DI MALE IN PEGGIO
di Giacomo Stucchi
Il no di Giorgio Napolitano ad elezioni anticipate può forse essere servito ad allungare la vita al governo Letta, ma al contempo ne certifica il suo fallimento. Se infatti l’elenco delle cose da fare, dalle riforme al rilancio dell’economia, rimane molto lungo è perché sino ad oggi l’esecutivo ha fatto poco o nulla. Tanto più che incertezze e ritardi dell’azione di governo continuano anche nel percorso parlamentare della legge di stabilità. Un provvedimento rispetto al quale lo Stato centralista e sprecone è tornato a farla da padrone, in sfregio non solo ai vincoli di Bruxelles ma soprattutto alle tante belle parole sulla spending review. Segnale evidente che certi vizietti da prima Repubblica sono davvero difficili da debellare. In questo quadro, già abbastanza preoccupante, le prime mosse di Matteo Renzi da segretario del Pd non sono certo servite a fare chiarezza. In primo luogo, perché aver messo la scadenza a Letta non trasforma di certo un esecutivo sino ad oggi inconcludente in un governo capace, anzi. In secondo luogo, perché il sindaco di Firenze dà l’impressione di avanzare talune proposte più per far cadere il governo che non per tenerlo in vita. Ma così facendo Renzi dimostra anche di non volere tenere in conto sino in fondo le diverse anime e sensibilità politiche che da sempre caratterizzano il suo stesso partito. Detto ciò, il punto è che se in otto mesi il governo delle larghe intese non è stato all’altezza della situazione, quando aveva cioè una maggioranza solida (almeno sul piano dei numeri), nulla lascia pensare che nell’attuale quadro politico, con un risicato scarto di sicurezza al Senato e con le "trappole" del segretario del Pd, possa fare di meglio per trovare le soluzioni ai tanti nodi che restano sul tappeto.
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