UE, IL GOVERNO RENZI SI RIMANGIA L'IMPEGNO A CAMBIARLA
di Giacomo Stucchi
Il governo Renzi non ha avanzato ai partner europei la richiesta di
scorporare gli investimenti dal calcolo del deficit, ma “ha posto il problema di
mettere sul campo tutti gli strumenti di cui l'Europa già dispone per accelerare
la crescita e la creazione di posti di lavoro”. Lo ha detto il ministro
dell'Economia, Pier Carlo Padoan, a margine della riunione dell'Eurogruppo a
Lussemburgo. Tradotto dal burocratese al linguaggio comune significa che la
promessa fatta dal premier di adoperarsi per cambiare l’agenda europea con
maggiore flessibilità di bilancio, anche attraverso lo scorporo degli
investimenti dal calcolo del deficit, rimarrà nel libro dei sogni. Del resto,
già all’indomani del voto per le Europee, non c’è stato il benché minimo segnale
che il presidente del Consiglio si muovesse per contrastare le assurde politiche
del rigore che stanno stritolando le economie di alcuni Stati membri; e a
giudicare dalle ultime mosse l’impressione è che Renzi più che a cambiare le
regole stia invece pensando al valzer delle nomine comunitarie. E pazienza se
questo comporta strizzare l’occhio a Berlino e dimenticare le promesse fatte ai
cittadini! Tutto il contrario, insomma, di ciò che intende fare la Lega Nord a
Bruxelles, ponendo in primo piano le politiche sul lavoro e sulla crescita,
impedendo alla moneta unica di continuare a impoverire i cittadini e mettendo
un argine alla burocrazia e alle decisioni dell’Ue che non rappresentano le
specificità degli Stati membri. Dal commercio alla piccola e media industria,
dal turismo all’agricoltura, abbiamo delle specificità da difendere; e invece
sino ad oggi l’Ue le ha soltanto mortificate imponendo regole assurde, dettate
per lo più da grandi gruppi di interesse. Più in generale, bisogna lavorare
affinché a Bruxelles la volontà dei popoli possa finalmente essere
rappresentata e le istanze degli Stati non essere più considerate dei problemi
da scansare ma questioni da risolvere.
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