LARGHE O PICCOLE INTESE, A CRESCERE SARANNO SEMPRE LE TASSE
di Giacomo Stucchi
Al di là dei destini personali o delle sorti dei singoli partiti la scissione del Pdl in due tronconi, Forza Italia e Ncd, porterà qualcosa di buono a famiglie, imprese e lavoratori? Sul piano squisitamente governativo il ticket Letta-Alfano garantisce che il governo è più coeso oggi di quanto non lo fosse prima, ma sul piano dei provvedimenti abbiamo forti dubbi che questo si traduca in un vantaggio per il Paese. Il fatto è che se il Pdl, con tutta la forza dei numeri parlamentari dei quali ha potuto disporre, in sei mesi di larghe intese ha inciso poco o nulla sulle misure adottate dal governo, a maggior ragione niente lascia pensare che un terzo di quella forza possa oggi influenzare davvero le scelte di Palazzo Chigi. La verità è che questo governo continua sulla strada dell’attendismo e segue un orizzonte più temporale, arrivare cioè più avanti possibile nella legislatura, che non operativo. Un governo che avesse avuto in cima ai suoi pensieri le misure da adottare per uscire dalla crisi economica non avrebbe tergiversato sulla riduzione della pressione fiscale ma anche sulla razionalizzazione della spesa pubblica. Su questo fronte arriva adesso l’ennesimo Commissario che farà pervenire nuove analisi e programmi di spendig review che, però, cittadini e aziende allo stremo non sono più nelle condizioni di aspettare. Al momento, inoltre, niente lascia pensare che la legge di stabilità possa costituire un’inversione di rotta rispetto alle politiche consolidate dai governi degli ultimi due anni che consistono in un sostanziale inasprimento della pressione fiscale. Qualcuno poi vorrebbe farci credere che la manovra è stata attaccata dall’Ue che non terrebbe conto di importanti provvedimenti annunciati dal Governo rivolti alla crescita, ma si tratta di una faraonica menzogna perché a crescere saranno solo i sacrifici ai quali i cittadini saranno chiamati. Un epilogo, quest’ultimo, già messo nel conto da parte del governo che difatti con la cosiddetta clausola di salvaguardia ha già previsto tasse da 2 miliardi subito e di 20 miliardi se nel prossimo triennio la benedetta spending review non sortirà gli effetti sperati.
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