Monti ha già rinunciato alla sovranità popolare
di Giacomo Stucchi
E' vero, la Germania ha tutto da guadagnare dal fatto
che gli spread, cioè il differenziale di rendimento tra i suoi Titoli di Stato e
quelli di altri Paesi le cui economie sono ritenute dagli investitori più a
rischio (come la Spagna o l'Italia), restino alti. Questo stato di cose infatti
porta a Berlino una gran quantità di denaro, praticamente a costo zero, che
mette i tedeschi in una posizione di straordinario vantaggio rispetto agli altri
partner europei. Ed ecco spiegato perché la Merkel, interpretando un legittimo
sentimento molto popolare dalla sue parti (quello cioè della difesa a tutti i
costi dell'interesse nazionale), negli ultimi mesi ha continuato a fare melina
con Monti e con tutti quanti cercavano di convincerla che l'intransigenza alla
lunga non avrebbe premiato nessuno. Un timore che evidentemente la cancelliera
non deve aver avvertito dal momento che, al di là delle belle parole e delle
dichiarazioni d'intenti, sino ad oggi ha fatto ben poco per cambiare regole e
condizioni dalle quali far dipendere il sostegno delle istituzioni comunitarie
(Bce in primis) agli Stati europei che più soffrono per essere essi stessi
nell'occhio del ciclone della speculazione finanziaria. Ma c'è di più. Se
infatti nel nostro Paese qualcuno pensa (o spera) che nel medio e nel lungo
periodo la Germania cambierà idea sui vincoli e sulle regole che tengono insieme
i Paesi dell'Eurozona, e le condizioni affinché gli Stati possano continuare a
restare nella moneta unica, se lo tolga dalla testa. E' difficile infatti, per
non dire impossibile, aspettarsi che un Paese contribuisca a modificare uno
status quo che, fino a questo momento, ha prodotto per sé grandi vantaggi. Del
resto, chi lo farebbe? E allora è inutile piangersi addosso o aprire nuovi
fronti polemici su chi ha guadagnato di più con la moneta unica, o su chi ha
messo più denaro per salvare Grecia, Spagna o Portogallo! La questione è molto
più complessa e bisogna che le forze politiche che appoggiano il governo Monti
l'affrontino una volta per tutte: davvero si crede che la strada adottata, di
nuove tasse e tagli alla spesa pubblica basati per lo più sulla cancellazione di
posti di lavoro, sia la ricetta giusta per rimanere nell'euro a condizioni che
non siamo un capestro per la nostra società ed economia? A riguardo noi nutriamo
forti dubbi e siamo molto preoccupati per il rischio concreto che il Paese corre
di finire nel baratro. Anche perché con l'approvazione, da parte della 'strana
maggioranza' che appoggia il Professore, di provvedimenti quali l'inserimento in
Costituzione dell'equilibrio di Bilancio, sul quale a nostro avviso si è poco
dibattuto sui giornali (forse perché impegnati su altre vicende!), anche nei
giorni di approvazione del provvedimento da parte del Parlamento, o il fiscal
compact, che in pratica si traduce in un trasferimento di sovranità in materia
di bilancio, di fatto abbiamo già consegnato le chiavi di casa nostra ai
burocrati e tecnocrati di Bruxelles che sono autorizzati ad usarle senza neppure
dare il preavviso. La nostra ricetta era, e resta, "meno Europa, meno
centralismo romano, ma più Padania e più sovranità regionali."
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