato, troppo spesso, sono state fatte a compartimenti stagni, senza considerare il loro quadro d’insieme. Tornando al Pd, e alle reazioni di Bersani per le notizie sulle indagini giudiziarie che riguardano il suo partito, non si capisce bene a cosa si riferisca il segretario quando dice di volere fermare “la macchina del fango”, lasciando intendere poi di aver capito perché, ed ad opera di chi, la stessa sia stata messa in moto. In sostanza Bersani ha denunciato all’opinione pubblica il tentativo in atto di screditare il suo partito, ad opera di “poteri forti” e utilizzando le inchieste giudiziarie, per impedire che lo stesso possa diventare un’alternativa credibile all’attuale governo in carica. Si tratta di un’analisi che lascia perplessi. In primo luogo perché a decidere chi mandare al governo non sono le Procure ma il popolo quando si reca a votare. In secondo luogo perché alcuni dei rati contestati, come quelli a carico di Penati nell’inchiesta di Monza, o al senatore Tedesco nel caso dell’inchiesta di Bari, risalgono ad un' epoca antecedente ai recenti sviluppi della politica nazionale. La qual cosa farebbe pensare o che gli inquirenti avessero ampiamente previsto gli accadimenti o che abbiano volutamente tenuto nel cassetto certe testimonianze per chissà quanto tempo! Noi non crediamo né all’una né all’altra ipotesi. Come del resto pensiamo non lo credano neppure alcuni esponenti del Pd, a cominciare dal sindaco di Firenze Renzi, che con il loro silenzio assordante di questi giorni in realtà dicono più di mille parole. Che non sono certo di solidarietà nei confronti dei loro dirigenti.