ECONOMIA AL COLLASSO, MONTI FACCIA MEA CULPA
di Giacomo Stucchi
E' davvero singolare sostenere, come continua a fare
il premier Monti, che dai partiti rappresentati in Parlamento, e da cosa essi
facciano o meno in questo scorcio di legislatura, dipenda l'andamento dello spread! Già, perché a tale affermazione, che non risponde al vero ma soltanto a
logiche pretestuose di tattica politica, ne equivale di fatto un'altra proferita
dai soliti soloni del centrosinistra che nel novembre dello scorso anno
ipotizzavano che alla caduta del governo Berlusconi sarebbe corrisposto un calo
dello spread addirittura di 200 punti! Una previsione che, come si sa, si è
rivelata del tutto sbagliata. Così come è fuorviante per l'opinione pubblica il
continuo pressing sul Parlamento, da ultimo riferito all'approvazione del
provvedimento sulla Spending review, arrivato in Aula alla Camera dopo il veloce
esame (appena un giorno!) delle commissioni di merito e consultive, come se dal
lavoro di deputati e senatori possano dipendere del tutto le decisioni degli
operatori sui mercati finanziari internazionali. Semmai ci sarebbe da
prendersela con quelle forze politiche che prima hanno dato vita alla 'strana
maggioranza' e poi, constatando il fallimento del governo dei Professori, hanno
cominciato a prenderne le distanze. Insomma, il messaggio che si intende far
passare, e cioè che se il differenziale tra i Titoli tedeschi e quelli del
nostro Paese non diminuisce (o non diminuisce significativamente) questo dipende
dalla presunta incapacità del Parlamento di assolvere al suo dovere, è una
semplice mistificazione. La verità è che Monti, anziché fare mea culpa per i
provvedimenti recessivi adottati dal suo governo e uscire di scena con dignità,
scarica al Parlamento le inquietudini dei mercati finanziari internazionali. I
quali, sempre secondo Monti, è anche possibile che tardino a capire gli effetti
economici di certe manovre governative dei Professori ma, anche se fosse così,
di certo non sarebbero i soli. Perché anche il nostro sistema economico non
sembra per niente agevolato né dalla riforma delle pensioni, né da quella sul
lavoro, anzi! Basta guardare i dati forniti dall'Inps, secondo i quali le ore di
cig autorizzate a luglio sono state 115,7 milioni, in aumento del 21,3% rispetto
a giugno (quando sono state 95,4 milioni di ore) e del 44,2% rispetto a luglio
dello scorso anno (80,3 milioni di ore), per capire come stanno davvero le cose.
Ancora peggio poi se si guarda ai consumi: ai minimi storici dal dopoguerra,
secondo la previsione di Confcommercio, relativa ai consumi pro capite del 2012.
La previsione di un calo del 2,7% dei consumi per quest'anno è stata rivista al
ribasso, arrivando a -2,8%, con un ulteriore abbassamento dello 0,8% previsto
per il prossimo anno.
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