CON LA "STABILITA'" DI LETTA NESSUN VANTAGGIO PER I CITTADINI
di Giacomo Stucchi
Nonostante le comprovate doti di equilibrismo politico del premier Letta il crinale sul quale egli si trova appare sempre più stretto e complicato. I suoi problemi hanno un nome e un cognome. In primis quelli del suo compagno di partito Matteo Renzi, che sta per scalare il Pd ma a modo suo. Sempre più avulso dalla nomenclatura del suo partito e molto più incline, invece, alle telecamere dinanzi alle quali non lesina battute al vetriolo nei confronti della grande coalizione e non perde occasione per sparare bordate al governo. Impossibile ritenere che questa strategia comunicativa sia lasciata al caso o agli umori di giornata e viene anche da pensare che se è mai esistito, come raccontano le cronache politiche, un patto di non belligeranza tra il presidente del Consiglio e il sindaco di Firenze è improbabile immaginare che porti lontano. Altra spina nel fianco di Letta rimane però il Pdl, o meglio le convulsioni che lo affliggono. La resa dei conti all’interno di quel partito è appena all’inizio e più passano i giorni, e gli adempimenti legislativi ai quali obtorto collo tutto il Pdl deve dare il suo sostegno parlamentare, e più aumentano la confusione e le contraddizioni. Non è un caso se Letta si è premurato di sottolineare che la legge di stabilità necessita di un orizzonte temporale abbastanza lungo, almeno tre anni, per dispiegare i suoi “benefici effetti”. Un messaggio ai naviganti, politicamente a lui vicini o lontani, per dire che lui a mollare non ci pensa nemmeno e che anzi proietta già molto avanti nel tempo l’azione del suo governo. La qual cosa non è certo una buona notizia per famiglie e imprese che, stremate dalla crisi, sperano sempre che qualcosa di buono possa arrivare ma, onestamente, con le politiche vessatorie e centraliste di questo governo non c’è da aspettarsi nessun aiuto concreto. Vedremo nel dettaglio ogni singolo provvedimento contenuto nella legge di stabilità ma sino ad oggi a parlare sono i fatti e questi dicono che l’esecutivo in carica è deficitario su più fronti.
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