Giacomo Stucchi - Senatore Lega Nord Padania -

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martedì, maggio 18, 2010

PER NON DIMENTICARE IL SACRIFICIO DEI NOSTRI SOLDATI

di Giacomo Stucchi


Il sacrifico del Sergente Massimiliano Ramadù e del Caporal Maggiore Luigi Pascazio non è stato vano, e si aggiunge a quello degli altri soldati italiani vittime di attentati nei pericolosi teatri di missione di pace all’estero. E’ questa la verità. Tutti dobbiamo stringerci alle famiglie dei soldati rimasti uccisi per difendere la sicurezza del nostro Paese e di quella parte del mondo che non vuole rassegnarsi all’idea di vivere nel terrore. Uguale solidarietà va inoltre ai feriti nell’attentato 1° Caporal Maggiore Gianfranco Scirè e il Caporale Cristina Buonacucina. Come ha detto in Parlamento il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, “non c'è una strategia mirata contro gli italiani in Afghanistan” dal momento che, purtroppo, i morti continuano a contarsi ogni giorno, mettendo a repentaglio la sicurezza di tutto il contingente internazionale che lavora per la stabilizzazione di quel tormentato Paese. Certo, dinanzi alla tragedia della morte dei nostri soldati, la prima reazione potrebbe essere quella di dire molliamo tutto e andiamo via, sarebbe umano oltre che comprensibile. Ma poi si riflette alla genesi di tutto questo, l’origine dei fatti che hanno portato alla nostra presenza in quella regione, cosi come in Iraq e in altre zone calde del pianeta. La difesa della civiltà occidentale dall’attacco sferrato dal fanatismo islamico, che si traduce in morte e distruzione, è la ragione per la quale i nostri soldati si trovano laggiù. La storia insegna che il terrorismo non ha mai portato alla vittoria della causa, in nome della quale è stato utilizzato. E’ sempre stato così e continuerà ad esserlo anche in futuro. La classe politica di casa nostra, in specie le opposizioni, non possono però dividersi dinanzi al raggiungimento dell’obiettivo finale: ridare sicurezza al mondo civile e democratico. L’avvento alla Casa Bianca di Barack Obama era atteso dal mondo intero per capire, tra l’altro, quale strategia nella campagna militare in Afghanistan il nuovo presidente avrebbe portato avanti. La questione è troppo complessa per essere liquidata in poche righe, ma il punto fondamentale è che la politica del governo italiano, con la conferma della presenza dei nostri ragazzi in quella regione, è il frutto di una scelta condivisa con le maggiori democrazie del mondo, che hanno deciso di restare per pacificare un Paese che altrimenti sarebbe precipitato verso il baratro. Tutte le scelte, anche quella di difendere la pace e la democrazia nel mondo, hanno un prezzo da pagare. Con questa consapevolezza ogni giorno il nostro esercito scende per strada nelle città afghane per garantire la pace e la sicurezza. Sarebbe davvero incomprensibile il solo pensare che assolva il proprio dovere senza avere alle spalle la solidarietà dei cittadini e di tutta la classe politica, senza alcuna distinzione.