Giacomo Stucchi - Senatore Lega Nord Padania -

PENSIERI E IMMAGINI: vi presento il mio blog. Un modo per tenermi in contatto con gli elettori, con gli amici e con tutti coloro che, anche con opinioni diverse dalle mie, desiderano lasciare un loro commento. Grazie.

martedì, maggio 05, 2009

LE RAGIONI DELLA DEMOCRAZIA

di Giacomo Stucchi

Che strano Paese è il nostro, dove qualche volta si fanno le leggi non per venire incontro alle esigenze dei cittadini ma per andare contro qualcuno. E’ il caso di quella che verrebbe fuori dal referendum, qualora dovessero vincere i sì il prossimo 21 giugno. Ma c’è di più. La legge elettorale è oggi al centro del dibattito politico non perché sia ritenuta un argomento prioritario da milioni di cittadini, che rivolgono la loro attenzione a ben altre questioni, ma solo perché dei quesiti referendari, firmati da 850 mila elettori, quasi ce lo impongono. Massimo rispetto per i cittadini firmatari ma, per ironia della sorte, mentre si fa un gran parlare (sempre in senso negativo) dell’attuale legge elettorale, manco fosse all’origine di tutti i mali del mondo, in realtà è proprio questa che sta garantendo la stabilità politica ed istituzionale di cui il Paese ha un disperato bisogno. Dalla crisi finanziaria mondiale al terremoto in Abruzzo, provate a immaginare cosa sarebbe potuto accadere se a governare, e quindi ad affrontare le suddette emergenze, ci fosse stata una coalizione eterogenea e variegata, come quelle che a centinaia hanno caratterizzato la storia della cosiddetta prima repubblica e che erano il frutto dei vecchi sistemi elettorali. Adesso ne abbiamo uno che funziona, e con alcune correzioni magari potrebbe funzionare meglio, ma invece tutti a chiederci a quale modello ispirarci. Nessun esponente di partito invece, a parte quelli della Lega Nord, che senza retorica sia disposto a riconoscere che siamo arrivati al sistema vigente con grande fatica. Con il risultato, che oggi è sotto gli occhi di tutti, di un sistema politico molto semplificato rispetto al passato, con un ridotto numero di partiti presenti in Parlamento e con due coalizioni principali che si contendono il consenso degli elettori. Dalle mie parti questa si chiama democrazia. Per qualcuno, invece, no. Per i referendari, infatti, sarebbe meglio un sistema bipartitico dove al partito che prende anche un solo voto più degli altri gli viene attribuita la maggioranza assoluta dei seggi in Parlamento. Che democrazia è mai questa? Quale rappresentatività avrebbe un siffatto sistema, che non tenga conto del consenso di milioni di voti, e non di qualche decina di migliaia, escludendo dal Parlamento partiti fortemente radicati in molte parti del territorio? Sono domande alle quali i promotori referendari non rispondono. La circostanza del resto ci stupisce sino ad un certo punto, se è vero come è vero che il nostro è un Paese dove la maggior parte dei giornali nazionali prestano più attenzione all’annunciato divorzio del premier, che non alle implicazioni antidemocratiche di un sistema di voto che riconoscerebbe una rappresentanza parlamentare solo a due partiti! Un sistema elettorale che, peraltro, sarebbe il risultato di un referendum e non di una legge approvata in Parlamento, e cioè dall’unico organo sovrano rappresentativo di tutti i cittadini. Il fatto è che sino a quando ci saranno dirigenti politici, come il segretario dell’Udc Casini, pronti a dichiarare di “essere per le alleanze variabili”, e capi dell’opposizione, come Franceschini, che ogni giorno di più dimostrano di avere una straordinaria miopia politica, allora abbiamo davvero di cosa preoccuparci.