LA DISASTROSA VOCAZIONE RIFORMATRICE DELLA SINISTRA
di Giacomo Stucchi
Se la riforma elettorale Renzi-Berlusconi andasse in porto senza modifiche il
rischio concreto sarebbe quello di passare da una brutta legge elettorale ad
un’altra peggiore. Ma anche pericolosa, perché tra l'altro permetterebbe al vincitore di
avere un premio di maggioranza sproporzionato rispetto al corpo elettorale che
rappresenta. Un sistema di voto che permetta l’ingresso in Parlamento di
un’autentica rappresentanza dell’elettorato, oltre alla possibilità per i
cittadini di scegliersi i propri parlamentari e di avere la ragionevole
certezza di un governo stabile, che realizzi il programma scelto dalla
maggioranza degli elettori, è tutt’altra cosa. Può quindi una legge elettorale
soddisfare gli interessi di uno o due partiti, relegando gli altri a ruolo di
comprimari della scena politica? In un sistema democratico la risposta è “no”,
ma con l’avvento di Renzi alla segreteria del Pd l’impressione è che il partito,
o parte di esso, possa cadere di nuovo negli errori del passato. La sinistra,
infatti, già nel 2001, con l’approvazione in tutta fretta della riforma del
Titolo V della Costituzione, che ha portato all’attuale contenzioso tra Stato
centrale ed enti locali, ha dimostrato di non avere lungimiranza in tema di
riforme. Una tendenza confermata anche nel 2006 quando boicottò, riuscendo ad
affossarlo, il referendum confermativo sulla riforma istituzionale approvata
dal centrodestra e fortemente voluto dalla Lega Nord. Con quella riforma la
riduzione del numero dei parlamentare, le modifiche al bicameralismo perfetto, e
molto altro ancora, sarebbero già in vigore. Insomma, i precedenti non sono a
favore di Renzi e il rischio della recidiva, intesa come nuovo disastro
politico-istituzionale, appare quanto mai concreto. Del resto non sono certo
casuali le difficoltà che il sindaco di Firenze sta già incontrando, a partire
da quelle esistenti nello stesso Pd. Dove in molti non hanno gradito l’uso
delle cesoie da parte del neo segretario che ha imposto ai parlamentari del suo
partito il ritiro di quasi tutti gli emendamenti al testo di riforma elettorale
concordato con Berlusconi e depositato in Commissione alla Camera. Un prologo
che di certo non lascia ben sperare per il passaggio in Aula alla Camera, dove
può accadere davvero di tutto.
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