CON RENZI L'ECONOMIA E' FERMA AL PALO
di Giacomo Stucchi
I numeri sulle attivazioni di contratti a tempo indeterminato nei primi sei
mesi di quest’anno, che il governo sbandiera come un grande risultato, non
devono trarre in inganno. Il loro aumento, rispetto al 2104, dimostra solo che
gli sgravi contributivi sono un incentivo alla creazione di rapporti di lavoro
stabili sul totale delle assunzioni; ma questo non significa che sia in atto una
vera e propria ripresa economica. Anzi, come rivela l’Istat, a luglio 2015
diminuisce l'indice del clima di fiducia dei consumatori e delle imprese, con
un vero e proprio crollo per quelle agricole; e peggiora sia l'attesa per la
propria situazione che, soprattutto, per l'economia del Paese. Del
resto a evidenziare quanto sia lenta ed effimera la nostra crescita è anche
l’analisi del Fondo Monetario internazionale che, con l’attuale ritmo della
nostra economia, prevede un periodo di circa vent’anni per recuperare i posti di
lavoro persi negli ultimi anni. Tutto ciò dimostra quanto abbiamo sempre
affermato: non bastano gli sgravi fiscali per le assunzioni a favorire la
ripresa (un imprenditore assume solo se aumentano le commesse) ma serve mettere
in moto l’economia reale riducendo le tasse, razionalizzando la spesa pubblica
e semplificando la macchina burocratica. Ma il rimedio che il governo Renzi
ha individuato per cercare di venire fuori da questa situazione rischia di
essere peggiore del male. L’obbiettivo di recuperare risorse, infatti, non può
essere perseguito con gli scandalosi tagli nella sanità che il dl Enti Locali si prefigge; perché le misure annunciate puniscono le
regioni virtuose e penalizzano gli utenti. Se si vuole fare un’efficiente
riduzione della spesa pubblica nella sanità si applichino allora in modo
esclusivo i costi standard; e allora si che verranno fuori le mostruosità di
un sistema che penalizza chi spende bene i soldi pubblici e avvantaggia, invece,
chi li sperpera.
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