DALLE LARGHE INTESE ALLE LARGHE PRETESE
di Giacomo Stucchi
L’abolizione o rimodulazione dell’Imu sulla prima casa è di certo, ancor più della sospensione dell’aumento dell’aliquota dell’Iva, l’oggetto del contendere all’interno della compagine governativa. Al di là delle cifre che l’abolizione tout court della tassazione sulla prima abitazione comporterebbe la questione è ormai dirimente per le forze politiche, a maggior ragione per chi in campagna elettorale ha promesso di eliminarla, ma è diventata deleteria per i cittadini che un giorno sì e l’altro pure leggono sui giornali le notizie più disparate sulle tasse che graveranno sui loro immobili. La maggioranza dei proprietari di casa non è certo milionaria. In genere possiede l’abitazione in cui vive e, nel migliore dei casi, una seconda casa acquistata con anni di sacrifici e utilizzata per avere una piccola rendita aggiuntiva. Per costoro il quotidiano balletto di cifre e di ipotesi di riforme della tassazione sulla casa è un calvario e la prospettiva dell’eliminazione dell’Imu sulla prima casa una promessa avvelenata. La sensazione comune è che, qualsiasi soluzione venga adottata, il governo della larghe intese, ma forse sarebbe meglio dire della larghe pretese, ha comunque preso di mira il mattone ed è seriamente intenzionato a fare cassa con esso. La revisione del catasto annunciata, ancorché utile a eliminare certe incongruenze e ingiustizie, potrebbe nelle globalità dei casi comportare un aumento della tassazione sulla casa che secondo alcune stime accreditate si aggirerebbe intorno al 60 per cento. Cioè da un lato si promette al cittadino che sarà eliminata l’Imu sulla prima casa, anche se a scapito di alcune tipologie di abitazioni ancora tutte da definire e dall’altro lato però si porta avanti una riforma del catasto che comporterà un aumento della pressione fiscale per tutti. Per coloro che hanno avuto la malsana idea di investire in un secondo immobile, o che magari lo hanno solo ereditato, saranno poi dolori. Per costoro infatti, grazie al governo Letta, il destino sembra essere segnato: possedere una seconda casa sarà come averla espropriata.
L’abolizione o rimodulazione dell’Imu sulla prima casa è di certo, ancor più della sospensione dell’aumento dell’aliquota dell’Iva, l’oggetto del contendere all’interno della compagine governativa. Al di là delle cifre che l’abolizione tout court della tassazione sulla prima abitazione comporterebbe la questione è ormai dirimente per le forze politiche, a maggior ragione per chi in campagna elettorale ha promesso di eliminarla, ma è diventata deleteria per i cittadini che un giorno sì e l’altro pure leggono sui giornali le notizie più disparate sulle tasse che graveranno sui loro immobili. La maggioranza dei proprietari di casa non è certo milionaria. In genere possiede l’abitazione in cui vive e, nel migliore dei casi, una seconda casa acquistata con anni di sacrifici e utilizzata per avere una piccola rendita aggiuntiva. Per costoro il quotidiano balletto di cifre e di ipotesi di riforme della tassazione sulla casa è un calvario e la prospettiva dell’eliminazione dell’Imu sulla prima casa una promessa avvelenata. La sensazione comune è che, qualsiasi soluzione venga adottata, il governo della larghe intese, ma forse sarebbe meglio dire della larghe pretese, ha comunque preso di mira il mattone ed è seriamente intenzionato a fare cassa con esso. La revisione del catasto annunciata, ancorché utile a eliminare certe incongruenze e ingiustizie, potrebbe nelle globalità dei casi comportare un aumento della tassazione sulla casa che secondo alcune stime accreditate si aggirerebbe intorno al 60 per cento. Cioè da un lato si promette al cittadino che sarà eliminata l’Imu sulla prima casa, anche se a scapito di alcune tipologie di abitazioni ancora tutte da definire e dall’altro lato però si porta avanti una riforma del catasto che comporterà un aumento della pressione fiscale per tutti. Per coloro che hanno avuto la malsana idea di investire in un secondo immobile, o che magari lo hanno solo ereditato, saranno poi dolori. Per costoro infatti, grazie al governo Letta, il destino sembra essere segnato: possedere una seconda casa sarà come averla espropriata.
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