Giacomo Stucchi - Senatore Lega Nord Padania -

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giovedì, giugno 12, 2008

ALLARME ECONOMIA, L'UE NON PONGA OSTACOLI AI GOVERNI

di Giacomo Stucchi

Secondo la Banca centrale europea esisterebbe un allarme Italia sul fronte dell’economia. Il nostro, infatti, sarebbe tra i paesi per i quali è "particolarmente urgente" accelerare gli sforzi di risanamento dei conti pubblici poiché disporrebbe di un margine di manovra "scarso" o "nullo", essendo già vicina al valore di riferimento del 3% del Pil. Abbiamo volutamente utilizzato il condizionale non perché non riteniamo attendibile la fonte della suddetta notizia, ma perché, quando si tratta di conti pubblici, è sempre meglio essere prudenti. La Bce, inoltre, nel suo bollettino mensile, dove rileva anche che l'inflazione dell'area euro rimarrà ampiamente sopra il 3% per tutto il 2008, fotografa la situazione economica più in generale: "nell'orizzonte di medio periodo le prospettive per la stabilità dei prezzi restano chiaramente soggette a rischi al rialzo e questi ultimi sono ulteriormente aumentati". Secondo l’istituto comunitario, i rischi maggiori per l'inflazione vengono da prezzi di energia e alimentari, prezzi amministrati, imposte indirette e da una possibile spirale rialzista prezzi-salari. In questo caso, si tratta di un’analisi incontestabile che effettivamente rispecchia la situazione di molte famiglie che, pur potendo contare su uno stipendio fisso, non riescono più a far fronte alle spese domestiche ordinarie e, se posti dinanzi alla necessità di una spesa non prevista, entrano in crisi. Tutto questo succede più o meno in tutte le regioni, comprese quelle del Nord, tradizionalmente più ricche, che invece oggi registrano il sempre più allarmante fenomeno dei cosiddetti “nuovi poveri”. Ovvero di quella classe media (per lo più impiegati con un reddito fisso) il cui stipendio si è decurtato paurosamente a causa dell’aumento dei beni di prima necessità (in primis alimentari e carburanti). Se questa è la diagnosi, allora quale deve essere la cura? Dal nostro punto di vista l’Ue, con la sua legislazione invasiva fatta di leggi, regolamenti e codicilli vari, proprio alla luce dell’analisi citata, deve cambiare decisamente registro e prevedere un più ampio margine di discrezionalità ai singoli Stati membri affinché questi possano adottare le misure economiche che servono alla soluzione della crisi. Per quanto riguarda l’Italia, la riduzione delle tasse, o la defiscalizzazione delle ore straordinarie (una misura che serve ad incentivare il lavoro e non a deprimerlo) costituiscono un esempio di cosa può fare un Governo per venire incontro alle esigenze dei cittadini. Dinanzi a queste iniziative, perciò, Bruxelles non può fare altro che prendere atto delle decisioni assunte, astenendosi dal posizionare paletti vari o dal sanzionare questo o quell’altro intervento. Già un anno fa, in occasione dei primi passi compiuti dal presidente Sarkozy subito dopo la sua elezione (che andavano esattamente nella direzione da noi auspicata), avemmo modo di sottolineare come ogni singolo Stato membro dell’Ue ha il diritto-dovere di attuare una politica economica che non si faccia strozzare dai lacci e laccioli dell’Unione europea ma, al contrario, che serva a soddisfare le più immediate esigenze delle imprese e dei contribuenti, dinanzi alle quali non c’è patto di stabilità che tenga. Ebbene, oggi, a poche settimane dal suo insediamento, il Governo Berlusconi, con l’impulso determinate della Lega Nord, direi che si sta muovendo seguendo questa strada e l’auspicio è che continui a farlo per tutta la legislatura senza tentennamenti di sorta.