CERTIFICATO FALLIMENTARE PER IL GOVERNO LETTA
di Giacomo Stucchi
I dati sullo stato di salute della nostra economia la dicono lunga sull’incertezza che la caratterizza. Confindustria si dice convinta che il fondo è stato toccato ma anche in questa visione ottimistica prevede che a fine 2013 la crisi economica degli ultimi cinque anni lascerà sul campo 1,8 milioni di disoccupati. L’Istat, invece, certifica che nei primi sette mesi dell'anno in corso la produzione industriale è scesa del 4,3% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. E’ possibile ritenere che gli effetti di questo disastro, al quale hanno dato un grosso contributo prima le politiche recessive del governo Monti e poi quelle dilatorie frutto delle larghe intese, siano già stati scontati dal nostro sistema economico? In altre parole, abbiamo passato il peggio o questo deve ancora venire? Si tratta di domande fondamentali, dalle cui risposte dipendono i destini di tutti noi. La stessa Bce, del resto, fa sentire la sua voce e sottolinea i rischi crescenti per il conseguimento dell'obiettivo di disavanzo al 2,9% del Pil per il 2013. Al rimborso dei debiti della Pubblica Amministrazione, segnalano gli economisti di Francoforte, si sommano anche le misure per compensare l'abolizione dell'Imu e il rinvio dell'aumento Iva. Ma c’è dell’altro. Basti pensare, infatti, agli effetti del continuo ricorso agli ammortizzatori sociali, che il governo deve finanziare, o ai tassi di interesse che i mercati ci obbligano a sostenere per finanziare il nostro debito pubblico, che potrebbero tradursi già entro la fine dell’anno in una manovra di aggiustamento dei conti pubblici. Tradotto in soldoni, e conclamata la mancanza di volontà anche dell'attuale governo di aggredire seriamente la spesa pubblica, significa nuove tasse. Sappiamo perfettamente che solo l’idea di un ulteriore inasprimento della pressione fiscale appare del tutto impossibile agli occhi dei cittadini che pagano le tasse e che sono già allo stremo. Ma al peggio non c’è fine se si pensa che il governo Letta anziché fare chiarezza, soprattutto in materia di imposizione fiscale locale, ha invece generato un caos dal quale adesso è davvero difficile venirne fuori.
I dati sullo stato di salute della nostra economia la dicono lunga sull’incertezza che la caratterizza. Confindustria si dice convinta che il fondo è stato toccato ma anche in questa visione ottimistica prevede che a fine 2013 la crisi economica degli ultimi cinque anni lascerà sul campo 1,8 milioni di disoccupati. L’Istat, invece, certifica che nei primi sette mesi dell'anno in corso la produzione industriale è scesa del 4,3% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. E’ possibile ritenere che gli effetti di questo disastro, al quale hanno dato un grosso contributo prima le politiche recessive del governo Monti e poi quelle dilatorie frutto delle larghe intese, siano già stati scontati dal nostro sistema economico? In altre parole, abbiamo passato il peggio o questo deve ancora venire? Si tratta di domande fondamentali, dalle cui risposte dipendono i destini di tutti noi. La stessa Bce, del resto, fa sentire la sua voce e sottolinea i rischi crescenti per il conseguimento dell'obiettivo di disavanzo al 2,9% del Pil per il 2013. Al rimborso dei debiti della Pubblica Amministrazione, segnalano gli economisti di Francoforte, si sommano anche le misure per compensare l'abolizione dell'Imu e il rinvio dell'aumento Iva. Ma c’è dell’altro. Basti pensare, infatti, agli effetti del continuo ricorso agli ammortizzatori sociali, che il governo deve finanziare, o ai tassi di interesse che i mercati ci obbligano a sostenere per finanziare il nostro debito pubblico, che potrebbero tradursi già entro la fine dell’anno in una manovra di aggiustamento dei conti pubblici. Tradotto in soldoni, e conclamata la mancanza di volontà anche dell'attuale governo di aggredire seriamente la spesa pubblica, significa nuove tasse. Sappiamo perfettamente che solo l’idea di un ulteriore inasprimento della pressione fiscale appare del tutto impossibile agli occhi dei cittadini che pagano le tasse e che sono già allo stremo. Ma al peggio non c’è fine se si pensa che il governo Letta anziché fare chiarezza, soprattutto in materia di imposizione fiscale locale, ha invece generato un caos dal quale adesso è davvero difficile venirne fuori.
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