Giacomo Stucchi - Senatore Lega Nord Padania -

PENSIERI E IMMAGINI: vi presento il mio blog. Un modo per tenermi in contatto con gli elettori, con gli amici e con tutti coloro che, anche con opinioni diverse dalle mie, desiderano lasciare un loro commento. Grazie.

giovedì, ottobre 04, 2012

LE STRATEGIE DI BERSANI PER CONQUISTARE PALAZZO CHIGI

di Giacomo Stucchi

Se il buongiorno si vede dal mattino, allora ci chiediamo che credibilità possa avere il Pd, che si candida alla guida del Paese, se tutte le volte che si arriva vicino all'accordo sulla riforma delle legge elettorale si tira poi clamorosamente indietro! La verità è che Bersani e i dirigenti del Pd, che già si sentono con un piede a Palazzo Chigi, a parole dicono di non volere l'attuale sistema elettorale ma poi nelle stanze delle segreterie politiche già da tempo prendono in seria considerazione i vantaggi che potrebbero avere, in termini di seggi in Parlamento, se tutto restasse così com'è. Si spiega così questa lunga melina sulla riforma elettorale. Un attendismo, quello della nomenclatura del Pd, che del resto fa il paio con la proposta dell'assemblea di quel partito di cambiare in corso d'opera le regole che disciplinano le primarie nel centrosinistra. Il motivo è semplice e risiede nel fatto che, sempre secondo i sondaggi, se le regole delle primarie rimanessero quelle vigenti Renzi (che di certo non è vicino ai papabili del partito, già in pole position per uno scranno parlamentare) potrebbe davvero scalzare il segretario designato nella lotta alla conquista della candidatura a premier. Quindi meglio correre ai ripari introducendo, tra l'altro, il ballottaggio, un albo pubblico degli elettori con il doppio turno, limitato solo a chi ha votato al primo turno delle primarie, nonché l'appoggio di 90 delegati dell'assemblea e 17mila firme per potersi candidare. Insomma, non ci vuole molto a capire che si tratta di misure che, almeno sulla carta, potrebbero favorire il segretario Bersani e non certo lo sfidante Renzi, che molto difficilmente potrebbe peraltro contare sull'appoggio dei delegati dell'assemblea del Pd. Questo quadro dà l'idea, in primis, di quanto a cuore stia alla dirigenza del Pd il rispetto del principio democratico nei sistemi elettorali, nonostante che le precedenti primarie (per Prodi, Veltroni e lo stesso Bersani; e poi ancora, a livello locale, per Pisapia, Vendola e molti altri ancora) siano state sbandierate dal centrosinistra come massina espressione di democrazia all'interno dei partiti; ma poi rende chiaro ai cittadini in che situazione ci andremmo tutti a cacciare qualora la rinnovata e sgangherata 'macchina da guerra' di Bersani dovesse malauguratamente vincere le elezioni. Bersani e Vendola non hanno uno straccio di programma condiviso, se non quello di occupare la 'stanza dei bottoni', e un minuto dopo essersi insediati alla guida del Paese lo avrebbero già condotto nel baratro. Ecco perché la Lega, che negli ultimi mesi del tema delle alleanze ha fatto l'ultimo dei suoi problemi, va avanti per la sua strada di interlocuzione con le categorie sociali del Nord; mettendo in guardia però, tanto il Pd quanto le altre forze politiche, che sul tema della riforma elettorale non si farà fregare da nessuno.