LE RETICENZE DEL GOVERNO VENGONO A GALLA
di Giacomo Stucchi
Tra le reticenze del governo Renzi, che via via stanno già venendo a galla, la più grave è quella di aver fatto credere all’opinione pubblica che le politiche del rigore imposte dall’Ue fossero conciliabili con quelle dello sviluppo. Da due mesi il premier ripete come un mantra che solo rispettando i parametri europei il governo può acquisire la credibilità necessaria per potere poi chiederne la modifica. Un ragionamento, per la verità un po’ cervellotico, smentito dai fatti ora che il governo, dopo settimane di annunci mediatici, è stato costretto dalle scadenze a scoprire le sue carte. Alla vigilia di un Consiglio dei ministri, che per l’ennesima volta viene enfaticamente giudicato decisivo per indicare la via da seguire, il Parlamento è stato chiamato ad esprimersi sul Def, ma anche sulla richiesta fatta dal governo all’Ue di un rinvio dei tempi per il raggiungimento del pareggio di bilancio. Una circostanza prevista dalla legge per “casi eccezionali” e che richiede comunque un voto a maggioranza della assemblee parlamentari. Dalle argomentazioni poste dal ministro dell’Economia Padoan, nel suo intervento al Senato, che individuano nelle sfavorevoli “condizioni macroeconomiche e finanziarie” le ragioni che giustificano la richiesta di rinvio del pareggio di bilancio, sembra quasi che le stesse siano sopraggiunte solo nelle ultime settimane; mentre sappiamo tutte come esse siano strettamente connesse alle politiche di rigore imposte da Bruxelles, alle quali i governi degli ultimi due anni si sono piegati senza battere ciglio. Quindi, delle due l’una: o l’ex sindaco di Firenze, al momento in cui ha tolto il posto a Palazzo Chigi al suo predecessore Enrico Letta, non si è fatto dare le consegne; o, se le ha avute, le ha capite soltanto adesso che i conti non gli tornano. In ogni caso la sostanza è che i tempi annunciati da Renzi per fare le riforme sono già saltati e le poche decine di euro in più in busta paga, previste per una specifica platea di contribuenti, non basteranno a far ripartire né i consumi, né l’occupazione.
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